The Visit

Due bambini che non hanno mai incontrato i nonni si trovano a passare una settimana con i simpatici anziani, in una villetta in mezzo al nulla. La trama perfetta per un horror a basso budget (The Visit) può rivelare diverse trappole, ma, quando la storia è messa nelle mani del produttore Jason Blum e del regista e sceneggiatore M. Night Shyamalan il gioco cambia.

 

Famoso per aver portato avanti con successo alcuni degli ultimi franchise horror di grande successo come Paranormal Activity e Insidiuos, Blum si affida alle esperte mani di Shyamalan che, dopo qualche passo falso e l’ostracismo di Hollywood che dura (ingiustamente) da diversi anni, si rimette in gioco scegliendo il linguaggio del mocumentario, il finto documentario, che gli permette di mantenere bassi i costi e altissimo il ventaglio di scelte registiche che possono costruire al meglio una storia di suspance e di mistero.

The Visit però è anche molto altro. Scritta dal regista stesso, la storia contiene tutti i cardini della poetica shyamalaniana, dall’incomunicabilità, all’orrore, alla costruzione delle scene che tengono il fiato sospeso, fino al long shot, il piano sequenza, sfruttando in questo caso la velleità registica della protagonista Becca (Olivia DeJonge). La scrittura dei personaggi è estremamente convenzionale nei ruoli dei due strambi anziani, interpretati dai bravissimi Peter McRobbie e Deanna Dunagan, e invece stratificata e briosa nella resa dei due ragazzi, soprattutto per quanto riguarda il personaggio di Tyler (Ed Oxenbould), divertente, sfrontato e fuori luogo.

The Visit

The VisitNonostante l’orrore sia piuttosto contenuto, il film riesce a mescolare molto bene i generi rivelandosi un divertissimo senza pretese, che però non rinuncia a farsi portavoce della profondità, talvolta anche del buonismo, che Shyamalan inserisce in ogni suo personaggio e che forse gli è costato un po’ troppo caro nelle ultime sue uscite cinematografiche.

Musicalmente e registicamente molto personale, The Visit è la testimonianza che l’estro artistico e il tocco personale di un autore, per quanto penalizzato dalla sua storia recente, è sempre presente anche se assopito e aspetta solo il momento giusto (o forse la storia) per tornare a brillare.

The Visit senza dubbio non è il miglior Shyamalan, ma ci conferma che il regista di Philadelphia è tornato in forma e che sta ritrovando la strada verso quel cinema personale e allo stesso tempo commerciale che ha fatto innamorare di lui il mondo del cinefili.

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