Travolti dalla cicogna: recensione del film di Remi Bezancon

Travolti dalla cicogna

Si potrebbe iniziare con qualche considerazione sulla scelta del titolo italiano Travolti dalla cicogna che, come di consuetudine, si diverte a distorcere il significato di un film, ingannando le aspettative su genere e contenuto, a causa di qualche strana e incomprensibile licenza più di mercato che di poesia.

 

Travolti dalla cicogna, diretto dal regista francese Remi Bezancon, non è affatto una commedia romantica e leggera sulla vita di coppia scombussolata dalla gravidanza, come la nostra traduzione lascia intendere. E’ piuttosto il dramma solitario di una giovane donna alle prese con i repentini e a tratti insostenibili cambiamenti che, inevitabilmente, il diventare madre comporta.

Travolti dalla cicogna, il film

E, a giudicare da recenti precedenti come La guerra è dichiarata (Valerie Donzelli) o, dal prossimo ad uscire Cosa aspettarsi quando si aspetta (Kirk Jones, 2012,) il tema della maternità sembra quasi diventato un’urgenza cinematografica degli ultimi tempi, più che una semplice coincidenza. Per quanto non sia questa la sede per avanzare possibili motivazioni, si può però sottolineare lo sguardo sempre più attento e problematico riservato alla dimensione femminile dell’evento; e non soltanto alle sue connotazioni biologiche, naturali.

Nella fattispecie Bezancon, dopo aver raccontato l’inizio idilliaco della relazione amorosa tra Barbara e Nico (Louise Bourgoin e Pio Marmaï), travolti dalla passione al punto da decidere per una prematura gravidanza, restringe l’obiettivo sul personaggio di lei, e sul suo progressivo straniamento dall’ambiente circostante, compagno in primis. Uno stato fisico ed emotivo che, sospeso in una bolla di sapone, non ammette interferenze dall’esterno: pena la rottura. Perché nessun aiuto o comprensione basta ad accelerare un passaggio lento e complicato, quello che conduce all’essere madre, prima che donna, e che da sola Barbara deve accettare e gestire.

La scelta di questa prospettiva cerca supporto in uno stile eccentrico e anticonvenzionale che, sulla scia de Il favoloso mondo di Amelie (Jean-Pierre Jeunet, 2001), accorda alla protagonista la costruzione del racconto e della sua interiorità. Purtroppo però strada facendo vengono meno gli appigli creativi; e lo slancio poetico iniziale scade presto in soluzioni artificiose e ridondanti, che appesantiscono la narrazione.

Travolti dalla cicogna è un  prodotto potenzialmente audace che tradisce se stesso in divenire, caricando la forma per timore che l’anima non basti.

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