Tre sorelle – la recensione del ritorno alla regia di Enrico Vanzina

Nome storico della commedia all'italiana, lo sceneggiatore continua a parlare a un pubblico molto specifico.

tre sorelle recensione

A lungo restio a dedicarsi alla regia dei tanti film realizzati insieme al fratello, dopo la scomparsa di Carlo anche Enrico Vanzina sembra aver cambiato idea in merito. E dopo aver rotto gli indugi con il tanto criticato esordio di Lockdown all’italiana (2020), regala il bis con il Tre sorelle destinato alla distribuzione in streaming, su Prime Video, dal 27 gennaio.

 

Un film nel quale l’esperto cineasta conferma pregi e difetti del suo cinema, passato e presente, con il merito di scegliere la destinazione televisiva per un prodotto che apparirebbe ancor più inadatto sul grande schermo. Un prodotto che lo stesso regista definisce “vero” e “sincero”, ammettendo di averlo realizzato operando “scelte semplici” proprio per favorire il “ritmo” a discapito della regia.

Un Vanzina tutto al femminile

Una nuova “prima volta” per lui, alle prese con un film “tutto al femminile”, al quale però non si può concedere più di tanto la benevolenza spesso riservata ai novizi. In primis per il curriculum vantato, ma soprattutto per la mancanza della verità tanto proclamata e di quella universalità che da sempre caratterizza le migliori commedie. Come in molte altre produzioni italiane, il mondo raccontato è molto specifico, e limitato a quella ‘Roma Nord’ entrata ormai anche nell’immaginario di chi abita fuori dal G.R.A. come sinonimo di terra di borghesi benestanti e maleducati.

In questo contesto si muovono Serena Autieri, Giulia Bevilacqua e Chiara Francini, tre sorellastre accomunate da uno stesso padre e riunite in un “villone esagerato” al Circeo per raccontarsi pene, condividere speranze e vivere siparietti che non han molto del “ironico, tagliente e romantico” promesso. Anzi la fuga di Marina, tradita dal marito con un uomo, Sabrina, lasciata dopo l’ennesimo tradimento (“la do gratis, sono come una Onlus”), e Caterina, attrice richiestissima da tutto il gotha del cinema italiano, mette insieme una troppo lunga sequela di luoghi comuni.

Da Checov e Tolstoj alle macchiette laziali

Vanzina parla di “sofisticati ritratti femminili”, ma anche la “forza” delle donne protagoniste sembra solo un espediente promozionale, visti gli stereotipi con i quali si gioca. E al netto di una innegabile autoironia – ammesso che fosse effettivamente quella l’intenzione del regista – lo sviluppo della vicenda procede su binari abbondantemente consunti e percorsi. Come anche la caratterizzazione dei personaggi, maschere e macchiette dagli accenti gravi, e grevi.

L’elemento su cui Vanzina gioca di più è forse la totale assenza della fatidica quarta parete, quasi a trascinare il pubblico a un maggior coinvolgimento chiamandolo continuamente in causa. In questo Inferno siamo infatti accompagnati sin dalle prime scene da una voce off, quasi più un promoter turistico – viste anche le splendide riprese aeree della Capitale e del litorale – che un narratore, e da una serie di figure di contorno, che abbandonato il loro ruolo sulla scena si trasformano in una sorta di coro greco.

Tre sorelle film 2021Tre Sorelle: ce n’è per tutti, poco

Tanto citata, l’unica “scorrettezza” che si ravvisa è quella scontatissima del solito maschio traditore ed egoriferito, qui lo scrittore di successo Fabio Troiano, più pratico di ospitate a Pomeriggio 5 che di congiuntivi. A meno che non si volesse ascriversi anche meriti di satira politica per la citazione di una “Sindaca” inadempiente o ‘sociale’ per la critica a una popolazione che legge poco (non la Autieri, intenta a leggere il suo Una famiglia italiana).

Un colpo al cerchio e uno alla botte. Tra borghesi illuminati, ma non radical chic, in fondo molto chiari nel tenere le distanze dal mondo che stipendiano, quello dei lavoratori, visti come la parte migliore di questa Italia, o almeno di Tre sorelle, e donne furbe, disilluse, un po’ matte, rompipalle, maniache del controllo e della perfezione. Ma sul banco degli imputati non va né la cultura maschilista né quella femminista, visto che sono gli stereotipi prodotti da entrambe a costituire il muro più alto da superare. Per i diretti interessati, e per Vanzina, deciso a continuare “a lavorare sull’umorismo delle donne”. La speranza, da spettatori, è che cerchi di raccontarle davvero, dal vero, perché se questo Tre sorelle per lui “ha rappresentato una grande sfida”, possiamo dire che l’ha persa.

- Pubblicità -