Mike
Leigh torna alla regia dopo Another
Year con un biopic sulla vita di J. M. W.
Turner, il pittore inglese che seppe
catturare l’essenza del Romanticismo e trasferire nelle sue tele il
fascino sublime della natura. Precursore dell’impressionismo,
esplorò e infranse i limiti della figurazione. Leigh dirige gli
attori che lo hanno spesso accompagnato e che regalano al film
ottime caratterizzazioni: da Marion Bailey a
Lesley Manville, a Ruth Sheen. Su
tutti, un eccellente Timothy Spall nel ruolo
principale. Nella vita di Turner poche figure: l’anziano e amato
padre (Paul Jesson), la fedele governante, la
vedova che diverrà la sua seconda compagna
(Marion Bailey), restandogli
accanto fino alla fine. Leigh svela il Turner maturo: burbero,
rude, animalesco, spesso pessimo nei rapporti umani, i cui mugugni
e brontolii lo caratterizzano più delle parole.
A dar vita al personaggio, il forte
e quanto mai efficace contrasto tra la sua figura rozza, aspra, non
curata, e la genialità della sua arte, che rivela al di sotto di
una spessa scorza, un’insospettabile sensibilità. D’altro canto,
Leigh non è regista che ami la “mitizzazione” e questo film è
tipicamente suo – oltre che per la ferma conduzione, la cura di
ogni dettaglio che porta l’intera opera al suo fine – nel parlarci,
ancora una volta,
dell’uomo comune coi suoi vizi e miserie, che qui coesiste col
grande artista.
Inoltre, non può che trattarsi di un film sull’essenza dell’arte: mix di estroso genio e abilità artigiana – quella che il pittore aveva appreso dal padre barbiere. L’opera è fatica fisica, materia portata con forza ad esprimere significati profondi, primo fra tutti, l’unità inscindibile natura-divinità. Essa è figlia di uno spirito pratico, lontano anni luce dall’approccio “accademico”. Ciò è reso attraverso una fotografia che fa della natura l’altra grande protagonista della pellicola, sia nella luminosità dei dipinti – Turner era definito “il pittore della luce”- che nella magnificenza grandiosa dei paesaggi da cui questi traggono origine. Immagini di grande suggestione che rendono ancor più chiara la trasfigurazione attuata dal pittore inglese, spingendosi ai confini dell’astratto.
Storia individuale
e contesto sono poi abilmente fusi: nel delineare Turner come un
eccentrico anticonformista, poco amato dall’establishment
britannico, membro sui generis della Royal Academy, il regista può
esercitare la sua sempre pungente ironia su certa Inghilterra
bigotta e conservatrice, che mal sopportava e poco comprendeva
quella personalità fuori dagli schemi. Un anticipatore, un uomo
curioso del futuro, attraverso i cui occhi vediamo la nuova
Inghilterra industriale prendere forma.
Pellicola saldamente imperniata sulla potenza delle immagini e sull’interpretazione di Spall, meritata Palma d’Oro, è un lavoro meticoloso, che ha bisogno dei suoi tempi, ma non delude le aspettative.