Tutti i santi giorni: recensione del film di Paolo Virzì

Tutti i santi giorni

A due anni dallo straordinario successo de La prima cosa bella, Paolo Virzì torna a mettere la sua firma su una brillante commedia, Tutti i santi giorni. Dopo essersi occupato dei giovani e del precariato in Tutta la vita davanti, di loro e del difficile e irrisolto rapporto coi genitori proprio nel citato La prima cosa bella, ora ci mostra le difficoltà che una giovane coppia oggi può incontrare nel momento in cui decide di mettere al mondo un figlio.

 

Tutti i santi giorni, la trama

In Tutti i santi giorni Guido e Antonia stanno insieme da sei anni, sono innamoratissimi e molto diversi tra loro: lei eccentrica, estroversa, recalcitrante alle regole e ai limiti di una vita “inquadrata”, con scarsa cultura, vorrebbe sfondare come cantante e intanto lavora in un autonoleggio. Lui invece è molto colto, bibliofilo, amante della letteratura latina e dei martiri proto cristiani, fa il portiere di notte in un hotel. È timido, insicuro, a tratti ingenuo. Per coronare il loro amore, decidono di provare ad avere un bambino – è soprattutto Antonia a volerlo e Guido accetta di buon grado l’idea. Purtroppo la cosa non è così semplice.

Paolo Virzì, tra i più validi interpreti della commedia italiana, conferma qui le sue doti. I pregi del film sono infatti il suo tono brillante, i dialoghi vivaci, la capacità di coniugare un tono leggero con argomenti di peso, di divertire e far pensare al tempo stesso. I difetti forse una parentesi onirica che poteva essere evitata, e una certa prevedibilità per quel che riguarda una parte dell’epilogo della vicenda, che appartiene al repertorio romantico più classico. Ciò non pregiudica comunque l’esito del lavoro, che può essere apprezzato anche da “palati” molto diversi tra loro.

Tutti i santi giorni, il film

Tutti i santi giorni

Si tratta di una commedia romantica, dal momento che al centro è senza dubbio il grande amore che tiene uniti i due protagonisti, ma non è affatto stucchevole, o banale. Anzi, il regista resta fedele alla sua linea: un salutare bagno nel realismo dei luoghi e delle situazioni e una vena quasi sempre dissacratoria nei confronti della morale comune, dello stereotipo. Come le migliori commedie, Tutti i santi giorni ha poi il pregio di saper mettere a fuoco, cogliere l’essenza di alcuni tipi umani significativi della nostra società e dei loro atteggiamenti. Non solo i protagonisti, su cui la lente del regista si sofferma maggiormente, ma anche i comprimari, a partire dalle rispettive famiglie di Guido e Antonia, dal ginecologo cattolico e attempato alla ginecologa progressista, al musicista calabrese Jimmy, velleitario e squattrinato. Pure la coppia di vicini, i classici romani coatti che spesso abbiamo visto al cinema, sono osservati attentamente, non solo nel loro aspetto simpatico e “folkloristico”.

Sullo sfondo, la vivida descrizione della realtà attuale, col poco che offre: un lavoro, poco stabile, le estenuanti traversate della città per arrivarci, i turni, gli orari difficili da conciliare, due stipendi che bastano appena ad affittare una piccola casa nell’hinterland romano. Un quadro non certo edificante, nel quale riuscire ad amarsi e pensare a un figlio, pare, per certi versi, un atto eroico. Sarà per questo, oltre che per l’efficace interpretazione dei due protagonisti, Luca Marinelli/Guido e Federica Victoria Caiozzo/Antonia, che non si riesce a fare a meno di essere dalla loro parte, conquistano con le loro insicurezze, goffaggini e fragilità. Merito al regista dunque per aver scelto i due attori.

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