Potrebbe ricordare Anatomia di una caduta, Una Storia Nera, l’opera seconda di Leonado D’Agostini che arriva in sala con 01 Distribuito a partire dal 16 maggio. I punti di contatto con la storia pluripremiata di Justine Triet sono innumerevoli: un marito (ex in questo caso) morto in circostanze misteriose, una donna poliglotta accusata e processata per l’omicidio, un tribunale ansioso di giudicare.
Tuttavia se la cineasta francese fonda il suo racconto sulla semina del dubbio e sulla ricerca di un punto di vista che non corrisponde per forza alla verità, D’Agostini racconta di violenza domestica in una forma più articolata e complessa di quello che lascia intuire sia la trama breve del film che il materiale promozionale.
Una storia nera, la trama
L’affascinante Carla, madre di tre figli due dei quali giovani adulti, viene accusata dell’omicidio dell’ex marito, che lei aveva lasciato dopo anni di violenze e maltrattamenti. La donna affronta con dignità il suo processo sostenendo che per lei si è trattato di legittima difesa. Nella vicenda vengono coinvolti non solo i figli della sfortunata coppia, ma anche la famiglia di lui, che vuole a tutti i costi prendersi cura di Mara, la più piccola dei tre, separandola dal fratello Nicola e dalla sorella Rosa, la quale in cuor suo pensa che sia una buona soluzione affidarsi alla cura della zia. La prospettiva di vedere la famiglia separata non piace però al maggiore dei figli di Carla, che cercherà di mantenere unita la famiglia.
Dopo Il Campione, D’Agostini si approccia a una storia che mette sotto i riflettori un fenomeno difficilissimo da sradicare e che non sarà mai denunciato abbastanza, eppure riesce a raccontarlo sotto una luce ancora diversa. Non è “solo” la violenza che Una storia nera racconta (e condanna), non solo il processo per le conseguenze di quella violenza, ma anche come quel comportamento sistematico e tossico viene assorbito negli anni da chi lo subisce indirettamente.
Laetitia Casta e Andrea Carpenzano: le conseguenze della violenza
Se la prima parte del film è dominata dalla presenza di Laetitia Casta, splendida nei panni di Carla, capacissima a destreggiarsi con un personaggio così ferito eppure fiero, nella seconda parte avanza in maniera inequivocabile quello che è il vero protagonista del film: Andrea Carpenzano. A lui è affidato il ruolo di Nicola, il primogenito, il figlio che molto più degli altri ha assistito alla violenza, che più degli altri ha assunto su di sé il compito di protezione nei confronti della madre e delle sorelle, colui che vedendo il dolore causato dal comportamento del padre si è caricato intrinsecamente del peso di schermare i deboli da quella violenza.
Eppure è proprio Nicola che, nei momenti più tesi, alza la voce, alza anche le mani, dimostrando che il suo essere cresciuto in un contesto violento gli è entrato nel DNA, lo ha pervaso e ha reso quell’atteggiamento un vero e proprio automatismo. Nicola è vittima due volte, perché oltre a farsi carico della cura e della protezione, è anche involontariamente colui che viene maggiormente segnato, nel modo di essere, dalla violenza che il padre ha perpetrato per tanti anni sulla madre sotto ai suoi occhi.
In questo, Leonado D’Agostini si affida completamente a Carpenzano, che già aveva diretto ne Il Campione e che si conferma un interprete solido e intenso, soprattutto per ruoli che richiedono una recitazione contenuta. Nel film il suo carisma è un accentratore inevitabile di attenzione.
Con uno stile elegante e diretto, con Una Storia Nera, D’Agostini propone una riflessione sul patriarcato, inquadrato da un punto di vista di chi lo subisce e lo introietta, che lascia spazio a una conversazione che è necessario fare, quando si denuncia la violenza domestica.