Venom: The Last Dance è al cinema. Il film, che segna un nuovo capitolo all’interno dell’universo di Spider-Man targato Sony arriva infatti in tutte le sale italiane a partire da oggi, 24 ottobre.
Questo terzo e conclusivo tassello della trilogia dedicata al simbionte alieno più famoso dei fumetti, che arriva sul grande schermo a seguito dei successi di pubblico Venom del 2018 e Venom: La furia di Carnage del 2021, rappresenta appunto anche il quinto tassello del Sony’s Spider-Man Universe. Nonché l’esordio in cabina di regia della sceneggiatrice e produttrice dei film precedenti Kelly Marcel, scelta in questo caso per reggere il timone della nuova avventura della saga.
Accanto a Tom Hardy, che torna nei panni del tormentato giornalista Eddie Brock nuovamente alle prese con il suo alter ego alieno, troviamo un cast stellare che include volti noti come Peggy Lu e new entry del calibro di Juno Temple – già conosciuta per produzioni quali Fargo e Ted Lasso – e Chiwetel Ejiofor, quest’ultimo ben noto agli appassionati del Marvel Cinematic Universe per la sua partecipazione a Doctor Strange. Per un film che, caratterizzato dalla consueta oscurità umoristica tipica del franchise, arriva dunque al cinema per scrivere i titoli di coda di un progetto lungo 6 anni. Progetto che – va sottolineato – è indubbiamente riuscito a fidelizzare il proprio pubblico di riferimento, raccogliendo però scarsi consensi critici.
La trama di Venom: The Last Dance
Eddie Brock e Venom, ormai un duo indissolubile, si trovano a dover affrontare la minaccia più grande che abbiano mai incontrato: Knull, il dio dei simbionti. Il malvagio essere, prigioniero in un’altra dimensione, ha inviato un esercito di creature oscure sulla Terra con l’obiettivo di recuperare la chiave che lo libererà dalla sua prigione: il Codex. Un antico artefatto che si cela proprio dentro al corpo di Eddie.
Per proteggere l’umanità e se stessi, i due protagonisti sono dunque costretti alla fuga. E nel corso del loro peregrinare, che li porterà dritti dritti a Las Vegas in compagnia di una bizzarra famiglia dalle ossessioni aliene, dovranno fare i conti con le ingerenze di soldati e scienziati. Nei pressi dell’area 51, ormai in fase di smantellamento, si nasconde infatti una base militare e scientifica sotterranea che da tempo studia i segreti dei simbionti. Ed è qui, o meglio qualche metro più in superficie, che si consumerà la prima grande battaglia per il destino di Venom e della razza umana.
Venom: The Last Dance vs cinecomic fatigue
Sta diventando sempre più complicato ragionare su opere quali Venom: The Last Dance. Non tanto per questioni legate allo spessore qualitativo del film – senz’altro lontano dalle preferenze dei palati cinefili più fini, ma a ben vedere altrettanto distante dal desiderio di soddisfare i gusti di un certo tipo di pubblico. Quanto per il processo di sconfortante e di fatto interminabile omologazione di cui quest’ultimo capitolo, di fatto, rappresenta solo la nuova, deprimente, declinazione.
L’ormai sempre più frequente rischio di ripetitività che corre qualsiasi tentativo di rendere conto di un testo-film di questo tipo, infatti, ha radici profonde. Che di certo non affondano nel ben poco fertile terriccio predisposto dalla novella regista Kelly Marcel. Ma che in Venom: The Last Dance, in ogni caso, trovano l’ennesima conferma di una maniera di modellare la materia cinematografica che “in casa Marvel”, si tratti dell’uno o dell’altro universo, ha intrapreso una parabola discendente che il SSU sta perfino contribuendo ad aggravare.
Venom: The Last Dance non lascia spazio alla discussione
Sforzandoci dunque di tralasciare qualsiasi disamina di natura tecnico-registica – dal momento che, specie su questo fronte, il film di Marcel lascia davvero poco alla discussione (tanto per scarsità di idee, quanto per un senso di generale “mestieranza” i cui dettami sembrano provenire dall’alto e lasciare dunque pochissimo margine a velleità autoriali di qualsiasi tipo) – è forse più utile osservare Venom: The Last Dance nei termini di manifesto dello stato di generale confusione e bulimia produttiva di un certo tipo di distribuzioni.
Perché se è forse innegabile che, rispetto ai predecessori, questo terzo capitolo prova anche solo vagamente a delineare i contorni di una più concreta struttura narrativa e dare quindi un senso di continuità alle diverse “situazioni” che si avvicendano lungo l’arco dei 97 minuti di durata (mid-credit esclusa), è altrettanto vero che la creatura di Marcel, a dirla tutta fedele alla natura parassitaria dell’alieno di cui ci canta le gesta, tenta in ogni modo (ma con scarsi risultati) di legarsi a toni e immaginari cinematografici vari che possano conferirle una maggiore solidità.
In bilico tra cinecomic standard, road-movie, commedia esuberante e action-sci-fi, Venom: The Last Dance prova insomma a cambiare pelle in più di un’occasione. Cercando perfino, nelle battute finali, di dare una brusca sterzata emotiva attraverso un montaggio in stile videoclip che poco ha però a che fare con quanto mostrato a schermo fino a quel momento. Quasi un tentativo, per certi versi disperato, di congedare una versione del protagonista (o dei protagonisti) che però difficilmente rimarrà negli annali.
Venom: The Last Dance
Sommario
Giova forse di una struttura vagamente più solida di quella dei suoi predecessori, ma non è che l’ennesima dimostrazione di una omologazione produttiva sconfortante e confusionaria. L’ultimo ballo di una saga che difficilmente rimarrà negli annali.