Whiskey Tango Foxtrot è la nuova dramedy ispirata al libro di Kim Barker, The Taliban Shuffle: Strange Days in Afghanistan and Pakistan, e prodotta da Tina Fey.

 
 

Baker (Tina Fey) è annoiata dalla sua vita newyorkese quando il network per cui lavora le chiede di diventare corrispondente di guerra in Afghanistan. Inizialmente titubante, la giornalista si lancia in questa avventura, scoprendo nuovi amici e riscoprendo una passione per la vita e per il suo lavoro che a New York si era sbiadita col tempo. Inizialmente spaventata, Kim è intenzionata a restare solo tre mesi ma nella “bolla di Kabul” il tempo passa così velocemente che tre mesi diventano tre anni. Durante questo periodo, le sono indispensabili il traduttore e amico Fahim (Christopher Abbot), la collega Tanya Vanderpoel (Margot Robbie) e il Generale Hollanek (Billy Bob Thornton) che aiuteranno Kim ad ambientarsi fino al punto di sentirsti completamente casa.

La competizione con gli altri giornalisti sul campo di guerra e la forte amicizia che li lega fuori dal lavoro incorniciano questa commedia che ci mostra le zone di guerra da un punto di vista insolito, in cui il conflitto e le stragi rimangono decisamente sullo sfondo. Tuttavia se questo può rendere interessante e insolita la commedia, in realtà il tema principale è un cliché cinematografico. La pellicola, infatti, è incentrata sul percorso personale della protagonista che va in Afghanistan principalmente per ritrovare se stessa.

Alla fine Baker si ritrova a dover raccogliere due sfide: quella fin troppo surreale di dover salvare il proprio fidanzato, rapito da un gruppo di talebani e quella molto più ragionevole di dover trovare un pubblico che sia realmente interessato alle sue notizie e alla “guerra dimenticata” in Afghanistan. Nonostante il libro sia molto preciso sulla vita in un luogo di conflitto vista con gli occhi di un reporter, il film fallisce miseramente nel fare lo stesso e lascia che la tematica sentimentale prenda spesso il sopravvento, tanto che in certi casi si ha l’impressione che la storia di star guardando una commedia qualunque, ambientata in una qualunque città.

Certo, non tutti i film devono necessariamente avere un forte messaggio sociale ma la pellicola è distante anni luce dalla ricchezza di dettagli fornita dal libro e anzi, sembra quasi rafforzare i cliché sul Medio Oriente che vedono questa zona come pericolosa, sessista, completamente diversa dall’Occidente e quindi incomprensibile. Non ci sarebbe nulla di male se questa fosse soltanto una pellicola leggera come tante altre, ma l’ambientazione in una zona di guerra e l’assoluta mancanza di attori di origine afghane nei ruoli di personaggi locali non fa che rafforzare l’idea secondo cui il film sia un enorme cliché sul Medio Oriente, con barbe finte e finti accenti.