White Bird in a Blizzard: recensione del film

White Bird in a Blizzard

Questi ultimi mesi del 2014, cinematograficamente parlando, sembrano essere particolarmente dedicati all’assenza, al vuoto, e agli infiniti modi in cui l’uomo reagisce ad essi. Lutti, sparizioni improvvise, eventi traumatici dal punto di vista di chi resta ad affrontarli faccia a faccia in modo obbligato, senza esserne assolutamente preparato.

 

Titoli come L’Amore Bugiardo – Gone Girl di David Fincher, nelle sale italiane dal 18 dicembre prossimo, Une Nouvelle Amie del regista francese François Ozon e Colpa delle Stelle, tutte opere focalizzate sulla mancanza di una persona a noi vicina, senza la quale non sapremmo pensare la nostra vita. Si aggiunge con forza a questo filone anche White Bird in a Blizzard, nuovo film di Gregg Araki, conosciuto per il riuscito Mysterious Skin.

White Bird in a BlizzardKat Connors ha infatti solo 17 anni, quando la madre scompare misteriosamente nel nulla. Una figura piuttosto autoritaria che segna pesantemente la sua infanzia, così come la vita del fragile padre, privo di polso e di carattere. Proprio alla luce del passato, i due protagonisti reagiscono all’evento con discreto sollievo, ma solo per ritrovarsi negli anni successivi a fare i conti con le macerie dell’assenza, del silenzio.

A differenza dei titoli nominati appena sopra, che sanno ben prendere la direzione del thriller, della commedia nera o del dramma, White Bird in a Blizzard possiede un vizio di forma che lo rende fastidiosamente ibrido; la colonna sonora leggera, spensierata, le voci off e la messa in scena fanno pendere la bilancia verso il teen movie, lo scheletro della trama vira invece sul noir, lasciando lo spettatore decisamente confuso durante la visione.

Anche i sentimenti che ne derivano finiscono per essere contrastanti, risultando alla fine dei giochi freddi e distaccati. Un chiaro errore di scrittura, insieme ad un linguaggio ridondante, in contrasto con le buone intenzioni generali e il tema – l’elaborazione dell’assenza di una madre da parte di una teenager e di un padre – di profondo interesse. Anche la cura delle inquadrature e l’attenzione ai dettagli, insieme a una fotografia ben bilanciata e fumettata (con filtri che potremmo definire ‘alla Instagram’) avrebbero meritato sceneggiatura migliore.

White Bird in a Blizzard

Allo stesso modo gli interpreti, abbandonati in balia delle onde senza un reale spessore; la promettente Shailene Woodley – astro nascente del panorama americano dopo Divergent – non è messa in condizione di brillare in modo particolare e torna a casa con un’interpretazione inferiore a quella vista in Colpa delle Stelle. Persino la statuaria Eva Green – nell’insolita veste di madre di famiglia… – viene portata sullo schermo con troppi freni e limiti, non le bastano le capigliature strambe a donarle un’anima.

Un ritratto adolescenziale dunque appena tratteggiato, glaciale, raccontato con un linguaggio ormai datato che resterà impresso nella mente di pochi.

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