William Shakespeare
Martin Droeshout, Public domain, via Wikimedia Commons

C’è chi lo chiama “Il Bardo” (appellativo degli antichi poeti in uso tra i popoli celtici), ma il suo nome è William Shakespeare. Del suo privato non si sa granché: si è sposato diciottenne, ha avuto tre figli e ha cominciato la carriera come attore, diventando poi famoso come autore di commedie e tragedie tuttora rappresentate. Non si sa neppure con certezza che faccia avesse, ma potete scegliere tra quella di Joseph Fiennes in Shakespeare in Love (semi-biopic in salsa rosa diretto da John Madden) e quella di Rafe Spall, lo Shakespeare impostore che firma le opere del ‘vero’ drammaturgo Edward de Vere (alias Rhys Ifans) nel film Anonymous di Roland Emmerich. Il regista, solitamente impegnato a distruggere il pianeta a suon di catastrofi, qui distrugge la reputazione del buon Will, mettendo in scena la teoria della cospirazione per cui gran parte delle opere storicamente attribuite al Bardo sarebbero in realtà state scritte dal 17° conte di Oxford (Edward de Vere, appunto), costretto dal suo status sociale a pubblicare i suoi lavori sotto mentite spoglie, quelle di un attoruncolo incapace ma scaltro: Shakespeare.

 

Ma la vita non è un film. Tanto per cominciare, la data di nascita di William non è documentata, anche se il suo battesimo viene registrato il 26 aprile 1564 e, tradizionalmente, si è deciso di festeggiarne il compleanno il 23 aprile (‘per colpa’ di un accademico del XVIII secolo, pare). Comunque la scelta del giorno non è casuale, perché proprio il 23 aprile di 52 anni dopo Shakespeare morirà lì dove è nato, nella sua Stratford-upon-Avon, e il 23 aprile è anche la festa di S. Giorgio, patrono d’Inghilterra: ottima occasione per celebrare il più grande scrittore in lingua inglese (uno che ha contribuito a coniare circa 3.000 fra vocaboli ed espressioni in uso ancora oggi). Will ha sondato ogni aspetto dell’animo umano, lasciando un patrimonio di 38 testi teatrali, 154 sonetti e una serie di altri scritti… e chissà quante centinaia di film.

Sì perché, ai tempi, Shakespeare poteva pure sperare che le sue opere fossero rappresentate anche nei secoli a venire, ma non poteva certo prevedere la nascita del cinema, che sin dagli albori attinge a piene mani alla produzione shakespeariana, a partire dall’Amleto del 1900 con Sarah Bernhardt protagonista (un vero scandalo per l’epoca). Sul grande schermo la tragedia del Principe di Danimarca va per la maggiore: grandi nomi vi si cimentano nel corso degli anni, fra cui Laurence Olivier nel 1948, Franco Zeffirelli nel 1990 e Kenneth Branagh in ben due occasioni (nel ’95 con Nel bel mezzo di un gelido inverno, e nel ’96 con Hamlet). Branagh merita poi una menzione speciale, poiché non esiste attore più “shakespeariano” di lui, data la miriade di produzioni (teatrali e cinematografiche) cui prende parte come interprete e/o regista: Enrico V, Molto rumore per nulla, Pene d’amor perdute, Othello, As You Like It – Come vi piace, e ci fermiamo qui. Poi c’è la storia d’amore per antonomasia, quella che ha rovinato generazioni di lettrici/spettatrici, Romeo e Giulietta: si va dal classico di Zeffirelli del 1968, alla rivisitazione pop di Baz Luhrmann del ’96 con Leonardo DiCaprio, passando per la messa in scena canterina di West Side Story, senza dimenticare lo Gnomeo e Giulietta per i più piccoli.

Sì, perché i sentimenti e le situazioni create da Shakespeare sono senza tempo e si possono adattare a qualsiasi contesto storico-geografico: per un Re Lear sovietico (1964), c’è un Macbeth nipponico (vedi Il trono di sangue di Akira Kurosawa, 1957); per La bisbetica domata più tradizionalista di Zeffirelli (con la coppia d’oro Elizabeth Taylor/Richard Burton), ce n’è una meno convenzionale, come Il bisbetico domato by Castellano & Pipolo con Celentano; per non parlare della versione teen di 10 cose che odio di te (che lancia Heath Ledger, Joseph Gordon-Levitt e Julia Stiles). Se è vero che le rivisitazioni adolescenziali sono di gran moda all’alba del nuovo millennio (vedi anche Hamlet 2000 e O come Otello), gli ultimi anni lasciano il posto a sperimentazioni più mature (come il Coriolanus di/con Ralph Fiennes, ambientato ai giorni nostri ma parlato alla maniera di Will, e The Tempest di Julie Taymor, con un Prospero al femminile, Helen Mirren). Ora, invece, stiamo riscoprendo il piacere di una messa in scena più rigorosa, alla Romeo and Juliet di Carlo Carlei, aspettando il nuovo Macbeth col duo Fassbender/Cotillard attualmente in lavorazione.

23 aprile 2014: 450 anni dalla nascita di William Shakespeare (e 398 dalla sua morte). “SIAMO FATTI ANCHE NOI DELLA MATERIA DI CUI SON FATTI I SOGNI; E NELLO SPAZIO E NEL TEMPO D’UN SOGNO È RACCHIUSA LA NOSTRA BREVE VITA”.

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Giuditta Martelli
Giovane, carina e disoccupata (sta a voi trovare l'intruso). E' la prova vivente che conoscere a memoria Dirty Dancing non esclude conoscere a memoria Kill Bill, tutti e due i Volumi. Tanto che sulla vendetta di Tarantino ci ha scritto la tesi (110 e lode). Alla laurea in Scienze della Comunicazione seguono due master in traduzione per il cinema. Lettrice appassionata e spettatrice incallita: toglietele tutto ma non il cinematografo. E le serie tv. Fra le esperienze lavorative, 6 anni da assistente alla regia in fiction e serie per la televisione (avete presente la Guzzantina in Boris?). Sul set ha imparato che seguire gli attori è come fare la babysitter. Ma se le capita fra le mani Ryan Gosling...