“Quando ho letto il titolo ho sentito una connessione, soprattutto con il protagonista, ho sentito il suo quieto sentirsi strano e fuori posto, è una cosa con la quale mi sono identificato immediatamente.” Tim Burton, genio bizzarro e visionario, si considera lui stesso un “bambino speciale”, una persona peculiare che ha trovato immediatamente la connessione con il romanzo di Ramson Riggs, Miss Peregrine La casa dei bambini speciali, su cui è basato il suo ultimo film, distribuito dalla 20th Century Fox in oltre 300 copia, dal 15 dicembre nelle nostre sale.

 
Tim Buorton
Foto di Fabio Angeloni

Da dove nasce la connessione con il romanzo di Ransom Riggs?

Innanzitutto il titolo, bambini speciali, bambini peculiari (in originale Miss Peregrine’s Home for Peculiar Children, ndr). Mi ricordava la mia infanzia, già il titolo mi comunicava qualcosa. Poi anche il modo in cui lui ha organizzato, messo insieme gli ingredienti della storia, partendo dalle vecchie foto. Io faccio collezione di vecchie foto e una vecchia foto racconta una storia, ma non te la racconta tutta, la vecchia foto conserva quella parte di mistero e poesia, dei fantasmi, qualcosa di potente, efficace e quindi mi è piaciuto il modo in cui ha messo insieme la storia. Non avevo mai sentito parlare del libro, ma il titolo mi ha catturato, io stesso avevo già realizzato qualcosa di simile, anche se non proprio la stessa cosa.

Pensando alla diversità come è mostrata nel film, qualcosa da difendere con orgoglio da chi non la capisce e quindi la teme, si pensa a lei come a un bambino speciale. Ha a vuto anche lei una protezione, un’ispirazione a essere speciale?

Sono cresciuto in una cultura che ama dividere le persone per categorie. Io ho avuto una nonna che sosteneva e appoggiava le mie peculiarità. Ho avuto un solo insegnante d’arte che mi incoraggiava a essere me stesso. Sono stato fortunato, ti bastano un paio di persone che riescono a vedere le tue specialità, che ti incoraggiano e che ti consentono di farle fiorire.

Tim Burton e Danny Elfman: una coppia scoppiata… per ora

In Miss Peregrine, come Sweeney Todd e Ed Wood, non si replica la collaborazione di Tim Burton con Danny Elfman alle musiche, come mai?

Fondamentalmente quando ho fatto Ed Wood era impegnato su altro oppure avevamo litigato. Noi siamo come una coppia c he si lascia, poi si riprende. Per Sweeney Todd chiaramente la muscihe erano dall’opera di Stephen Sondheim. Anche in questo caso lui era impegnato, ma è uno dei miei più vecchi collaboratori, torneremo sicuramente a lavorare insieme. Diciamo che aveva bisogno di prendersi una vacanza da me. Sapete, i musicisti sono molto drammatici (ride).

Cosa preferisce tra stop motion e CGI e quando decide di usare l’una o l’altra?

Adoro la stop motion, ha la caratteristica dell’essere concreta, gli stessi burattini sono delle opere d’arte. Ma gli stessi computer sono speciali, si riescono a fare delle cose sorprendenti. Per esempio in questo film, la lotta tra le due bambole è realizzata in stop motion, ma dipende dal tempo che hai e richiede un sacco di tempo. La scelta spesso è dettata da esigenze di tempo. Per quanto riguarda il cinema che faccio io, uso la CGI come uno strumento per ottenere un risultato. Cerco di mantenere la storia più radicata a terra possibile.

Il finale del libro è aperto mentre il film ha una struttura autoconclusiva. Non vuole cimentarsi in una saga o è una scelta personale?

A volte ci sono queste storie che si chiudono con una promessa di una nuova avventura, con Miss Peregrine che guarda i bambini che si allontanano. Forse per me è stato il modo migliore, perché il libro è basato sulle foto che ti dicono qualcosa ma non tutto e così doveva essere il film, un completamento del racconto. Le immagini in movimento mi sono servite per catturare questo spirito, questo qualcosa che non è invecchiato nelle foto, un’idea, qualcosa che non si definisce bene. È stata una scelta emotiva non intellettuale.

Tim Burton sceglie di nuovo Eva Green

tim burton
Foto di Fabio Angeloni

La Miss Peregrine del romanzo è molto più anziana di Eva Green, come mai ha scelto lei per la parte?

Per me è stata la prima scelta, è come un’attrice del cinema muto. Ho utilizzato il libro come ispirazione e io personalmente vorrei una direttrice come lei, è stata una scelta immediata, perché ha tutte le caratteristiche che per me Miss P. Dovrebbe avere: forte, divertente, drammatica e infine è credibile come persone che si trasforma in un uccello, il che almeno per me vale. Secondo me Eva Green e come una star di film muti perché trasmette tutto senza parlare. Nei primi anni di scuola avevo una insegnante bellissima e divertente, e tutti i ragazzini la ascoltavano, cosa che non facevano mica con gli altri insegnanti.

Nel cinema contemporaneo chi vede come suo erede visionario?

Pensare che ci sia qualcuno come me mi manda fuori di testa. Non so nemmeno come sono io, non riesco ad immaginare qualcuno come me. Comunque sicuramente ci sono persone visionarie la fuori, perché le cose sono talmente tanto cambiate che tutto è possibile. Il mondo di fare cinema è cambiato, il modo di fare qualsiasi cosa è cambiato, per cui tutto è possibile.

Sono questi i nuovi supereroi di Tim Burton?

Ha lavorato molti anni fa con i supereroi, con Batman e con Superman (anche se il film poi non è stato realizzato). Questi bambini con i poteri sono un po’ degli eroi?

Quando è uscito Batman si trattava di un territorio nuovo e inesplorato. Adesso c’è un film di supereroi a settimana. Quello che mi piace di questi bambini e che hanno le loro peculiarità e i poteri,  ma fondamentalmente sono bambini. Magari si sentono strani, e lo sono, ma in pratica si comportano come qualsiasi altro bambino con le loro emozioni e le loro paure.

In un mondo dove il digitale sta inghiottendo tutto, che fine fanno le fiabe di carte di cui parla anche questo film?

Non lo so, questo è il tipo di film che mi continuano a interessare. È questo il motivo per cui mi sono sentito attirato dalla storia. Questo tipo di storia e quello che mi piace raccontare. Per me è ancora importante la poesia e continuerò a fare film come questi.

Tim Burton, lei ha detto di essere stato un bambino molto particolare. Per lei è più difficile adesso tirare fuori lo speciale dai bambini?

Sono d’accordo. Oggi è più difficile essere speciali. Chiunque può dire che altri sono strani, c’è un bullismo senza nome e senza faccia. Lo trovo molto disturbante. Anche per me è così, oggi vai a un concerto ma mentre ti godi la musica tutti stanno a riprendere quella stessa mucsica con un telefono. Tutti viviamo le cose mutuate attraverso un dispositivo. I ragazzini giudicano il loro valore attraverso il numero di like che ricevono in rete. Io lo trovo triste e allarmante.Miss Peregrine tim burton

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