Danny Boyle a Roma per 28 anni dopo: “La rabbia è diventata la base del nostro temperamento”

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“28 ore dopo continua a essere un film molto amato. Mi capita spessissimo di partecipare a proiezioni con seguito di Q&A, e per molti spettatori il film continua a essere rilevante. Con Alex (Garland) abbiamo parlato spesso di realizzare un sequel, ma solo quando lui è venuto da me con questa idea ambientata in un momento molto lontano nel tempo rispetto all’originale, abbiamo deciso di proseguire. Gli unici paletti erano che avremmo dovuto parlare di Brexit e dei Teletubbies.” Ha esordito così Danny Boyle in conferenza stampa, presentando alla stampa romana il suo ultimo film, 28 anni dopo, co-firmato da Alex Garland e in uscita nelle sale italiane il 18 giugno distribuito da Eagle Pictures.

Il franchise è diventato nel tempo uno dei racconti horror più amati di sempre dagli spettatori. Come si spiega questo amore del pubblico per il genere?

“Il mondo diventa sempre meno comprensibile e l’horror è una risposta a questa confusione. Credo che il motivo che attrae le persone verso l’horror sia proprio l’incomprensibilità del mondo. Quando abbiamo realizzato il primo film, abbiamo pensato che nessuna donna lo avrebbe guardato. Ora i tempi sono cambiati. Sono molte le donne che vanno a vedere gli horror, adesso. Le donne in particolare sono state molto loquaci alle proiezioni di prova di 28 anni dopo, erano molto preparate sul genere e discutevano articolatamente di questo film, che è horror ma anche molte altre storie da raccontare. L’horror ti aiuta a esorcizzare quello che del mondo fa molta paura.”

E come mai oggi le donne guardano più horror, secondo Danny Boyle?

“Credo che ora le donne vogliano vedere i film horror perché ci stiamo liberando del preconcetto di cosa debbano o non debbano fare le donne. Dopotutto, chi meglio delle donne conosce il dolore e la sofferenza?”.

Il film segue le peripezie del dodicenne Spike. Si tratta di un viaggio di formazione o di deformazione, visti tutti gli orrori a cui assiste?

“La nostra idea è di realizzare una trilogia, tre film autonomi, con questo che apre la storia, il secondo è già stato girato, mentre per il terzo stiamo cercando i fondi. Il viaggio di Spike è il viaggio del film. La comunità in cui cresce si aspetta che segua le orme del padre, ma è una comunità che rispecchia l’Inghilterra degli anni ’50, una comunità in cui i ruoli di genere sono ben definiti, ai ragazzi si insegna a cacciare, uccidere e difendere, le ragazze devono fare altro. Invece vediamo che le decisioni di Spike sono informate dal progresso e dall’andare avanti. Sceglie di non tornare a casa proprio perché impara a far fronte a suo padre e a combattere le sue battaglie.”

28 Giorni Dopo / 28 anni dopoIn che modo il Covid e il post-Covid hanno influenzato la storia scritta da Alex Garland e Danny Boyle?

“La scena di Londra deserta che apre il primo film è diventata simbolica, quasi profetica in tempo di lockdown. Rappresentava il pericolo e questo sentimento ha nutrito il nuovo film, ma quello che gli ha davvero dato forma è il modo in cui ci siamo adattati al Covid, perché il film rispecchia proprio quello che è accaduto con il Covid. All’inizio c’era una grande paura di quello che stava accadendo, ma non ci si poteva aspettare che la reazione continuasse a essere di paura e paralisi, come all’inizio. Si è cominciato a correre qualche rischio. Dopo 28 anni che in teoria convivi con l’epidemia di rabbia, cominci a assumerti dei rischi e questo è quello che fanno i sopravvissuti. Portare un dodicenne sulla terra ferma è effettivamente folle, ma si diventa familiari con il rischio. Negli anni anche gli infetti sono cambiati, il virus si è evoluto e ha cominciato a adattarsi, gli infetti imparano a sopravvivere e a cacciare, non muoiono più di fame. Hanno dei leader, gli Alpha, e lavorano in gruppo. Il Covid ha avuto una grande influenza sulla scrittura con Alex Garland.”

Nel primo film avete parlato del virus della rabbia, che oggi sembra invece l’unica reazione possibile a quello che succede nel mondo. Come mai dal punto di vista di narratore?

“Nel primo film abbiamo pensato alla rabbia comune, quella che per esempio esplode quando sei alla guida. Ma le cose sono cambiate. La rabbia comincia a diventare il setting di default del nostro temperamento, non ci sono più vie di mezzo, non ci sono fasi intermedie tra l’essere tranquillo e l’essere arrabbiato. Sono molte le teorie a riguardo. Penso che la tecnologia deve far parte di questo cambiamento, ci ha potenziati come individui, ma la vita non è così, non siamo il centro del mondo. Come il film ricorda, siamo tutti destinati a finire nello stesso posto.”

Dalle storie che racconta, sembra che la sua visione del mondo sia molto pessimista.

“Faccio spesso film molto oscuri, ma la mia natura è ottimista. Sono fortunato perché sono una persona curiosa, dicono che la unica cura per la noia sia la curiosità e che non esiste cura per la curiosità. La curiosità è un’infinita ricerca e un continuo porsi domande. Sono molto fortunato, la mia infezione è la curiosità.”

Aaron Taylor-Johnson e Alfie Williams in 28 anni dopo (2025)
© Cortesia di Sony Pictures

Quali sono le componenti più importanti di 28 anni dopo, secondo Danny Boyle?

“Nel primo film, i protagonisti diventano molto rapidamente una famiglia che affronta le cose, e così anche in questo film volevamo creare una famiglia. Il film è un horror e uno zombie movie, doveva divertire e intrattenere i fan del genere, ma volevamo anche che fosse un film sulla famiglia. Sul modo in cui la famiglia si forma e si frattura, di come il trauma ha un impatto sulla famiglia, volevamo che il protagonista imparasse a tenere testa al padre e che imparasse dalla madre. Che il ragazzino imparasse a seguire la sua strada. Nelle presentazioni al pubblico, la Sony mostra solo i primi 28 minuti del film, dove l’emozione è trattenuta. Volevamo essere ambiziosi e che il film non seguisse solo le regole di un buon sequel, ma che avesse un respiro più ampio e speriamo di esserci riusciti.”

Il film si inserisce fieramente nei progetti realizzati in digitale, come ha lavorato Danny Boyle con questa tecnologia di ripresa?

“Abbiamo usato molte varietà di camera, molti cellulari, le macchine da presa leggere, tante tecnologia, non volevamo lasciare un’impronta pesante, lasciare tracce nella natura in cui ci muovevamo. Molti droni, senza troupe sul campo, ma solo con gli attori, volevamo essere molto leggeri, volevamo che questo aspetto tecnologico rimandasse al primo film (che è stata la prima grande uscita al cinema di un film in digitale, ndr.) e ora la tecnologia è così avanzata, i telefoni ti danno grande possibilità, puoi giurare in 4k, ed è tutto quello che ti serve per il cinema, è un impegno importante ma vale la pena. Il regista fa un film ogni due anni, ma la crew ne fa tanti e così per loro è una sfida lavorare in maniera così diversa dal solito, questo metodo di riprese li ha destabilizzati. Non si tratta di raggiungere la perfezione ma voglio mostrare proprio le crepe delle immagini. Credo che il film abbia un aspetto meraviglioso anche se non perfetto. C’è una scena in cui Aaron Taylor-Johnson che corre con un telefono in mano, si è ripreso da solo e per tanto girato che non era utilizzabile, c’erano quei pochi secondi in cui si vede benissimo, con nessun altro strumeto avremmo potuto realizzare quel tipo di ripresa con quell’effetto. Non sono momenti perfetti, ma si potevano ottenere solo così e ti danno una sensazione unica.”

La trama di 28 anni dopo di Danny Boyle

Il regista premio Oscar® Danny Boyle e lo sceneggiatore Alex Garland, nominato all’Oscar®, si riuniscono per 28 Anni Dopo (28 Years Later), una nuova terrificante storia ambientata nel mondo di 28 Giorni Dopo (28 Days Later). Sono passati quasi tre decenni da quando il virus della rabbia è fuoriuscito da un laboratorio di armi biologiche e ora, ancora in una quarantena forzata e brutale, alcuni sono riusciti a sopravvivere in mezzo agli infetti. Un gruppo di sopravvissuti vive su una piccola isola collegata alla terraferma da un’unica strada rialzata ed estremamente protetta. Quando uno di questi lascia l’isola per una missione diretta nel profondo della terraferma, scoprirà segreti, meraviglie e orrori che hanno mutato non solo gli infetti ma anche gli altri sopravvissuti.
Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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