Ciliegine: recensione del film di Laura Morante

Ciliegine

In Ciliegine Amanda è una donna che ha una particolare intolleranza  per le disattenzioni maschili: non sopporta infatti che il suo compagno dopo un anno di vita insieme ancora non si ricordi che lei non ama lo champagne, né la gazzosa, né nulla che contenga gas, o che abbia una vitale importanza per lei la delicatezza di condividere le cose, come l’unica ciliegina su di una fetta di torta. Dopo che Amanda ha lasciato l’ultimo compagno, la sua amica Florence la invita a passare il capodanno insieme. Lì la donna conosce Antoine, con il quale scatta un’intesa immediata, dovuta però al fatto che lei è convinta che l’uomo sia gay. Ne nascono una serie di equivoci, inizialmente involontari poi condizionati dagli amici e conoscenti dei due, che proveranno a far superare ad Amanda la sua “androfobia” e a far convolare i due in una giusta relazione.

 

Laura Morante è un’icona  del nostro cinema recente, sia per bravura che per bellezza. Un’altra emigrata adorata dai “cugini” francesi, con meno glitter della première dame “Carlà”, ma di sicuro con uno spessore tale che le ha permesso di realizzare lì il suo primo film da regista. La storia che anima il film è molto semplice, si giostra sulla struttura della commedia degli equivoci che trova le origini ancestrali in Shakespeare e quelle francesi in Marivaux, dove però di solito l’equivoco non riguardava l’orientamento sessuale di uno dei protagonisti, ma piuttosto si trattava di  uno dei personaggi principali che era il desiderante o il desiderato e che si travestiva da sesso opposto. Il riferimento a Marivaux è quello alla sua operetta “Il gioco delle parti” in cui appunto la commedia e i personaggi volteggiano attorno ad un argomento leggero come l’amore e la seduzione, così come fa in questo suo film la Morante.

La leggerezza non appartiene però al personaggio di Amanda, la protagonista interpretata dalla stessa attrice, ma a tutti i suoi coprotagonisti, a partire da Florence, già vista in Emotivi anonimi, che ha un ruolo principale nell’ordire l’equivoco per il bene della sua amica, e Frèderic Pierrot che interpreta il collega di Florence che è veramente gay e con il quale Amanda confonde Antoine, e che diventerà il motore che farà scattare  la gelosia nella donna.

Un discorso a parte va fatto per il coprotagonista, Antoine, un affascinante Pascal Elbè, che però non ha veramente molta voce in capitolo nella storia: dipinto come un timido uomo che sta vivendo, lacerato dalla sofferenza, la separazione dalla moglie, evento che viene messo in scena con le luci di un dramma intimista anni 60, ha pochissime battute ed in effetti è la stessa Amanda a definirlo un uomo che ascolta più che raccontare i suoi fatti privati. La recitazione è quindi spostata tutta sulla mimica, del corpo e facciale, che raccontano il disagio dell’uomo nel vivere due relazioni, la separazione e la conoscenza di Amanda, di polarità completamente opposta.

L’altro punto di riferimento di Laura Morante è sicuramente anche la commedia di Woody Allen, di cui però manca la ferocia ironia, mentre non mancano le soluzioni registiche da lui utilizzate: una descrizione esaustiva della città in cui si svolge l’azione, in questo caso Parigi, la continua diserzione di uno dei personaggi su di un argomento in modalità ossessiva, e l’uso dei terapisti come confessori e complici e del cinema come unico rifugio.

Il risultato finale di Ciliegine è una commedia piacevole un buon ibrido di cultura francese e italiana, ma anche di una certa cura e riconoscenza verso altri autori, un buon prodotto in cui il cast tecnico, quasi interamente italiano; Maurizio Calvesi direttore della fotografia, Esmeralda Calabria al montaggio, Daniele Costantini alla sceneggiatura, q sottolinea ancora una volta come un film semplice possa essere comunque un buon prodotto commerciale, ed una storia non limitata ai confini di un paese.

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