Khumba: recensione del film della Triggerfish

Khumba

Khumba è una zebra un po’ particolare: è infatti nato con il corpo a metà a strisce e metà no. Questo fa di lui una zebra differente che è oggetto di discriminazione dalle altre del gruppo. Sogno di Khumba è però essere uguale agli altri e, sul letto di morte, la madre gli racconta di una fonte magica che donerebbe le strisce alle zebre che ci si fanno il bagno. Sfidando ogni pericolo, Khumba esce dalla zona protetta e parte alla ricerca della fonte. Secondo film della casa di produzione sudafricana Triggerfish, che ha già realizzato Zambezia, di cui Khumba  è una sorta di spinoff. Il tema è quello universale della diversità e dell’accettazione del gruppo, e del cercare di capire che le proprie caratteristiche sono un tesoro e non una mancanza.

 

Khumba, il protagonista cerca di appartenere ad una comunità che non lo riconosce parte del gruppo, e che anzi pensa sia la ragione della siccità che costringerà il branco di zebre ad avventurarsi nei pericoli del Karoo, il deserto dell’interno del Sudafrica. Mentre viaggia alla ricerca delle sue strisce, Khumba permette di fare anche un viaggio in un territorio vasto e sconosciuto, popolato da molteplici varietà di animali e piante, liberi e non. Momento altissimo di divertimento è l’incontro della zebra e dei suoi compagni di viaggio, uno struzzo ed una gnu, con un gruppo di antilopi in fuga alla ricerca dei “verdi pascoli” altrove, che sono un’ottima mischia da rugby, utile per estirpare staccionate, ma anche talmente tanto uguali dagl  non sapere chi tra di loro è finito tra le fauci del temibile Phango.

Khumba, il film

Una particolarità, che rende il cartone più internazionale è data dagli attori che prestano la propria voce ai personaggi. Come la tradizione del cinema americano vuole, si tratta di personaggi famosi ed in questo caso a dare voce al perfido leopardo è nientemeno che Liam Neeson. Il cane selvatico che accompagna il gruppetto è invece doppiato da Steve Buscemi. Phango, per una sorta di contrappasso, finisce per diventare il personaggio con cui si riesce ad essere più empatici: rifiutato dalla famiglia, perchè nato cieco da un occhio, sopravvissuto anche ad un tentativo di annegamento, ha accettato la sua diversità e ne ha fatto la sua forza; l’occhio più debole gli ha infatti donato un olfatto perfetto, in grado di individuare e distinguere animali e persone. Phango è sicuro di sé e non si mette mai in discussione, è uno dei pochi cattivi da film di animazione che non accenna mai a redimersi.

Le persone, gli umani, sono di fatto assenti totalmente, se non rappresentati, come in realtà devono essere realmente recepiti dalla fauna sudafricana, come rinchiusi in delle scatole di latta con delle ruote dalle quali o escono fucili o obiettivi di macchina fotografica. Nell’oasi che si trova a metà cammino, Khumba incontra infatti un’altra normalità: quella degli animali che ormai sono abituati ad essere attrazione turistica, e che non ambiscono ad altro. Un viaggio iniziatico per la piccola zebra, che come ogni film di crescita, capirà che la sua differenza, fa di lui un essere speciale.

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