Alì ha gli occhi azzurri: recensione del film

Alì ha gli occhi azzurri

Claudio Giovannesi torna al cinema con Alì ha gli occhi azzurri,  la sua seconda opera cinematografica, dopo il documentario Fratelli d’Italia, e trasforma un episodio di quest’ultimo in una storia di fiction, in cui Nader, un ragazzo di origine egiziana, ma nato e cresciuto ad Ostia, vive con sentimenti contrastanti il suo essere un italiano a metà, in dovere verso il suo retaggio culturale e giustamente vincolato dalla fede che professa.

 

Alì ha gli occhi azzurri racconta una settimana nella vita di Nader, che viene lasciato fuori casa dalla madre perchè pretende di avere una ragazza (italiana) contro i precetti dell’islamismo. Il ragazzo si ostinerà a rimanere fuori casa per tutta la settimana procurando dolore alla famiglia e cacciandosi in diversi guai. Quando però il suo migliore amico Stefano mostra interesse per la sorella di Nader, Laura, quest’ultimo comincerà a cambiare posizione, entrando in conflitto con se stesso e con tuoo ciò che poco prima riteneva giusto.

Alì ha gli occhi azzurri, il film

Alì ha gli occhi azzurri

Claudio Giovannesi ci accompagna ancora una volta nella periferia romana, nelle strade del centro e sul Lido di Ostia, seguendo quella popolazione di adolescenti che sempre con maggiore insistenza e caratterizzazione costituiscono l’emblema della decadenza sociale e culturale del nostro paese. Nader, interpretato con grande naturalezza da Nader Sarhan, è un giovane musulmano che ha preso tutto il peggio del “sottobosco” ostiense, incarnando un futuro uomo che fondamentalmente non si accetta, che sente la necessità di mettere le lenti a contatto azzurre per sfuggire da quella classificazione razziale che lui per primo fa pesare a se stesso. Come abbiamo accennato, Giovannesi parte dal primo episodio di Fratelli d’Italia per sviluppare la sua storia, ma se lì il documentario dava un inaspettato tocco di brio alla narrazione, qui i toni di fiction si fanno più duri, dando al personaggio di Nader la caratteristica antipatia, il tipico atteggiamento di onnipotenza che hanno nell’ultimo periodo gli adolescenti di tutte le razze, i colori, le religioni.

Giovannesi scandisce il racconto come un diario, segnalandoci in maniera costante il passaggio di una giornata, durante la quale nader non sa cosa mangiare nè dove andare a dormire, pur di non darla vinta alla madre. Nel finale il film perde la sua tensione, riducendosi ad un andare avanti ad oltranza dello “sciopero” del ragazzo. Forse una chiusura drammatica avrebbe maggiormente dato un senso di chiusura, appunto, di compiutezza al racconto, che in questo modo sembra semplicemente dissolversi nel nero, senza trovare una sua dimensione di racconto concluso. Alì ha gli occhi azzurri è stato presentato in Concorso alla settima edizione del Festival internazionale del film di Roma.

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