Nikita, italiano
emigrato in Canada a causa di problemi legali, lavora presso una
ditta di onoranze funebri, alla guida del carro con cui traghetta i
defunti verso la loro ultima dimora. La morte è il suo pane
quotidiano, ed è proprio con la morte che si ritroverà a giocare.
Tutto parte da una partita di poker nella residenza del misterioso
e distinto signor Braque. Nikita si trova pesantemente sotto e per
estinguere il debito riceverà una proposta surreale: fare da preda
per una caccia lunga venti minuti, al termine della quale, se
sopravvivrà, potrà considerare saldato il debito. Il gioco
conquisterà gradualmente Nikita, mentre la conoscenza della
misteriosa Helena complicherà ancor di più gli eventi.
Ti ho cercata in tutti i
necrologi segna il ritorno alla regia di Giancarlo
Giannini, dopo Ternosecco, datato 1987.
Il regista s’ispira a una storia vera per costruire un racconto
intrigante sin dal titolo, in una commistione di stili che fanno
del lavoro di Giannini, un’opera difficilmente inquadrabile in un
unico genere.
Il film sembra
inizialmente avere tutti i tratti di un noir, tra l’ambiguità
morale dei protagonisti e la brutalità della vicenda, immersi nelle
ambientazioni, per lo più notturne e dalle tinte cupe, di una
Toronto in cui si muovono personaggi tipici del genere, come
Helena, interpretata da Silvia De Santis, un po’ dark lady un po’
femme fatale. Lo scorrere del film ci trasporta invece in un
racconto surreale, grottesco, in cui i generi si fondono
affrontando temi di un certo spessore, sospesi sul filo conduttore
della storia, ovvero la morte ma anche l’incedere della vita,
spesso un viaggio travagliato fino al suo scadere, quel “cotidie
mori” senechiano che simboleggia un lento cammino verso la morte.
Nikita s’insinua nel bel mezzo di questo eterno rapporto
vita-morte, crollando in una spirale di follia che lo pervade
gradualmente, al punto da desiderare egli stesso di essere la
preda, fino a sentirsi totalmente invicibile o, forse, ormai
noncurante dell’eventualità di morire.
L’evoluzione e il dramma del protagonista non è però costruita su momenti statici o particolari riflessioni, ma attraverso un racconto dinamico, strutturato intorno alle caccie, che permette al film di mantenere una certa tensione per tutto l’arco narrativo. La recitazione è volutamente enfatica, grazie anche al copione ricco di battute curiose e grottesche, e riporta sullo schermo ancora una volta tutto l’istrionismo di Giancarlo Giannini, oltre alla bravura di Silvia De Santis e Murray Abraham, capaci di dare spessore a due personaggi contraddittori come Helena e Braque.
Giannini realizza un film difficile e ambizioso, col coraggio di distaccarsi dalle tipiche produzioni del nostro paese, alla ricerca di una miscela originale di generi e influenze dalla riuscita difficoltosa ma lodevole. Il soggetto è interessante, soprattutto a livello di tematiche, e riesce a mantenere la tensione dello spettatore sempre vigile. Ti ho cercata in tutti i necrologi pone quesiti di una certa rilevanza, risultando forse pretenzioso, preferendo comunque non dare risposte precise, sicuramente complesse. Come Nikita gioca con la morte, Giannini si diverte a giocare con le sue capacità attoriali e registiche, alla ricerca di qualcosa di diverso, mostrando tutta la sua passione per il cinema e mettendosi alla prova, così come il suo protagonista sfida se stesso prima che la morte.