Slow Food Story : la conferenza stampa del film

Slow Food StoryQuesta mattina è stato presentato Slow Food Story, documentario presentato al Festival di Berlino nella sezione dedicata a pellicole e cibo Kulinarischen Kino. Uscirà nelle sale cinematografiche il 30 maggio distribuito da Tucker Film in collaborazione con Indigo Film. Alla conferenza stampa hanno partecipato Nicola Giuliano produttore del film,  Stefano Sardo sceneggiatore e regista, il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini.

Al regista, lei fa parte della famiglia Sardo che ha un legame molto forte con Slow Food, con quale approccio e sentimento ha intrapreso questo percorso?

Stefano Sardo: Ho fatto questo documentario perché me lo hanno proposto, non era una mia idea, sono naturalmente destinato a raccontare questa storia, perché lo faccio di professione e sono cresciuto lì. Inoltre conosco questi signori dalla culla e perché la mia famiglia è coinvolta in Slow Food. Quindi avevo una familiarità incredibile con questa vicenda, ho anche lavorato in Slow Food per un paio di anni, mio fratello lavora tutt’oggi.

Per me Slow Food è veramente aria di casa per cui essendo la mia famiglia, quando mi hanno proposto questo progetto, ho avuto un attimo di resistenza. Perché uno ama la propria famiglia ma non necessariamente vuole passare del tempo con loro! È stato un po’ come andare in analisi per me, perché io ho cercato di condensare in un’ora e quindici minuti una storia lunghissima, fatta da moltissime persone, persone che da sole hanno una personalità che basta per una serie…una di quelle lunghe! E abbiamo cercato di trovare dentro questa storia quelle che erano le caratteristiche più interessanti cercando di mettermi al di fuori di quella che era stata la mia storia personale e di guardare le cose che ho sempre trovato formidabili di questa vicenda.

L’ironia era una di quelle chiavi che mi ha dato subito una cifra, quando ho accettato l’incarico che mi ha dato Ines Vasijevic (produttore esecutivo n.d.r.) dopo che avevo solo scritto un documentario per qualcun altro, poi non è stato fatto e mi son trovato a pensare di dirigerlo, e da sceneggiatore era un’altra resistenza da vincere, ho fatto questa cosa ed è stato come aprire i cassetti delle foto di famiglia, perché è stato come ripercorrere un mondo.

Loro a Bra, sono sempre stati un po’ eversivi quando erano giovani, comunque era una minoranza tollerata, una minoranza vistosa ma non sempre ben accetta, io questa cosa non l’avevo mai veramente capita, perché io stavo dentro quella minoranza ed ero un bambino. Quando loro me l’hanno raccontata ho capito che in realtà questo percorso e tutt’altro che naturale, è frutto di un intuizione, di un appartenenza, di una storia umana, culturale e sociale, legata ad un territorio. È anche una storia di costanza e perseveranza, perché non credo di sbagliarmi nel dire che Slow Food ancora un dodici anni fa a Bra non era ben accetta, c’è voluto un sacco di tempo prima che la città, per quanto piccola e per quanto loro diventassero sempre più grandi, accettasse l’esistenza di questa realtà.

slow food story posterSecondo lei quale è stato il passaggio che ha reso possibile questo riconoscimento?

S.B.: È stato che a un certo punto si sono arresi all’evidenza! Li han presi per sfinimento! Loro “Slow” andavano avanti per la loro strada e nel mentre le giunte cambiavano, poi è arrivato il Sindaco che ha capito che questa storia stava diventando un patrimonio cittadino e ha proposto di fare un movimento che si chiamava “Cheese” che era una grande fiera di formaggi, ed è stato un primo segno di accettazione. Più facile, per certi versi, essere coinvolti dal mondo che non a Bra all’inizio. E questa storia mi sembrava molto interessante. Poi l’ironia è stata il modo per raccontare la storia, che non fosse seriosa e pomposo, perché non credo che le cose serie devono essere pompose, perché quando uno è solenne ha un po’ di dubbi da nascondere, quando uno invece sa che cosa vuole si rilassa di più. E io ho sempre avuto molta ammirazione e simpatia per il modo in cui Carlo ha gestito l’importanza che ha acquisito man mano.

C’è qualcosa che non ha voluto raccontare o non ha raccontato?

S.B.: Ci sono un sacco di cose che avrei voluto raccontare e alcune le ho anche filmate e non sono state inserite. C’è tanto materiale, credo di aver fatto quarantotto interviste, tantissimo materiale di archivio, ho avuto una grande collaborazione da parte di Cecile, una ragazza che mi ha aiutato tantissimo a scegliere tutti i materiali e ha lavorato molto ad una preselezione. Quindi bisognava avere una costanza femminile che lei ha avuto. Il montatore è stato grandissimo, Stefano Cravero, ha fatto un lavoro lunghissimo e quindi è stato molto doloroso lasciar fuori delle cose. Avrei voluto raccontare di più del contesto politico, del passaggio e tante altre cose che erano interessanti, della storia di Bra, però mi accorgevo che la storia aveva un suo equilibrio e che non potevo dilungarmi su certe cose. Avrei voluto anche inserire qualche esempio di critica in più al movimento per far capire la portata intellettuale della cosa, ma poi non c’era spazio perché diventava un dibattito e questa è una storia, se creavo il dibattito alla fine veniva superficiale e mi sembrava peggio che sorvolare. Tutto sommato sono contento di quello che sono riuscito a fare e qualche intervista non sono riuscita a farla, altre non sono venute fuori come speravo. Ma credo di aver dato la dimensione del film, una dimensione conviviale.

Per il produttore, perché avete sposato questo progetto e in quali sale uscirete?

Nicola Giuliano: Il film uscirà in alcune città, Roma, Milano, Torino, Genova, Bologna, Udine, Pordenone, La Spezia e…Bra! Solo queste città perché oggi fare uscire un documentario in sala in questo momento è un impresa abbastanza complessa e noi crediamo che sia una storia che non solo andava raccontata, ma che va anche vista e uscire in sala è un tentativo. Ha un distributore internazionale di origine austriaca che si chiama Autlook Filmsales, è una delle migliori nel mercato dei documentari e sono sei i paesi a cui è stato venduto, inoltre il film è coprodotto con l’Irlanda e preacquistato nella fase di produzione del film da diversi paesi. Uscirà in sala anche perché è un gesto necessario, dato che in un paese che perde la memoria come il nostro rappresenta un gesto di resistenza e qualcosa per cui fa “gonfiare il petto”. Il film inoltre andrà in onda nell’unico baluardo della programmazione di documentari che c’è in Italia che è Doc3.

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