In the Lost Lands, recensione del film di Paul W.S. Anderson

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Da quando ha realizzato il primo Mortal Kombat ormai trent’anni fa, Paul W.S. Anderson è diventato in un modo o nell’altro il paladino principale di quello che una volta era il cosiddetto “B-Movie”. La sua intera carriera di cineasta si è dipanata declinando tale tipo di produzione, con diversi tipi di budget e altrettanto eterogenei risultati, sia artistici che al botteghino.

Ultimo “nato” da questa idea di fare cinema che sembra sempre più sul viale del tramonto – ormai scissa tra chi realizza film a bassissimo budget quasi mai destinati allo streaming e chi invece tenta la via dell’autorialità all’interno del divertimento di genere – arriva In the Lost Lands, che vede protagonisti Dave Bautista e la sempre presente Milla Jovovich, “musa” di Anderson davanti al macchina da presa quanto nella vita.

La trama di In the Lost Lands

Il canovaccio del film non potrebbe essere più funzionale: un un mondo post-apocalittico dominato da sette religiose nelle metropoli e forze oscure fuori dalle mura delle stesse, la strega Gray Alys (Jovovich) ingaggia il pistolero Boyce (Bautista) per condurla nella tana di un mutaforma, al fine di ucciderlo e carpirne i poteri da consegnare alla regina della città. Il viaggio dei due sarà denso di pericoli, rappresentati principalmente dalla sacerdotessa (Arly Jover) che vuole a tutti i costi impiccare la donna considerata eretica.

Ispirato dall’omonimo racconto scritto niente meno che dal “papà” di Game of Thrones George R.R. Martin, In The Lost Lands è un lungometraggio che rispecchia la filosofia di cinema del suo creatore, forse anche troppo: soprattutto nella prima parte della storia si ha la sensazione che Anderson abbia girato e montato il tutto infischiandosene degli enormi buchi di trama e, ancor peggio, di messa in scena. Molti momenti del film infatti accadono fuori campo o vengono raccontati, magari a causa della stringatezza del budget o per altri motivi. Per un film che punta praticamente tutto sull’effetto estetico che ambientazioni ed effetti speciali possono avere sul pubblico, appare una scelta fin troppo rischiosa.

È un peccato perché a livello di sviluppo delle ambientazioni post-apocalittiche, In the Lost Lands funziona eccome: visivamente gli scenari seppur non nuovissimi rimangono comunque affascinanti da vedere, e costituiscono un teatro efficace in cui i vari personaggi si muovono. Anche il ritmo impresso alla narrazione è quello giusto per questo tipo di produzioni, accelerato senza mai diventare inutilmente forzato. E poi ci sono i due protagonisti, che si divertono un mondo a interpretare quel tipo di ruolo per cui sono tagliati. In particolar modo Dave Bautista mescola carisma  e ironia nel ruolo do Boyce, diventando scena dopo scena la cosa migliore di In the Lost Land.

In un frullatore post-apocalittico

Questo nuovo film di fantascienza diretto da Paul W.S. Anderson è una sorta di frullatore cinematografico dove sono stati triturati insieme molti capisaldi del genere, in particolar modo l’universo post-apocalittico di Mad Max e lo Stephen King della serie di libri dedicati alla Torre Nera. Una volta che si capisce di dover sottostare alle regole di questo tipo di cinema – e soprattutto di produzione – lo spettacolo diventa piuttosto godibile, con momenti “cafoni” che regalano allo spettatore la giusta dose di azione e adrenalina. Il finale è forse meno riuscito rispetto alla costruzione che porta al climax, ma nel complesso non rovina quanto costruito in precedenza.

Se in passato si è ammirato o quanto meno apprezzato il cinema fracassone di Paul W.S. Anderson, adesso che i fasti della saga di Resident Evil sono passati e non ha più a disposizione il budget (già a suo tempo non enorme) di quegli action/horror, si deve accettare il fatto che lo spettacolo da lui offerto punta a giocare con lo spettatore, stesso, deve per forza di cose puntare sulla sua volontà di divertirsi con il pacchiano, ancor più che in precedenza. E In the Lost Lands chiede al proprio pubblico proprio di accettare le regole del gioco. Perché proprio di questo si tratta, anzi si è sempre trattato con Anderson, e lui non ha mai fatto nulla per nasconderlo. A noi salire sul suo carrozzone cinematografico tutto sommato fa piacere, anche quando talvolta scricchiola come nel caso di questo film. Ma alla fine la corsa sulla giostra, tutto sommato, raramente delude…

In the Lost Lands
2.5

Summary

Si deve accettare il fatto che lo spettacolo offerto da Paul W.S. Anderson punta a giocare con lo spettatore, stesso, deve per forza di cose puntare sulla sua volontà di divertirsi con il pacchiano, ancor più che in precedenza.

Adriano Ercolani
Adriano Ercolani
Nato a Roma nel 1973, è laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza. Dopo gli esordi nella produzione audiovisiva, dal 2006 lavora a Coming Soon Television sviluppando competenze anche nel giornalismo televisivo. Dal 2011 vive a New York come corrispondente di cinema per Comingsoon.it e Cinefilos.it ed è membro dei Critics Choice Awards.

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