Confermando ancora una volta quella libertà creativa ed espressiva che lo ha reso uno dei più importanti cineasti contemporanei, Paul Thomas Anderson è tornato con un lungometraggio che non è eccessivo definire vibrante. Vi sono alcune sequenze in Una battaglia dopo l’altra – inclusi gli straordinari trenta minuti finali – in cui il mix di immagini, interpretazioni, musica ed effetti sonori raggiunge un livello di intensità sensoriale/emozionale paragonabile a Il petroliere.
Anderson non si risparmia, anzi sceglie consciamente di lasciar esplodere la propria visione adoperando la bellezza aspra degli scenari naturali dell’entroterra della California senza cercare minimamente di abbellirla. Questo suo nuovo lavoro possiede un’estetica ruvida, sembrerebbe volutamente grezza, che metaforicamente diventa specchio della natura stessa dei due duellanti in singolar tenzone, ovvero l’ex rivoluzionario Bob Ferguson (Leonardo DiCaprio) e il militare psicotico Steven Lockjaw (Sean Penn). In mezzo a questa battaglia fisica quanto ideologica, si trova quasi come vittima sacrificale Willa (Chase Infiniti), adolescente che deve necessariamente varcare la soglia dolorosa della maturità attraverso una serie prove fisiche e psicologiche che riteneva solamente chimere di un passato da lei non vissuto.
La trama di Una battaglia dopo l’altra
Come già scritto, Una battaglia dopo l’altra è un film talmente alto nella sua resa cinematografica che fa (quasi) passare in secondo piano i numerosi problemi di sceneggiatura che lo tormentano. Primo tra tutti, cosa insolita per uno sceneggiatore attento come Anderson, l’adattamento dal romanzo Vineland di Thomas Pynchon, lo stesso da cui aveva tratto Vizio di forma. Ambientato nel 1984, il libro raccontava di ex-rivoluzionari ed hippie che avevano agito negli anni ‘caldi’ della contestazione, delle Black Panther e delle organizzazioni militanti come il Weather Underground. Il tentativo di Anderson di aggiornare la storia al nostro presente, con tanto di riferimenti espliciti alla politica americana sull’immigrazione, risulta decisamente meno incisivo, in quanto un gruppo d’azione come quello mostrato all’inizio del film non trova riscontro o quasi nella realtà degli Stati Uniti del recente passato, tantomeno del presente. Questo slittamento temporale per rendere Una battaglia dopo l’altra più “contemporaneo” e quindi funzionale a un discorso socio-politico attuale, in fin dei conti non funziona del tutto.
Senza voler poi fare spoiler sulla trama, il motivo per cui Lockjaw insegue Willa una volta pienamente scoperto diventa eccessivamente parossistico per risultare credibile, gettando un’ombra di inconsistenza sulla prova istrionica di Sean Penn. E a ben vedere anche il personaggio interpretato da DiCaprio in fin dei conti si rivela più stereotipato di quanto avrebbe dovuto essere. Certo, poi i due attori riescono ugualmente a risultare molto più che efficaci in virtù delle loro indiscutibili qualità di interpreti, così come eccellenti sono le prove di Benicio Del Toro, Regina Hall e di un graffiante, selvaggia Teyana Taylor.
Chase Infiniti è la vera protagonista
E qui apriamo il paragrafo giustamente dedicato all’esordiente al cinema Chase Infiniti, che è la vera protagonista di Una battaglia dopo l’altra. Supportata da un personaggio magnificamente sviluppato, l’attrice lo mette in scena con un virtuosismo trattenuto degno di colleghe molto più esperte. Infiniti tratteggia una Willa confusa, curiosa, spaventata ma mai passiva di fronte agli eventi drammatici che le se presentano di fronte. Il senso di pragmatica seppur dolorosa accettazione con cui pian piano deve fare i conti col proprio passato, viene raccontato espresso una prova ammirevole. Negli occhi dell’attrice passa tutto il mondo interiore del personaggio, che noi spettatori non dobbiamo neppure comprendere con chiarezza perché quegli stessi occhi vogliono nasconderlo, proteggerlo dal pericolo, mentre invece lo suggeriscono con una tale forza espressiva da renderlo emozionante. In un lungometraggio decentrato, fragoroso e ondivago come Una battaglia dopo l’altra, Chase Infiniti e la sua Willa rappresentano invece un punto di riferimento indiscutibile.
Una battaglia dopo l’altra sarà verosimilmente protagonista della stagione dei premi che sta per iniziare, e tutto sommato con merito. Non si tratta del miglior film di Paul Thomas Anderson, in quanto non possiede quella coerenza narrativa che l’autore ha invece prodotto in opere precedenti. Tuttavia l’impeto con cui è stato creato è qualcosa di ammirevole, testimonianza imperfetta ma assolutamente vitale di una voglia di fare cinema di spessore senza pensare troppo alla sua forma compiuta.
Un gioioso contraltare al cinema “architettonico”
Volendo creare un gioco di specchi che molto probabilmente solletica soltanto noi cinefili incarogniti, il Paul Thomas Anderson di Licorice Pizza e di quest’ultimo progetto può essere visto come un gioioso contraltare rispetto al cinema ultimamente fin troppo “architettonico” di Christopher Nolan. Preferiamo di gran lunga la visione magari scollacciata ma vitale di Una battaglia dopo l’altra al teorema simmetrico di Oppenheimer.
Una battaglia dopo l’altra
Sommario
l’impeto con cui è stato creato è qualcosa di ammirevole, testimonianza imperfetta ma assolutamente vitale di una voglia di fare cinema di spessore senza pensare troppo alla sua forma compiuta.