A volte le persone comuni possono avere un impatto straordinario sulla politica americana. Selma – La strada per la libertà racconta le proteste popolari che portarono all’approvazione del Voting Rights Act del 1965, la legge che garantì il diritto di voto agli afroamericani. Il film diretto da Ava DuVernay mostra come semplici cittadini, uniti dalla convinzione di una causa giusta, riuscirono a spingere il potere politico ad agire quando questo sembrava incapace di farlo da solo.
Nel racconto cinematografico, il presidente Lyndon B. Johnson appare come un leader esitante, quasi ostile alla proposta di una legge sul diritto di voto. In una delle scene più memorabili, Martin Luther King Jr. affronta il presidente:
“La questione del voto dovrà
aspettare”, dice Johnson.
“Non può aspettare”, risponde King.
La trama ruota attorno a un gruppo di attivisti per i diritti civili che, di fronte all’inazione di Washington, decide di rischiare tutto. Solo dopo la violenta repressione della polizia, Johnson si rende conto che il silenzio non è più possibile.
Storia e polemiche dietro il film
Il film ha suscitato accese discussioni per la sua rappresentazione di Johnson. Molti storici e membri della sua amministrazione hanno criticato la scelta di descriverlo come un presidente riluttante, sostenendo che in realtà fosse già determinato ad affrontare la questione del voto. Secondo Joseph Califano, ex consigliere presidenziale, e il direttore della Lyndon Baines Johnson Presidential Library, il film avrebbe travisato le vere intenzioni di LBJ.
Per capire davvero cosa accadde, bisogna tornare alle fonti originali: le registrazioni telefoniche della Casa Bianca. In occasione del cinquantesimo anniversario della “Great Society”, i documenti e le conversazioni dell’epoca offrono un ritratto più complesso del presidente e delle dinamiche politiche che portarono alla legge.
Al momento della sua vittoria elettorale nel 1964 contro Barry Goldwater, Johnson era già convinto della necessità di una legge sul diritto di voto. Dopo aver sostenuto il Civil Rights Act del 1964, che pose fine alla segregazione nei luoghi pubblici, riteneva che fosse giunto il momento di garantire anche l’uguaglianza elettorale.
Johnson e la vera battaglia politica dietro il Voting Rights Act
Contrariamente a quanto mostra Selma, il presidente non aveva bisogno di essere “convinto” dell’importanza della legge. I nastri della Casa Bianca rivelano che, già nel dicembre 1964, Johnson discuteva con il viceprocuratore generale Nicholas Katzenbach di un testo che semplificasse la registrazione al voto per gli afroamericani. Nei mesi successivi incaricò Katzenbach di negoziare segretamente con il senatore repubblicano Everett Dirksen per ottenere il sostegno bipartisan necessario.
Tuttavia, Johnson esitava sulla tempistica. Non voleva proporre un nuovo disegno di legge subito dopo il Civil Rights Act, temendo che un altro scontro sulla questione razziale avrebbe spaccato il Partito Democratico. Credeva fosse necessario aspettare la fine del 1965 per evitare un crollo del consenso e garantire che altre riforme sociali – istruzione, sanità, lotta alla povertà – potessero passare prima.
Gli attivisti, invece, non erano disposti ad attendere. Per loro, rinviare significava condannare la riforma all’oblio. Martin Luther King Jr. parlava spesso della “feroce urgenza del presente”: l’idea che ogni rinvio, in politica, fosse solo un modo per lasciare morire le leggi.
Selma, Alabama: quando il popolo costrinse il potere ad agire
Mentre Johnson temporeggiava, King decise di agire. Scelse Selma, Alabama, una delle città più razziste del Sud, come teatro delle proteste. Gli attivisti organizzarono manifestazioni pacifiche per denunciare gli ostacoli che impedivano agli afroamericani di votare. La risposta fu brutale: lo sceriffo James Clark e i suoi uomini attaccarono i manifestanti con manganelli, cavalli e gas lacrimogeni.
Le immagini delle violenze, trasmesse in tutto il paese, sconvolsero l’opinione pubblica. Il 7 marzo 1965 – giorno passato alla storia come “Bloody Sunday” – i manifestanti furono caricati mentre cercavano di attraversare il ponte Edmund Pettus per marciare fino a Montgomery. Tra loro c’era John Lewis, futuro membro del Congresso, il cui cranio venne fratturato.
Johnson, vedendo le immagini e leggendo i resoconti, comprese che la nazione stava cambiando. In una telefonata del 10 marzo, ammise di temere di essere percepito come un “presidente del Sud”, complice del razzismo istituzionale.
Il discorso che cambiò la storia
Pochi giorni dopo, Johnson si rivolse al Congresso con un discorso storico, uno dei più commoventi della sua carriera. Le sue parole fecero piangere Martin Luther King Jr.
“Their cause must be our cause too. Because it’s not just Negroes, but all of us, who must overcome the crippling legacy of bigotry and injustice. And we shall overcome.”
Quelle parole – “We shall overcome” – riecheggiarono come una promessa solenne. Johnson aveva finalmente abbracciato la causa dei diritti civili e si impegnò a far approvare la legge sul diritto di voto.
Nelle settimane successive, il presidente lavorò instancabilmente per ottenere i voti necessari, affrontando apertamente i leader segregazionisti del Sud. In una conversazione privata definì il governatore dell’Alabama George Wallace un “traditore figlio di puttana” per la sua complicità nella violenza di Selma.
Il risultato: un cambiamento reale e duraturo
Il 6 agosto 1965, dopo l’approvazione del Senato e della Camera, Johnson firmò il Voting Rights Act. Nei mesi successivi, quasi 250.000 afroamericani si registrarono per votare grazie alla protezione federale, e milioni li avrebbero seguiti negli anni successivi.
La lezione di Selma resta oggi più attuale che mai. In un’epoca di divisioni politiche, il film ci ricorda che il vero cambiamento nasce dal basso, quando i cittadini spingono i loro leader ad agire. Anche i presidenti più audaci, come Johnson, hanno bisogno di quella pressione morale che solo la società civile può esercitare. A Selma lo status quo non vinse. Vinse la gente comune. E, nel farlo, cambiò per sempre la storia degli Stati Uniti.