Si chiama Ricardo Mendes e, giovanissimo, ha vissuto l’inferno in una comunità buddista di Castellane, lontana dall’ideale di saggezza propugnato dal suo fondatore, Robert Spatz. Ora, in cerca di giustizia e dopo aver intentato una causa civile, Ricardo racconta come il Lama belga abbia incoraggiato i suoi discepoli ad affidargli i loro figli, lasciandolo così libero di fare ciò che voleva. Abusi fisici, privazione di cibo e della libertà o stupro delle ragazze erano la sorte quotidiana dei bambini non protetti.
Tuttavia, questi abusi non sono un’eccezione: da quando il buddismo tibetano è diventato un fenomeno di moda negli anni ’60, soprattutto in Europa, gli scandali sessuali e finanziari si sono moltiplicati, mentre i suoi maestri in esilio hanno prosperato. Icona internazionale, il Dalai Lama stesso ha a lungo coperto i rapporti segreti di coloro che contribuiscono all’espansione della sua religione: con un’economia basata sulla carità, questi ultimi devono evitare di essere sotto i riflettori. Il Lama Sogyal Rinpoche, divenuto capo di un impero dopo la pubblicazione del suo bestseller Il libro tibetano del vivere e del morire, è stato tuttavia denunciato da molte vittime per il suo gusto smodato per il lusso, il suo violento autoritarismo e i suoi eccessi sessuali. Egli simboleggia quindi ciò che il Dalai Lama chiama “problemi etici”. Questo è quanto racconta Buddhismo: la legge del silenzio, il documentario di Élodie Emery e Wandrille Lanos, ora disponibile in Italia in esclusiva sul canale culturale europeo ARTE.tv.
Grazie alle rivelazioni degli intervistati, il documentario aiuta a relativizzare l’edulcorata visione occidentale del buddhismo tibetano, rammentando che questa religione richiede una devozione totale da parte dei fedeli, chiamati a mantenere il segreto sui riti di iniziazione a cui devono sottoporsi. Simili presupposti rappresentano l’humus ideale per alimentare la coltre di silenzio su abusi di ogni genere. La ricerca condotta dalla giornalista Élodie Emery e dalla documentarista Wandrille Lanos passa al setaccio le tante virtù professate dai monaci, in primis la povertà; il buddhismo traspare infatti come una vera e propria multinazionale, con le sue filiali, le sue strategie di comunicazione e le sue agenzie di gestione delle crisi. Con buona pace (interiore) dei suoi valori.
Il documentario Buddhismo: la legge del silenzio è fruibile gratuitamente, con sottotitoli in italiano, sul sito arte.tv/it o sulle app ARTE per smart TV, Fire TV, Apple TV e dispositivi mobili.