Laputa castle in the sky: recensione del film

Laputa castle in the sky

La recensione del film d’animazione di Laputa castle in the sky, pellicola del maestro d’animazione giapponese Hayao Miyazaki.

 

altSinossi: Dal cielo sopra una miniera di fine Ottocento in un’imprecisata località molto simile alla Gran Bretagna cade un giorno una ragazzina, Sheeta, che si è gettata dall’aeronave su cui era prigioniera, per scampare all’esercito e ad un gruppo di pirati dell’aria, tutti intenzionati a rubarle la misteriosa pietra azzurra che porta al collo.

Sheeta, sopravvissuta alla caduta grazie alla pietra, che ha il potere di far lievitare il corpo a cui è attaccata, viene trovata da Pazu, giovane minatore: tra i due la simpatia è immediata, ma devono scappare molto presto perché la ragazzina con la sua pietra continuano a fare gola. E mentre i pirati si riveleranno degli inaspettati alleati, i veri nemici si riveleranno i soldati e il loro capo, il colonnello Mooska. Sheeta è infatti una discendente dell’antico popolo di Laputa, che abitava una leggendaria isola fluttuante nel cielo, luogo di antichi misteri e di sconvolgenti scoperte scientifiche.

Laputa castle in the sky: recensione del film

Analisi

altPrimo film realizzato da Miyazaki dopo la costituzione dello studio Ghibli, distribuito nel nostro Paese per il mercato dell’home video con oltre vent’anni di ritardo e poco dopo ritirato dal commercio senza ad oggi ancora un ritorno annunciato, Tenku no shiro Laputa (questo il titolo originale) contiene tutte le tematiche care all’autore.

Il pacifismo, la condanna di ogni avidità, l’amicizia come antidoto ai mali del mondo, l’importanza della comunicazione tra generazioni diverse, i pericoli insiti alla tecnologia usata senza morale e per i propri scopi personali sono temi ben presenti, in questa avventura steampunk con echi di Jules Verne, ma anche dei Viaggi di Gulliver, da cui è preso il nome dell’isola volante di Laputa, paradiso perduto per certi versi (il suo lussureggiante aspetto è stato copiato pari pari da James Cameron per la sua Pandora di Avatar) ma anche scrigno di pericolose tecnologie per l’avidità di alcuni.

Lo stile di Miyazaki, lontano dagli stereotipi che molti vedono come caratterizzanti degli anime giapponesi (occhioni e capelli al vento), ma nello stesso tempo molto personale tra estrema cura degli scenari e del mecha design e personaggi originali sia nel disegno che nella caratterizzazione, è già ottimo, l’avventura, realizzata all’epoca senza l’ausilio della computer graphic (nonostante alcune voci incontrollate che davano gli anime giapponesi già realizzati al pc negli anni Settanta) è per tutte le età, ma non buonista, a tratti vagamente cruda, in ogni caso estremamente avvincente ed interessante.

Chi ama l’azione rimane conquistato, ma anche chi cerca qualcosa in più che avventure e movimento, un discorso ecologista e pacifista che non è mai retorico: molti degli elementi di Laputa sono stati poi ripresi alcuni anni dopo dalla Gainax per la serie cult Il mistero della pietra azzurra (Fushigi no Umi no Nadia), grande successo di inizio anni Novanta. Pazu e Sheeta, eroi loro malgrado in un mondo in cui devono trovare la loro strada, sono tra i primi protagonisti di un regista che guarderà sempre con attenzione all’idea del mondo salvato da ragazzini non tutti d’un pezzo, ma capaci di fragilità e di coraggio, che devono cercare la loro strada tra ostacoli di ogni tipo, fino ad una conclusione che in definitiva non è quella che ci si aspetterebbe, perché Laputa deve continuare a vagare nel cielo, e non può essere di nessuno.

Laputa castle in the sky è un film che piace e piacerà agli appassionati di manga ed anime, ma anche a chi sa riconoscere le potenzialità del cinema d’animazione a prescindere dalla sua provenienza, e contro i pregiudizi ancora radicati che investono i prodotti made in Japan: Laputa è prima di tutto una bella storia raccontata con l’ausilio dell’animazione, come tutti i film del maestro giapponese, ormai riconosciuto tale in tutto il mondo.

- Pubblicità -