Zathura – un’avventura spaziale – recensione

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Zathura - un'avventura spazialeAnno: 2005

 

Regia: Jon Favreau

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Cast: Jonah Bobo, Josh Hutcherson, Dax Shepard, Kristen Stewart, Tim Robbins, Frank Oz

Trama: Walter e Danny, due piccoli e litigiosi fratelli, lasciati soli a casa dal padre divorziato, approfittano della disattenzione della sorella ed esplorando la cantina trovano un vecchio gioco da tavolo, intitolato “Zathura”: non appena cominciano a giocare, l’intera casa viene catapultata nello spazio, nelle vicinanze di Saturno: per riportare tutto al suo posto, i due capiranno di dover giungere alla fine del gioco; nel corso dell’avventura, i due dovranno collaborare, guardandosi dalla minaccia dei ‘lucertoloni’ alieni Zorgon, imbattendosi in un astronauta anch’egli rimasto intrappolato nel gioco, che rivelerà un particolare legame coi due protagonisti… l’esperienza servirà loro a far comprendere il valore della famiglia, superando le proprie divisioni.

Analisi: Avventura infantile in ‘stile Jumanji’: del resto la firma in calce ai romanzi dai quali sono stati tratti i due film è la medesima, quella di Chris Van Allsburg. Sulla scorta del successo globale arriso al precedente (262 milioni di dollari d’incassi contro il costo di 65 milioni), si punta al bis, senza purtroppo prendere in adeguata considerazione quanto il successo del precedente lavoro fosse dovuto all’istrionica presenza di Robin Williams, che da solo aveva retto un film per il resto non proprio memorabile.

Alla regia, Jon Favreau (che col suo precedente “Elf” aveva sbancato i botteghini) affiancato da un team di prim’ordine: David Koepp firma la sceneggiatura, John Debney le musiche, J. Michael Riva le scenografie e Guillermo Navarro la fotografia; l’intento, in parte riuscito, è di conferire al film una certa patina ‘vintage’, evitando di ricorrere in maniera troppo massiccia alla computer grafica, preferendo (nel limite del possibile), effetti più ‘artigianali’ e l’uso di modellini, cercando di riprodurre l’atmosfera vagamente sci-fi anni ’50 che caratterizzava il materiale originario.Z

Nonostante questo, l’esito appare largamente mediocre: privo di una forza centripeta analoga quella rivestita da Williams, il film perde presto d’interesse, introducendo lo spettatore in un gioco al quale non può partecipare attivamente (poche esperienze sono più noiose del guardare altri giocare a un gioco da tavolo), con modalità ripetitive e colpi di scena che ai più smaliziati risultano ampiamente ‘telefonati’; allo scarso risultato finale contribuisce un cast poco efficace, che regala però qualche curiosità: uno dei due giovanissimi protagonisti è Josh Hutcherson, poi giunto alla fama internazionale con la saga di Hunger Games (l’altro, Jonah Bobo, ha avuto una carriera molto meno brillante), mentre la sorella maggiore  è Kristen ‘Twilight” Stewart; Frank Oz partecipa dando la voce ad un robot che a un certo punto offrirà il proprio aiuto ai protagonisti, mentre Tim Robbins offre un cameo nel ruolo del padre.

Il risultato fu abbastanza disastroso: gli incassi del film si fermarono poco oltre i 64 milioni di dollari, non riuscendo a coprire i costi, analoghi a quelli del predecessore; nel fine settimana d’apertura, il film venne ampiamente superato dal disneyano Chicken Little, per poi venire ridotto ai minimi termini nel weekend successivo, ad opera di Harry Potter e il calice di fuoco.

Marcello Berlich
Marcello Berlich
Laureato in Economia,  è appassionato di cinema, musica, fumetti e libri. Collabora con Cinefilos dal 2011.

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