La quarta stagione di Stranger Things arriva dopo quasi un decennio dal debutto della serie, che da semplice omaggio nostalgico agli anni ’80 è diventata un vero fenomeno culturale globale. Mentre il cast è cresciuto e la storia si è ampliata, la stagione 4 rappresenta il penultimo capitolo prima dell’atteso finale.
Hopper, Joyce e Murray: la missione in Russia
La prigionia di Hopper
Creduto morto dopo l’esplosione del laboratorio, Hopper è in realtà sopravvissuto ed è finito in un gulag russo. Qui emerge nuovamente il lato più maturo e vulnerabile del personaggio, segnato dalle sue perdite e dal passato militare.
L’operazione di salvataggio
Joyce e Murray partono per salvarlo dopo aver ricevuto un criptico messaggio. Tra tradimenti e situazioni surreali, i due arrivano alla prigione e partecipano alla fuga finale, culminata in una battaglia contro un Demogorgone.
Il monologo e la rinascita di Hopper
Il suo discorso sulla morte della figlia e sul senso di colpa è uno dei momenti più intensi della stagione e rimedia alle eccessive caricature della terza stagione.
Eleven: tra trauma, identità e manipolazione
Vita in California e perdita dei poteri
Trasferita con i Byers, Eleven vive un periodo difficile fatto di bullismo, incomprensioni e fragilità: non ha più poteri e non trova il suo posto.
Il ritorno al laboratorio
Reclutata da Dr. Owens per recuperare le sue abilità, Eleven finisce di nuovo sotto il controllo di Brenner nel laboratorio segreto NINA. Qui riaffiorano ricordi traumatici della sua infanzia e scopre la verità su Henry Creel, il misterioso Numero Uno.
Origine di Vecna e ambiguità morale
La trama esplora l’origine di Vecna e del collegamento con l’Upside Down. La serie sfiora però una problematicità narrativa nel tentativo di rendere Brenner quasi empatico, nonostante sia un manipolatore responsabile di abusi.
Ritorno dei poteri e fuga
Durante l’assalto dell’esercito, Eleven recupera le sue abilità, distrugge un elicottero e assiste alla morte definitiva di Brenner, rifiutando il suo tentato “perdono”.

Il road trip: la storyline meno riuscita
Jonathan, Will e la crisi identitaria
Will affronta il suo amore non corrisposto per Mike e una profonda incertezza sul proprio futuro. Il dipinto che gli dedica diventa simbolo della sua vulnerabilità. Jonathan, invece, perde peso narrativo e vive una crisi personale poco approfondita.
Argyle e la comicità fuori posto
Argyle funge da elemento comico, ma spesso stona con il tono più cupo della stagione.
L’attacco dell’esercito e il recupero di Eleven
Il gruppo fugge dopo un assalto militare e raggiunge Suzie, in una scena volutamente esagerata ma dissonante. Alla fine localizzano Eleven e la salvano, permettendole di aiutare Hawkins a distanza.
Hawkins: il cuore narrativo della stagione
Vecna e l’estetica à la Nightmare
La storyline di Hawkins è la più riuscita e presenta Vecna, un antagonista più complesso e inquietante dei precedenti, le cui uccisioni psicologiche richiamano l’immaginario di Nightmare on Elm Street.
Eddie Munson e l’Hellfire Club
Eddie diventa il nuovo volto iconico della stagione. Accusato ingiustamente dell’omicidio di Chrissy, si rifugia con Dustin e gli altri mentre la città si lascia travolgere dall’isteria anti-satanista.
Il passato dei Creel e il legame con Eleven
La scoperta della casa dei Creel rivela l’origine di Henry Creel, vero colpevole del massacro familiare e futuro Vecna. Eleven ricorda di averlo affrontato da bambina e, nel tentativo di fermarlo, di aver aperto la prima crepa verso l’Upside Down.
Max e la fuga sulle note di Kate Bush
La scena in cui Max scappa da Vecna grazie a “Running Up That Hill” è diventata una delle sequenze più iconiche dell’intera serie.
La battaglia finale e la voragine su Hawkins
Nel climax, Eddie si sacrifica suonando un assolo metal nell’Upside Down per proteggere Dustin. Max arriva vicina alla morte e rimane in coma, mentre l’Upside Down si riversa nel mondo reale attraverso una gigantesca spaccatura.
Temi, limiti e riflessioni critiche
Il “problema dei sacrificabili”
La serie tende a introdurre personaggi secondari carismatici solo per eliminarli nel finale, creando un effetto prevedibile e poco bilanciato rispetto alla protezione quasi totale del cast principale.
L’eredità di Stephen King
Pur omaggiando King, Stranger Things spesso ne fraintende l’anima politica. Nei racconti di King, il male nasce da sistemi sociali corrotti e dal trauma, mentre la serie livella le esperienze, presentando tutte le forme di emarginazione come equivalenti.
Una stagione imperfetta ma potente
Nonostante alcune criticità tonali e morali, la quarta stagione resta avvincente, emotivamente coinvolgente e visivamente impressionante. In vista della quinta stagione, il pubblico è pronto a un finale che promette nostalgia, epica e nuove ferite emotive.
