Alien: Pianeta Terra segna un momento importante nella storia del franchise, portando per la prima volta l’orrore e la tensione tipici della saga direttamente sul nostro pianeta. Ambientata nel 2120, appena due anni prima degli eventi del primo film con Ellen Ripley, la serie creata da Noah Hawley non si limita a sfruttare il fascino del mostro più iconico della fantascienza, ma costruisce un mondo complesso in cui la minaccia aliena si intreccia con conflitti politici, interessi aziendali e dilemmi etici. L’autore, già noto per la capacità di rinnovare universi narrativi consolidati, affronta la sfida con un approccio personale, privilegiando i personaggi e le dinamiche sociali rispetto alla pura spettacolarità, che comunque ha diversi momenti da protagonista.
La Terra del futuro mostrata dalla serie è dominata da gigantesche corporazioni che agiscono come entità sovrane, controllando intere città e risorse. È un contesto in cui il confine tra potere economico e politico è del tutto scomparso, e in cui la sopravvivenza individuale è costantemente condizionata dalle decisioni di pochi. In questo scenario, il crash di una nave Weyland-Yutani diventa l’evento scatenante di una spirale di tensione che coinvolge umani, creature extraterrestri e nuove forme di vita sintetiche.
Sorella e fratello, un legame spezzato e ritrovato
Al centro della trama troviamo Wendy, interpretata con intensità da Sydney Chandler. In vita, era una ragazza malata terminale; ora, la sua coscienza è stata trasferita in un corpo sintetico, frutto di un esperimento condotto dalla corporazione Prodigy. La sua nuova condizione le conferisce forza e resistenza sovrumane, ma la pone anche in una zona grigia tra umanità e macchina, dove la nostalgia per ciò che ha perso convive con la curiosità per ciò che potrebbe diventare.
Il fratello, Hermit
(Alex Lawther), la crede morta e ignora che lavora
per la stessa azienda che lo impiega come medico. Il loro incontro
è uno dei momenti più toccanti della serie, e diventa il filo
conduttore che attraversa la storia. Attraverso i due fratelli,
Hawley esplora il concetto di famiglia in un mondo dove la biologia
non è più l’unico elemento che definisce i legami, strizzando
evidentemente l’occhio alla contemporaneità.
Parallelamente, Wendy guida un piccolo gruppo di altri “ibridi”, bambini malati trasformati in corpi adulti sintetici. La loro ingenuità infantile contrasta con l’aspetto fisico e con le capacità da combattenti, generando momenti di tenerezza ma anche inquietudine, soprattutto quando si confrontano con la brutalità degli eventi.
Alien: Pianeta Terra mette corporazioni contro alieni
Il conflitto principale non mostra solo il “classico” conflitto tra umani e Xenomorfi. La rivalità tra Prodigy e Weyland-Yutani, due giganti industriali con metodi spietati, crea un terreno fertile per intrighi, tradimenti e giochi di potere. La lotta per il controllo della nave precipitata — e del suo carico di organismi alieni — scatena una guerra silenziosa fatta di sabotaggi, missioni rischiose e manipolazioni.
Gli alieni trasportati dalla nave includono non solo il famigerato Xenomorfo, ma anche altre specie altrettanto minacciose, frutto di un immaginario visivo disturbante e originale. Ogni creatura viene trattata non come semplice “mostro da combattere”, ma come un enigma biologico, una variabile imprevedibile capace di alterare gli equilibri di potere. Questo approccio arricchisce l’universo narrativo e amplia la gamma di minacce percepite.
Hawley non rinuncia a sequenze di puro orrore corporeo, con attacchi improvvisi e momenti di tensione claustrofobica, ma le inserisce in un contesto più ampio, dove la vera minaccia è la volontà delle corporazioni di sfruttare qualsiasi forma di vita, umana o aliena, per ottenere profitto o potere.
Temi profondi sotto la superficie dell’orrore
Uno degli aspetti più interessanti di Alien: Pianeta Terra è il modo in cui tratta i sintetici ibridi non come meri strumenti narrativi, ma come protagonisti di un percorso di identità e scoperta. Bambini intrappolati in corpi adulti, questi personaggi mantengono curiosità, linguaggio e spontaneità infantile, generando momenti di umorismo involontario e vulnerabilità emotiva.
Attraverso di loro, la serie riflette su questioni come la definizione di umanità, il valore della memoria e la possibilità — o l’illusione — dell’immortalità. Poiché i sintetici non sono prede naturali degli Xenomorfi, la tensione tradizionale della saga si trasforma in una sfida più filosofica: in che misura due forme di vita “non umane” possono trovare un terreno comune di sopravvivenza contro il dominio umano?
Il personaggio di Kirsh
(Timothy
Olyphant), un sintetico di vecchia generazione
incaricato di sorvegliare i giovani ibridi, funge da ponte tra
passato e futuro della saga. Con ironia e distacco, guida i ragazzi
verso un’accettazione della loro condizione, pur consapevole che il
mondo che li circonda non è pronto ad accoglierli.
Spettacolo visivo e costruzione del mondo
La produzione è di altissimo livello e si percepisce lo sforzo nel creare un mondo coerente e visivamente suggestivo. Le scenografie, che alternano ambienti urbani futuristici a spazi industriali decadenti, evocano tanto il cupo estetismo dei primi film della saga quanto suggestioni cyberpunk alla Blade Runner. La nave Weyland-Yutani incastrata in una zona commerciale di lusso è un’immagine simbolo della serie, capace di sintetizzare collisione tra tecnologia, capitalismo e rovina.
Gli effetti speciali sono credibili e disturbanti, soprattutto nella resa delle nuove creature, alcune delle quali introducono forme di minaccia del tutto inedite. Sebbene nessuna riesca a eguagliare l’iconicità della prima apparizione di un chestburster, il design e la messa in scena dimostrano un’attenzione maniacale al dettaglio.
Un esperimento riuscito, con margini di crescita
Alien: Pianeta Terra è ambiziosa, riesce a bilanciare fedeltà alla saga originale e voglia di esplorare nuovi territori narrativi. La scelta di portare l’azione sulla Terra e di concentrarsi sugli ibridi sintetici apre possibilità inedite e introduce tematiche più ampie rispetto alla classica lotta uomo–alieno.
Nonostante qualche problema di ritmo e la perdita parziale della claustrofobia tipica dei capitoli cinematografici, Alien: Pianeta Terra colpisce per profondità dei personaggi, ricchezza visiva e capacità di espandere l’universo Alien senza tradirne lo spirito. Hawley dimostra ancora una volta di saper trasformare un’icona del cinema in un racconto seriale complesso, emozionante e visivamente potente.
Alien: Pianeta Terra
Sommario
Alien: Pianeta Terra è ambiziosa, riesce a bilanciare fedeltà alla saga originale e voglia di esplorare nuovi territori narrativi