Dune: Prophecy, recensione delle prime quattro puntate della serie HBO

La serie arriva su NOW e Sky dal 18 novembre, con un episodio nuovo ogni lunedì.

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Con Dune: Prophecy, HBO ci riporta nel vasto e affascinante universo creato da Frank Herbert, e di recente esplorato al cinema da Denis Villeneuve con i suoi film (in fase di scrittura dovrebbe esserci anche il terzo capitolo). La serie, disponibile su Sky e NOW dal 18 novembre 2024 con il primo episodio, ci invita a un viaggio che precede di 10.000 anni la nascita di Paul Atreides, concentrandosi sulle origini della potente sorellanza delle Bene Gesserit. Basata sul romanzo Sisterhood of Dune di Brian Herbert e Kevin J. Anderson, la serie segue le vicende legate alle sorelle Valya e Tula Harkonnen, accomunate dal sangue e da un innegabile affetto, ma divise da ambizioni e strategie su come ottenere i propri risultati.

 

Dune: Prophecy racconta un mondo tra potere e introspezione

Nonostante la serie si proponga l’importante ambizione di raccontare l’origine di uno degli aspetti più affascinanti dell’universo di Dune, la nascita delle Bene Gesserit, la serie non ha l’aria solenne che invece Villeneuve ha adottato per il suo sguardo al franchise. I primi quattro episodi visti in anteprima rivelano una storia ricca di intrighi politici e dinamiche personali, una dicotomia che rievoca più Il trono di Spade che l’estetica filosofeggiante dei romanzi di Herbert. HBO ha costruito su questo tipo di intrecci una delle serie di maggiore successo degli ultimi anni, e quindi non sorprende che l’approccio adottato sia tale. La spettacolarità visiva è messa da parte in favore di aspetti soapoperistici, alcune trovate ingenue ma un risultato dignitoso soprattutto per quello che riguarda il modo in cui vengono tratteggiate le protagonisti, a cavallo tra passato e presente.

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La serie si focalizza sull’ambiziosa Valya Harkonnen (una magistrale Emily Watson), figura centrale nella nascita della Sorellanza, e su sua sorella Tula (Olivia Williams), con la quale ha un rapporto conflittuale eppure di grande lealtà e affetto. Le due interpreti chiamate a dare vita a questi due personaggi si distinguono per la grande capacità di mettere in scena forti contrasti ed emozioni con una recitazione composta e misurata, che si fonda molto sulla forza dello sguardo e dei micro gesti. Sullo sfondo, un’umanità segnata da ambizioni imperiali, patriarcato opprimente e l’immancabile influenza della spezia di Arrakis, il vero motore dell’universo di Dune, l’elemento che dà poteri sovrumani e permea di desiderio di potere tutti i cuori più deboli.

Dune: Prophecy – Cortesia di Sky

Intrighi di palazzo e produzione di alto livello

Quello che colpisce in negativo di Dune: Prophecy è senza dubbio la sceneggiatura che per necessità di impostare un nuovo livello di un universo conosciuto finisce per essere verbosa rallentando l’azione. Seppure solida, viene appesantita da dialoghi/spiegazioni che non rendono dinamico il racconto. Questo aspetto ostico e contrario all’azione offre però la possibilità di dare molta voce e struttura ai personaggi, mostrandone le complessità e le ragioni in maniera esaustiva e dettagliata. Da un punto di vista visivo invece la serie si impegna a offrire una continuità con quanto visto al cinema.

L’estetica è quindi essenziale ed elegante, e indugia sui costumi con particolare ricercatezza e ricchezza di dettagli che però risentono di quando realizzato da Villeneuve: il risultato è un mondo in cui l’unica cosa stravagante è il guardaroba di alcuni personaggi, ma in cui non c’è nessuna differenza di etnia e provenienza, nonostante le origini letterarie richiedano diversamente. Come visto in Dune di Villeneuve e in Dune di Lynch prima di lui, le Bene Gesserit sono caratterizzate da abiti monacali, lunghi e neri, che simboleggiano il loro stile di vita austero ma anche il loro modus operandi nella storia dell’umanità: operano nell’ombra dei loro segreti, manovrando gli imperi.

Uno sguardo alla contemporaneità

Il richiamo a Il Trono di Spade si fa sentire anche negli elementi più controversi: sesso, violenza e intrighi sono centrali nella narrazione, anche se sembra meno cruento della serie basata sui romanzi di Martin in ognuno di questi aspetti. Dune: Prophecy riesce a trovare una sua identità esplorando temi che parlano in maniera molto chiara alla contemporaneità, con riflessioni molto specifiche sull’oppressione patriarcale e l’ambigua moralità del potere. Questa scelta contribuisce a rendere la serie affascinante per chi cerca una narrazione complessa e ingaggiante, ma risulterà certamente una delusione per chi sperava in un approccio più epico e meno dialogico.

Dune: Prophecy – Cortesia di Sky

Uno sguardo al futuro

I primi quattro episodi di Dune: Prophecy lasciano intravedere il potenziale di una narrazione più ampia e profonda. Il personaggio di Valya Harkonnen emerge come il fulcro del racconto, incarnando il fascino e le contraddizioni della Sorellanza nascente. Tuttavia, sembra che per il momento la serie si sia concentrata sul posizionamento del pezzi su una complessa e accidentata scacchiera. Resta da vedere se le pedine, una volta disposta, riusciranno a dare vita a una partita avvincente.

Dune: Prophecy
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Sommario

Dune: Prophecy si concentra sulla verbosità di dialoghi complessi che se da una parte accantonano l’azione e l’epica, dall’altra permettono ai personaggi di spiegarsi in tutte le loro contraddizioni e complessità.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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