Con Liam Neeson passato dall’altra parte della barricata, come erede del Frank Drebin nella nuova pallottola spuntata, chissà che non ci si debba aspettare di vedere Bob Odenkirk a guidare la futura saga action che potrebbe seguire Io sono nessuno 2, sequel dell’eccezionale e sorprendente Nobody (questo il titolo originale) che nel 2021 aveva rivelato al mondo le doti di agente segreto – per non dire di spietato killer professionista – dell’ex Saul Goodman. Che oggi torna a vestire i panni di padre e marito un po’ particolare, meno placido di quel che potrebbe apparire e capace di tutto per proteggere i propri figli e le vacanze di famiglia così faticosamente organizzate.
Il ritorno di Hutch Mansell
Quattro anni dopo aver avuto a che fare con la mafia russa, infatti, Hutch Mansell (Odenkirk) è ancora costretto a ritmi di ‘lavoro’ forsennati per ripagare il debito di circa 30 milioni di dollari e ad affrontare una serie di colpi ai danni di criminali internazionali che pare non finire mai. Ma un ruolino di marcia tanto intenso non poteva non avere ripercussioni sul quotidiano suo e dei suoi cari, dalla moglie Becca (Connie Nielsen), che piano si sta allontanando da lui, ai loro figli (Gage Munroe e Paisley Cadorath).
Quale momento migliore quindi per una piccola pausa e una rigenerante fuga nel suo posto felice? Quel Wild Bill’s Majestic Midway and Waterpark dove lui e e suo fratello Harry (RZA) trascorrevano le vacanze da bambini con il rude padre David (Christopher Lloyd). Che fa parte della carovana dei Mansell all’arrivo nella piccola città turistica di Plummerville, quando un piccolo screzio si rivela essere la scintilla che scatena un incendio imprevedibile, nel quale saranno coinvolti piccoli teppisti, poliziotti corrotti, loschi imprenditori e la boss del crimine più folle e sanguinaria che Hutch abbia mai incontrato, la Lendina interpretata da una algida e cattivissima Sharon Stone.
Una vacanza esplosiva
Solo accennare ai personaggi coinvolti nel tourbillon diretto da Timo Tjahjanto (La notte viene per noi, May the Devil Take You) potrebbe far girare la testa, e non li abbiamo citati nemmeno tutti! Tranquilli, non c’è pericolo di confondersi o perdersi tra complicati intrighi o affollate e interminabili scene di combattimento, la sceneggiatura firmata da Aaron Rabin (Tom Clancy’s Jack Ryan) insieme all’autore originale Derek Kolstad (non a caso creatore anche di John Wick) poggia su basi solide quanto elementari, vera forza di questo secondo capitolo. Come della saga che ipoteticamente potrebbe seguire, sicuramente divertente e trascinante fin quando resterà fedele a sé stessa.
Prima che a quella (la saga), intanto, a questo (sequel) si potrà però contestare una certa – quanto comune all’ampia concorrenza dei più grigi e ritriti action-thriller in circolazione – poca originalità, ma dopo essersi giocati l’effetto sorpresa nel primo capitolo, era inevitabile che venisse a mancare la forza dirompente dell’entrata in scena del padre-marito-assassino-workaholic protagonista. Facile prevedere le sue reazioni in certe situazioni, meno forse la scala che queste assumono in alcuni casi, ma a chi importa? E fa bene il film a non preoccuparsene, regolandosi di conseguenza e lasciandosi andare sin dalle prime immagini a uno sfrenato autocitazionismo, giocando con i dettagli, lo stile, le riprese e le inquadrature, fino a una serie di scene nelle quali i ‘rumori fuori scena’ o le coreografie orchestrate ricorderanno ai più le scazzottate di Bud Spencer, con buona pace di ambizioni e virtuosismi registici.
Troppi diavoli nell’Inferno di Plummerville
Meno difendibili potrebbero essere le scelte fatte nello sviluppo della vicenda, della quale – come spesso accade – è la premessa a catturare, una parte preparatoria nella quale scopriamo le tensioni familiari e generazionali della famiglia Mansell, arrivando a intuire alcuni scheletri nell’armadio di casa, ai quali ci si dedicherà nelle successive porzioni. Altrettanto scontate, probabilmente, di questa prima, eppure meno snelle (per non usare l’aggettivo “noiose” che il film non merita di certo). Forse per un accumulo di personaggi che pochi Team Up potrebbero sostenere, forse per la caratterizzazione stereotipata di molti di essi (anche se lo sceriffo psicopatico fa sempre la sua figura) e per la smaccata tendenza ad assegnare ruoli chiave alle donne in scena, praticamente tutte.
Tutto funziona, come detto, e si arriva con buono slancio a una conclusione che difficilmente lascerà scontenti gli spettatori. Che però rischiano di scoprirsi meno entusiasti di quel che furono e di quanto si erano illusi sarebbero poi stati dopo la prima mezz’ora di film. Un ‘Magnifici sette‘ (o 4+1, meglio) ricco di cliché e di promesse mantenute, e di una cattiva da fumetto, tanto fascinosa e magnetica quanto bidimensionale, a interpretare la quale Sharon Stone sembra essersi divertita non poco, oltre a consolarsi dell’occasione sfuggita nel deludente Blue Beetle (dove la villain fu poi Susan Sarandon). Per fortuna c’è lui, c’è Bob, con le sue smorfie, il suo carisma e uno stile unico, che difficilmente vedremo ripercorrere la parabola di Liam Neeson – per quanto il rischio di sequel manierati sia forte – e che potrebbe invece aprire le porte a un franchise capace di sintetizzare dark comedy e action raccogliendo il testimone che Keanu Reeves non ha mai veramente portato.
Io sono nessuno 2
Sommario
Bob Odenkirk potrebbe invece aprire le porte a un franchise capace di sintetizzare dark comedy e action raccogliendo il testimone che Keanu Reeves non ha mai veramente portato