A colmare almeno in parte tale lacuna arriva INVERSO – The Peripheral, serie prodotta da Amazon Prime Video che vede protagonisti Chloë Grace Moretz e Jack Reynor, con il supporto prezioso di Eli Goree, Gary Carr, Chris Coy e soprattutto T’Nia Miller.
INVERSO – The Peripheral – la trama
Difficile, quasi impossibile riassumere la storia dello show, tanto complessa e articolata si rivela la trama dell’adattamento da Gibson. Al centro della storia ci sono i due fratelli Flynne (Moretz) e Burton Fisher (Reynor), i quali attraverso un meccanismo di (presunta) realtà virtuale si trovano coinvolti in un intrigo più grande di loro, un gioco di potere che coinvolge criminali, assassini, marchingegni che posseggono il potere di trasferire la mente di una persona non soltanto in un corpo diverso, ma anche in un altro tempo.
Diviso in due ambientazioni molto precise e antitetiche tra loro, INVERSO – The Peripheral possiede almeno in parte quello che la fantascienza e in generale ogni prodotto fantastico dovrebbe avere, ovvero una messa in scena che si fa metafora capace di diventare specchio del nostro tempo. Da una parte c’è l’America rurale, che stenta a sbarcare il lunario, dove le uniche soluzioni per tenere lontana la fame della povertà sono l’esercito o il crimine; dall’altra invece la Londra elegante e ricca dove si muovono coloro che controllano denaro e potere, e di conseguenza la vita degli altri. Molti altri.
Un’America rurale nello scenario sci-fi
Se quest’ultimo setting serve principalmente a fornire a INVERSO – The Peripheral l’estetica del prodotto sci-fi e l’azione più spettacolare, è la prima a costituire il cuore pulsante dell’operazione. I giovani personaggi che hanno dato tutto o quasi alla patria, usciti dall’ennesima guerra devastati nell’anima quanto nel corpo, rappresentano in filigrana piuttosto chiaramente quello che è successo negli Stati Uniti negli ultimi vent’anni, a partire dall’invasione di Afghanistan e successivamente Iraq. Anche se alla lontana, e ovviamente con le dovute proporzioni, lo show si riallaccia a quella rappresentazione del Paese rurale e sull’orlo del baratro che molto bene è stata esposta negli ultimi anni da alcuni film indipendenti, primo tra tutti Un gelido inverno di Debra Granik.
INVERSO – The
Peripheral racconta gli stenti, la durezza della
vita, le decisioni prese perché non se ne possono scegliere altre
di strade: dietro la confezione sci-fi, la serie lo espone in
maniera sorprendentemente profonda. Peccato che tale lucidità nello
sguardo traslato sul presente non sia purtroppo supportata dalla
parte “virtuale” che vede Londra come teatro principale: in questo
caso il divertimento propriamente legato al genere è garantito, ma
al tempo stesso proprio tale conformità rende lo spettacolo più
lieve, forse addirittura superficiale. Tale dualità incide sulla
riuscita complessiva del progetto che vede coinvolti Jonathan Nolan
e Lisa Joy, anche se bisogna ammettere che il contrasto creato dai
due universi si sviluppa con discreta energia propositiva.
I protagonisti sono il punto forte
Il punto però veramente forte di INVERSO – The Peripheral sono i due protagonisti, sorprendentemente affiatati e capaci di mostrare tutte le pieghe di un rapporto fratello/sorella profondo anche se contrastato, cementato dal dolore e dalle difficoltà. La Moretz fornisce la prova migliore da anni a questa parte, mentre Reynor conferisce al suo personaggio un carisma e una stringatezza a tratti davvero impressionanti.
Buon prodotto di fantascienza, sviluppato con intelligenza e attenzione all’estetica della confezione, INVERSO – The Peripheral offre uno spettacolo perfetto per chi cerca intrattenimento adulto e non scontato. E per coloro che cercano un prodotto capace di gettare uno sguardo non preconcetto al mondo che stiamo vivendo dietro la lente del genere, questo show può riservare più di una sorpresa.