Lotta continua, recensione del docufilm della Rai

Un tuffo nel passato di uno dei periodi più bui per l’Italia dopo la Seconda guerra mondiale

Lotta continua

Presentato il 2 dicembre al Torino Film Festival come fuori concorso, Lotta continua è un documentario prodotto da Rai documentari e rai play, diretto da Tony Saccucci. Il film si basa su fatti realmente accaduti, su testimonianze dirette di alcuni ex militanti e sul libro I ragazzi che volevano fare la rivoluzione di Aldo Cazzullo. Lotta continua racconta, attraverso figure come i giornalisti Giampiero Mughini ed Erri De Luca o l’ex parlamentare Marco Boato, la creazione di Lotta continua, una delle maggiori formazioni extraparlamentari di orientamento comunista rivoluzionario nel periodo tra il 1969 ed il 1976

 

Lotta continua: gli inizi

Gli albori di Lotta continua si ritrovano non tra gli studenti universitari, che poi ne prenderanno la direzione, bensì nelle fabbriche. Nel 1969 a Torino sorge una delle maggiori fabbriche a livello nazionale: l’industria Fiat. Basata sul modello di industria fordista, in questa fabbrica lavorano operai poco specializzati, provenienti dalle classi più povere, spesso immigrati dal sud Italia. Costretti a lavorare per lunghi turni, svolgendo sempre la stessa mansione in una ferrea catena di montaggio, alienandosi nel loro stesso lavoro, producendo beni che non gli potranno mai appartenere. La situazione di tensione e malcontento sfocia nei primi scioperi e tentativi di sabotaggio della produzione, con ingenti perdite da parte della Fiat. A questi si affiancheranno gli studenti universitari, i giovani che lottano per una società più equa e per i loro diritti.

Lotta continua
I militanti di Lotta continua durante una manifestazione

Una parabola discendente: dall’inizio degli scontri allo scioglimento di LC

3 luglio 1969: gruppi studenteschi ed operai della Fiat organizzano una grande manifestazione a Torino per denunciare le condizioni dei lavoratori. A Corso Traiano vengono caricati con forza dalle forze di polizia con particolare violenza, con idranti, lacrimogeni. Da questo momento, parte un’escalation di lotta armata che porterà alla morte di numerosi “compagni”, tra cui l’appena diciottenne Piero Bruno nel 1975, durante una piccola manifestazione contro l’ambasciata dello Zaire (attuale Repubblica del Congo), e il ferroviere Giuseppe Pinelli nel 1969. Per vendicare quest’ultimo, nel 1972 venne ucciso il commissario Luigi Calabresi da alcuni militanti di Lotta Continua perché considerato responsabile della morte del compagno Pinelli. La morte del ferroviere durante il suo fermo in questura resta ancora un mistero.

Dal 69 la militanza di Lotta continua si espande da Torino a tutta l’Italia e viene appoggiata da altri gruppi di lavoratori, operai di altre fabbriche che vivono nelle stesse alienanti condizioni di lavoro. Per quanto le forze armate provino a portare avanti dure repressioni delle manifestazioni, la lotta continua tramite manifestazioni, volantini ed un giornale, in cui vengono espresse in maniera esaltata tutte le idee del gruppo politico.

Con lo svilupparsi da un lato dei gruppi radicali di impronta terrorista, le Brigate rosse, e dall’altro dei movimenti femministi, il cerchio di vita di Lotta continua si chiude con il secondo congresso generale a Rimini nel 1976. Sconfitti alle elezioni politiche, ottenendo solo il due percento, non volendosi schierare né con le forze nazionali, né con i militanti terroristi, il gruppo di sinistra finisce per disgregarsi.

La forza di un’idea

Lotta continua è un articolato docufilm che alterna vecchi video, spezzoni di telegiornali o video di militanti, agli interventi di coloro che hanno vissuto quegli anni, hanno vissuto dentro il movimento. Il documentario trasmette molto allo spettatore: il coraggio, la forza di volontà di dare tutto, in alcuni casi anche la vita per una causa, per un’idea. Ciò non significa che il film in sé sia un semplice inneggiare a Lotta continua ed alla bontà dei loro principi: gli stessi intervistati fanno emergere quelle che divennero le problematiche maggiori del movimento. Si trattava pur sempre di giovani, esaltati dalla lotta per la giustizia, che manifestavano per avere una società migliore, che però agivano guidati dalla loro rabbia. Per quanto l’ideale della salvaguardia dei diritti dei lavoratori fosse un giusto motivo per manifestare ed agire, la militanza di Lotta continua è negli anni sfuggita di mano, causando la morte di molte persone e non ottenendo i risultati sperati. Documentari come questo ci permettono di ricordare una parentesi molto buia della storia del nostro paese dopo la Seconda guerra mondiale, ma anche di riflettere sulla rilevanza che può avere il diritto a manifestare pubblicamente la propria opinione per portare il cambiamento. Alla fine, le vere riforme partono sempre, dal deviante, dal dissenziente.

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