Sherlock 4×03: recensione dell’episodio “Il problema finale”

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Non è uno dei vostri casi idioti!” urla Mycroft Holmes ai protagonisti e così al pubblico di Sherlock 4×03, tirato ancora una volta all’interno della narrazione e ammonito ripetutamente per le sue critiche alla scelta dello show di non preservare una struttura più canonica e lanciarsi in continue sperimentazioni.

 
 

Steven Moffat e Mark Gatiss non si sono però mai lasciati intimorire e hanno continuato per la loro strada, spingendo al massimo il pedale sullo sviluppo dei personaggi e rendendo questa quarta stagione di Sherlock uno studio profondo non solo sulla nuova umanità del Detective interpretato da Benedict Cumberbatch, già raggiunta nella terza serie e qui esplorata al massimo delle sue possibilità, ma anche degli altri protagonisti.

La conclusione dello show

Trovare spunti esplosivi per innescare gli step psicologici necessari rinunciando con coscienza allo scheletro di supporto di una trama equilibrata comporta però dei rischi e mai come in The Final Problem – Il Problema Finale: la scatenata corsa al colpo di scena si avvita su sé stessa e procede spedita abbandonando lo spettatore a metà strada, rinuncia a prenderlo per mano e a renderlo partecipe degli eventi seminando tracce e indizi che possano permettergli di guardare attraverso il prestigio e di comprendere i propri errori, fornisce informazioni che arrivano da molto, troppo lontano e ci chiede di assimilarle per apprezzarne l’intelligenza e l’arguzia negandoci le chiavi per aprire la fortezza.

Sherlock 4×03 – la storia

Euros Holmes (interpretata con la giusta allucinazione da Sian Broke), psicopatica e intelligente ben oltre i fratelli, ben oltre Moriarty e ben oltre l’umana comprensione (la finezza di ragionamento dei due Holmes più famosi è sempre stata empiricamente comprensibile, per quanto eccezionale) sfoga il suo gioco di potere su Sherlock, Mycroft e John con l’eleganza di un Hannibal Lecter al comando di versione più soft di Saw L’Enigmista, una scatola di tortura lunga oltre 60 minuti che stressa allo stremo e non risparmia sofferenza gratuita nemmeno alla povera Molly Hooper, psicologicamente vessata (e tristemente trascurata dagli autori, a dispetto di una terza serie che davvero aveva saputo darle luce e sostanza) in quei sentimenti mai sopiti che hanno riempito il suo personaggio di delicatezza ma anche di carattere e determinazione. Nel mentre, le rivelazioni si snodano e la soluzione arriva virando al canone con riferimenti numerosi (il Cerimoniale dei Musgrave, il Mistero della Gloria Scott in cui compare la figura di Victor Trevor) ma non nutriti adeguatamente da un’opportuna contestualizzazione che ci consenta di goderci fino in fondo il divertimento e apprezzare il colpo di scena come si vorrebbe, lasciandoci abbagliati dal flash della rivelazione senza che ne consegua una messa a fuoco sincera.

I protagonisti

Apprezzabili oltre misura restano invece i personaggi, giunti a un livello di maturazione e presa di coscienza encomiabile: se conoscevamo già il cuore di Sherlock e sapevamo da tempo che John è ormai per lui ben più che un fratello, vedere Mycroft Holmes rivelare il suo e uscire allo scoperto come l’uomo nobile e coraggioso che avevamo sempre immaginato è stato straordinario. L’ultimo messaggio di Mary, ennesima registrazione opportunamente funzionale ma comunque gradita è il monito definitivo che consacra i protagonisti alla Leggenda e affida la serie alla clemenza e all’affetto degli spettatori.

Sherlock 4×03 non è un episodio perfetto, trabocca della tracotanza degli sceneggiatori e di una vanità barocca che Sherlock ha sempre posseduto ma che viene qui portata allo stremo oltre i confini del canone e in nome dell’amore per i caratteri del detective, finalmente un brav’uomo e non solo una mente brillante, e del dottore che non era mai tornato dalla guerra e che ha trovato nell’amico la ragione di vita che aveva perduto; eppure, qualunque cosa accada e per quanto gli adattamenti decidano di spingersi oltre e tentare nuove strade attraverso il cinema, la televisione, il teatro o persino romanzi e componimenti apocrifi, l’unica cosa che conta è il Mito e il fatto che questo non morirà mai, perché Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch) e John Watson (Martin Freeman) saranno sempre i nostri Baker Street Boys e potremo sempre ritrovarli, seduti nelle loro poltrone e intenti a riflettere su un caso irrisolvibile, per alleviare il tarlo rodente di una quotidianità priva di brividi e avventure: l’Avventura con la A maiuscola che Sherlock ha saputo rendere reale, quella per la quale saremmo per sempre grati.

Sommario

Sherlock Holmes e John Watson saranno sempre i nostri Baker Street Boys e potremo sempre ritrovarli, seduti nelle loro poltrone e intenti a riflettere su un caso irrisolvibile, per alleviare il tarlo rodente di una quotidianità priva di brividi e avventure
Alessia Carmicino
Alessia Carmicino
Nata a Palermo nel 1986 , a 13 anni scrive la sua prima recensione per il cineforum di classe su "tempi moderni": da quel giorno è sempre stata affetta da cinefilia inguaribile . Divora soprattutto film in costume e period drama ma può amare incondizionatamente una pellicola qualunque sia il genere . Studentessa di giurisprudenza , sogna una tesi su “ il verdetto “ di Sidney Lumet e si divide quotidianamente fra il mondo giuridico e quello cinematografico , al quale dedica pensieri e parole nel suo blog personale (http://firstimpressions86.blogspot.com/); dopo alcune collaborazioni e una pubblicazione su “ciak” con una recensione sul mitico “inception” , inizia la sua collaborazione con Cinefilos e guarda con fiducia a un futuro tutto da scrivere .

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Sherlock Holmes e John Watson saranno sempre i nostri Baker Street Boys e potremo sempre ritrovarli, seduti nelle loro poltrone e intenti a riflettere su un caso irrisolvibile, per alleviare il tarlo rodente di una quotidianità priva di brividi e avventureSherlock 4x03: recensione dell'episodio "Il problema finale"