The Crown Stagione 6 Prima Parte: recensione della serie Netflix

Disponibili dal 16 novembre i primi 4 episodi della stagione conclusiva dello show di Peter Morgan.

The Crown sesta stagione parte 1
© Netflix

Era davvero difficile per The Crown Stagione 6 Prima Parte evitare la forza di gravità generata dalla presenza di Diana e dalla sua tragica vicenda personale e infatti la serie, disponibile dal 16 novembre su Netflix, si lascia trascinare nel vortice con al centro la Principessa Triste senza neanche opporre resistenza. La figura della Corona, di Elisabetta II, finisce quindi in secondo piano, e in questa prima parte di stagione sarà relegata al ruolo di “reazione agli eventi”, a quello che si è fatto in reazione alla morte di Lady D. Dopotutto, quei giorni non furono soltanto devastanti per i giovanissimi William e Henry, non furono solo dolorosi per la famiglia Spencer e per il mondo intero innamorato di Diana, ma furono anche decisivi per quella che sarebbe stata la sorte della Monarchia Britannica che registrava una popolarità ai minimi storici.

 

Così, la prima parte della stagione conclusiva dello show di Peter Morgan diventa il racconto teso e dal finale ineluttabile delle ultime ore di vita della Principessa del Galles, con al centro la sua storia d’amore con Dodi.

The Crown Stagione 6 Prima Parte, una prima volta

Per la prima volta nel suo lungo corso, The Crown suddivide l’arco narrativo di una stagione in due parti. Il senso dell’operazione è presto rintracciato nel fatto che, sia da un punto di vista narrativo che da quello promozionale, i due blocchi rappresentano gli ultimi eventi importanti nella vita di Elisabetta II che, lo ricordiamo, rimane il focus della serie. La Corona infatti è il centro del racconto, e la deviazione su Diana appare un doveroso tributo non tanto alla donna reale, quanto al peso che la sua vicenda ha avuto nella vita della Corona e al pubblico che non vedeva l’ora di farsi raccontare una storia che conosce bene e della quale è stata in qualche misura testimone.

Anche la struttura antologica, che aveva caratterizzato le splendide terza e quarta stagione è ormai un ricordo. The Crown Stagione 6 Prima Parte è un flusso narrativo che trabocca da un episodio all’altro con una continua tensione sottesa alle immagini, anche a quelle più solari e calme, una forza ineluttabile che costruisce il climax atteso e temuto e che ribalta, o meglio, rimette in asse, la prospettiva del racconto. Così Imelda Stauton, interprete sempre troppo poco celebrata per l’eccellente lavoro in questa serie, rimane ai margini, un po’ come Elisabetta II in Scozia, in “ritiro”, in attesa del suo ritorno alla scena, in quel discorso alla nazione che la Sovrana proclamò nel giorno dei funerali di Stato di Diana, un ritorno che nella Storia, con il senno di poi, ha significato salvare la Monarchia, ma che nell’economia della serie opera appunto il citato ritorno in asse del flusso narrativo della serie e rimette al centro la Corona.

Daniel Escale © Netflix / LeftBank

Il cuore della storia è la relazione tra Dodi e Diana

Il cuore di The Crown Stagione 6 Prima Parte è però costruito sulla relazione tra Dodi, suo padre e Diana. Una storia d’amore e di narcisismo, da come l’hanno immaginata gli showrunner, che nulla ha a che vedere con la narrazione romanticizzata dei giornali, nelle ore successive al tragico incidente nella galleria sotto il Ponte de l’Alma. Dal momento che giustamente ci si muove all’interno di una fiction ispirata a racconti reali, gli showrunner hanno avuto modo di costruire la loro versione di una storia la cui verità si è spenta sotto quel tunnel, creando così un racconto molto più interessante e articolato rispetto a quello che ci si poteva aspettare da una trasposizione pigra. La storia di un giovane ereditiere con la passione per il cinema che è spinto da suo padre a mettere a segno un matrimonio strategico per poter aprire al padre stesso le porte della sua definitiva scalata sociale, rappresentata dall’ottenimento della cittadinanza britannica.

Scegliere questa chiave per mettere in scena la breve relazione tra Dodi e la Principessa ha permesso allo show di mettere la sua Diana-personaggio in una situazione per molti versi simile a quella che da molto giovane aveva già vissuto con Carlo e con la Famiglia Reale. Questa volta però Diana ha la forza e la consapevolezza di uscirne, di fare una scelta e di autodeterminarsi. Un’evoluzione che la vita non ha concesso alla donna ma che gli autori concedono al personaggio, pur non cambiandone le sorti. In questo quadro non emerge certo bene la figura del magnate arabo: Mohamed è a tutti gli effetti il cattivo nella storia di Diana e Dodi, l’artefice, colui che tiene in trappola il figlio che a sua volta tenta di mettere in catene la principessa. Perché, in fin dei conti, ogni eroe ha bisogno di un cattivo da sconfiggere, anche se le principesse, oggi più che mai, imparano a salvarsi da sole.

In questi dettagli di storia immaginati, nel punto di vista adottato, nel dar voce persino ai giornalisti/carnefici: in queste scelte si intercetta la vera grandezza dello show Netflix, che se da una parte ha fatto cifra stilistica e identificativa di rigore, eleganza e stile, sia di messa in scena che di rappresentazione, si rivela una continua sorpresa nelle scelte di scrittura, che riescono ad evitare ogni banalità e passo falso.

Il circo mediatico e gli scandali

Accanto agli aspetti immaginati, ci sono anche quelli precisamente rappresentati, così come sono stati vissuti in comunione da tutto il mondo: gli scandali, i giornalacci, i paparazzi, le foto rubate, il circo mediatico messo in piedi intorno alla figura di Diana ha cambiato la storia del medium, soprattutto a seguito dell’incidente e delle sue tragiche conseguenze. Tutto questo viene raccontato con altrettanta grazia ed efficacia, e viene trattato come uno sfondo surreale: una mano enorme e rumorosa continuamente intenta a frugare negli spiragli di vita, tesa a saziare una fame di sapere cosa succedeva dietro quelle finestre, per un assegno lauto, certo, ma anche per offrire alle persone normali un boccone di quel fascino e di quella apparente divinità.

The Crown Elizabeth Debicki
Elizabeth Debicki nella prima parte di The Crown 6

Una donna che entra in possesso della sua esistenza

Ovviamente gran parte del merito va agli interpreti e in particolare modo a Elizabeth Debicki, che questa volta fa sua l’intera scena, senza dover dividere lo spazio con nessuno. Non certo per loro demeriti, Khalid Abdalla, Dominic West e persino i giovani interpreti di William e Henry scompaiono di fronte alla statura (anche fisica) di Debicki, che giocando sui momenti privati, inventati, non documentati e quindi impossibili da imitare, consegna alla storia della tv un ritratto davvero convincente e sfaccettato di una donna che finalmente entra in possesso della sua esistenza.

Con un cambiamento strutturale che ci prepara al gran finale in arrivo il 14 dicembre sulla piattaforma, The Crown Stagione 6 Prima Parte si conferma un prodotto di vanto per Netflix, e in generale una serie che impreziosisce l’intero periodo storico televisivo contemporaneo che, nonostante sia saturo di programmazione, riesce ancora a trovare uno spazio per produzioni che sono effettivamente opere di genio, ingegno e arte, non solo meri prodotti per riempire il palinsesto.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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