Netflix continua con la sua proposta di serie internazionali: dopo Sguardo indiscreto dal Brasile, arriva The Exchange dal Kuwait. Ancora una volta, al centro delle vicende c’è una storia tutta al femminile. L’aspetto esotico e vagamente retrò dello show sicuramente stuzzicherà l’interesse del pubblico: The Exchange è un prodotto alquanto insolito, vediamo perché.

 

The Exchange: la trama

La serie è ambientata nel Kuwait degli anni Ottanta. Nel 1987 una donna trentenne, interpretata da Rawan Mahdi, divorzia dal marito. Costretta a tornare nella casa paterna, Mahdi cerca di dare un nuovo senso alla sua vita da divorziata. Per poter badare alle spese scolastiche della figlia adolescente – e per guadagnarsi un minimo d’indipendenza – la donna ha bisogno di un lavoro. Seguendo la strada della cugina stravagante, la protagonista trova un posto come segretaria alla Borsa del Kuwait. Nel maschilismo generale, le due cugine provano a fare carriera, sfidando tanto i pregiudizi quanto il mercato.

Coloriture insolite

Nel mondo di The Exchange, tutto appare insabbiato, sia a livello visivo che a livello narrativo. Le immagini sono dominate da tinte sabbia, abiti pastello e interni ampiamente illuminati e danno la sensazione di essere stati catapultati in un’insolita fiaba ‘alla Disney”. Le battute, le espressioni e i costumi sono infatti in pieno stile commedia rosa Netflix, un format che ormai invade la piattaforma.

La fin troppo facile scalata verso il successo, la superficialità con cui vengono affrontati temi come divorzio, figli e disparita di genere non fanno che allontanare l’immedesimazione in una vicenda già percepita come lontana ed esotica. Il ritmo è sbrigativo, in sei puntate succede tutto troppo velocemente.

Soldi, quote e sfarzo

La cosa affascinante di The Exchange è il modo di ragionare dei personaggi. Il maschilismo è aggressivo e sfrontato e viene evocato nella serie per essere criticato. Anche la rilevanza che viene data al denaro appare insolita. Tutti i personaggi della storia sono benestanti e vivono circondandosi di oggetti sfarzosi. Nonostante ciò, sono preoccupatissimi per la propria stabilità economica e per la conservazione del proprio status. Anche al di fuori del mercato azionario, le finanze di ognuno sembrano oscillare tra vette e picchi, tra ricchezza reale e sfarzo apparente.

Per molti aspetti è difficile immedesimarsi un modo di pensare così schietto, pragmatico ed economico. Probabilmente, la stessa narrazione risulta molto più efficace se collocata nel contesto di provenienza.

Protagoniste spigolose

La storia presenta delle ottime basi narrative – due donne che sfidano un mondo maschilista – ma rimane sulla superficie. Siamo molto lontani dalla disperazione di un genitore single in stile La ricerca della felicità: Rawan Mahdi, come anche la cugina, sono spigolose e non sembrano mai davvero scalfite dalle difficoltà. Inoltre, il rapporto madre e figlia viene affrontato in modo sbrigativo e lo spettatore rimane un po’ come la figlia della protagonista: in attesa di supporto.

Inoltre, in The Exchange c’è la scalata verso il successo, ma si tratta di un percorso di tutt’altro tipo rispetto a quello al centro di film come Il diritto di contare. In conclusione, Netflix ci consegna un prodotto esotico e affascinante in superficie, ma vuoto di senso profondo: il solito sottofondo ambientale televisivo decisamente troppo poco impegnato.

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