Una famiglia quasi normale: recensione della serie thriller di Netflix

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L’acclamato bestseller Una famiglia quasi normale (titolo inglese A Nearly Normal Family) dello scrittore svedese Mattias Evardsson arriva con la sua prima trasposizione televisiva sul piccolo schermo degli abbonati Netflix. La miniserie – composta da una stagione di 6 episodi di circa 45 min ciascuno – è diretta da Per Hanefjord (Hamilton, The Hidden Child) e scritta da Anna Platt (The Congregation, La verità verrà fuori) e Hans Jörnlind (Top Dog). I ruoli principali sono interpretati da Alexandra Karlsson Tyrefors, che debutta come attrice nel ruolo della giovane Stella, Lo Kauppi è la madre Ulrika e Björn Bengtsson recita nei panni del padre Adam Sandell.

 

Trama Una famiglia quasi normale

I Sandell sono, agli occhi degli altri, una famiglia quasi perfetta. Hanno una grande casa in un elegante quartiere della periferia di Lund, una bella figlia di nome Stella e due stimabili lavori: Ulrika è un’avvocata esperta e Adam è un gentile e rispettato pastore della Chiesa di Svezia. Ma la loro invidiabile e tranquilla vita viene improvvisamente scossa da un traumatico evento: durante un ritiro sportivo, la figlia quindicenne viene stuprata dall’assistente del coach. Esterrefatti e addolorati dall’accaduto, Ulrika e Adam decidono di non far denunciare la violenza per proteggere Stella da un eventuale processo che non avrebbe possibilità di vincere senza prove. È la parola di una ragazzina contro quella di un giovane uomo, chi la crederebbe? Scelgono, dunque, il silenzio, nella speranza di poter dimenticare e recuperare quella bella e invidiabile famiglia.

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Quattro anni dopo, i Sandell si ritrovano a dover fronteggiare una nuova violenta crisi: la sera del suo diciannovesimo compleanno, mentre festeggia in un locale con la sua amica Amina (Melisa Ferhatovic), Stella incontra un affascinante e misterioso trentenne, Chris Olsen (Christian Fandango Sundgren), di cui si invaghisce perdutamente. Iniziano a frequentarsi e, dopo qualche tempo, l’uomo viene ritrovato morto. È così che un evento ancor più tragico di quello vissuto pochi anni prima bussa alla porta dei Sandell: Stella viene presa in custodia dalla polizia con l’accusa di omicidio. Ulrika e Adam, allibiti e sconfortati, si ritrovano ora coinvolti in una rete asfissiante di bugie e inganni dove faranno di tutto pur di liberare la loro Stella.

“Che cosa è successo? Vogliono aiutare la figlia a ogni costo, ma la conoscono davvero? E si conoscono l’un l’altra?”

La famiglia prima di ogni altra cosa

Una famiglia quasi normale è molto più di un freddo e intenso noir scandinavo. È, anche e soprattutto, un profondo dramma familiare che riflette su temi universali e, purtroppo, estremamente attuali. La serie di Hanefjord affronta il difficile rapporto genitori e figli, la violenza di genere, le ingiustizie giudiziarie. Racconta di tradimenti, di fede, dell’importanza dell’elaborazione del dolore, della difficoltà di saper riconoscere sempre la “cosa giusta da fare”.

Proprio per la ricchezza delle tematiche trattate, ciò che cattura davvero lo spettatore non sono la suspense o i particolari colpi di scena. Fin dall’inizio è, infatti, evidente chi sia il colpevole, ma resta un dato irrilevante. Il pubblico non può fare a meno di continuare la visione perché sente il bisogno di comprendere quello che è accaduto quella notte, di sapere semplicemente la verità nascosta dietro un mare di bugie e omissioni. Ciò che tiene davvero incollato allo schermo, quindi, è la storia di una famiglia come tante altre, “normale”, che si ritrova travolta da ingiustizie sociali e scelte sbagliate. È una storia sincera, disarmante, rumorosa e attuale che nel silenzio assordante di Stella dà voce a tante donne nel mondo, vittime di violenza e non, spesso condannate a un dolore indomabile, soprattutto quando sole, senza l’aiuto di professionisti e delle persone care.

Oltre al racconto, un altro punto di forza di questo thriller nordeuropeo è senza dubbio la grande attenzione alla psicologia dei personaggi. Hanefjord dà il meglio di sé affinché il pubblico possa leggere Stella, Ulrika e Adam al di là delle loro parole e delle loro azioni, invitandolo a soffermarsi sulle forti e sofferenti emozioni che li portano addirittura a tradire se stessi, la propria dignità e fede. Pur di proteggere Stella, Ulrika fa tutto ciò che è in suo possesso per poter raggirare i suoi colleghi, nascondere prove e giocare le migliori carte al processo. Così, allo stesso modo, Adam approfitta della propria immagine di pastore per poter ingannare l’accusa e tutelare la giovane.

Una famiglia quasi normale è, dunque, un appassionante e coinvolgente thriller che, nonostante la sua prevedibilità e l’assenza di una particolare maestria registica, entra a gamba tesa nel catalogo Netflix dedicato ai prodotti del Nord Europa, arricchendolo con un racconto degno e dalle nobili intenzioni.

Sommario

Una famiglia quasi normale è, dunque, un appassionante e coinvolgente thriller che, nonostante la sua prevedibilità e l'assenza di una particolare maestria registica, entra a gamba tesa nel catalogo Netflix dedicato ai prodotti del Nord Europa, arricchendolo con un racconto degno e dalle nobili intenzioni.
Annarita Farias
Annarita Farias
Nata nel 1996, laureata in Lingue, Culture e Letterature Moderne Europee presso l'Università Federico II di Napoli e attualmente laureanda in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale all'Università di Roma Tre, dove approfondisce la settima arte per scrivere di critica cinematografica con maggiore consapevolezza e passione. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Campania come giornalista pubblicista dal 2022, ha collaborato per due anni con la testata online Ambasciator.it e attualmente scrive di cinema per Cinefilos.it e Scuola Consulting.

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Una famiglia quasi normale è, dunque, un appassionante e coinvolgente thriller che, nonostante la sua prevedibilità e l'assenza di una particolare maestria registica, entra a gamba tesa nel catalogo Netflix dedicato ai prodotti del Nord Europa, arricchendolo con un racconto degno e dalle nobili intenzioni.Una famiglia quasi normale: recensione della serie thriller di Netflix