Ferrari di Michael Mann è da oggi nelle sale italiane, dopo il passaggio in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia 2023. Il film, con Adam Driver protagonista nei panni di Enzo Ferrari, mette in luce un periodo di turbolenze personali e aziendali per la leggendaria casa automobilistica italiana. Nello specifico, la sceneggiatura si sofferma sul 1957, anno in cui la vita personale e aziendale di Ferrari si sta sempre più sgretolando, tra la rivelazione di un figlio illegittimo avuto dalla relazione extra-coniugale con Lina Lardi e l’azienda che si avvia verso il fallimento. Imperterrito, Ferrari spera che la vittoria alla Mille Miglia del 1957, una corsa di 1.000 miglia attraverso le strade d’Italia, possa svoltare le sorti della sua azienda. In realtà, l’evento non fece altro che aumentare lo scompiglio nella vita del magnate, come vi raccontiamo in questo approfondimento sulla tragedia che si consumò al volante e all’interno dell’impero automobilistico dell’epoca.
Le umili origini
Nel suo libro del 2009 Go Like Hell: Ford, Ferrari, and Their Battle for Speed and Glory at Le Mans, il giornalista A.J. Baime racconta che Enzo, nato il 18 febbraio 1898 a Modena, perse il padre e il fratello a causa dell’influenza durante la Prima Guerra Mondiale e rimase senza soldi. Sebbene fosse relativamente poco istruito, aveva un talento innato nel riparare cose, in particolare le automobili. Nel 1923 divenne meccanico e pilota dell’Alfa Romeo e, nel 1929, fondò la Scuderia Ferrari che divenne la divisione corse dell’azienda. Nel 1923 sposò Laura Garello e nel gennaio 1932 nacque il loro unico figlio, Alfredo detto “Dino“. Secondo Baime, la nascita del figlio spinse Ferrari ad abbandonare le corse e a costruire un’eredità che sarebbe durata oltre la sua vita: non sarebbe però successo con l’Alfa Romeo, che lasciò nel 1939.
Dopo la sua permanenza all’Alfa Romeo, Ferrari decise di investire in una propria azienda automobilistica, fondando nello stesso anno a Modena la Auto Avio Costruzioni. Durante la Seconda Guerra Mondiale ampliò l’attività con un nuovo stabilimento a Maranello per la produzione di macchine utensili e, dopo il conflitto, si dedicò alle corse. La sua prima auto, la 125, debuttò nel maggio 1947 e vinse una gara nel giro di due settimane. Dopo la vittoria alla 24 Ore di Le Mans nel 1949, la domanda di Ferrari aumentò in tutta Europa. L’azienda iniziò quindi a offrire vetture da turismo, la prima delle quali raggiunse gli Stati Uniti nel giugno del 1949.
Dietro le quinte, la vita personale di Ferrari era meno rosea. Pur dimostrandosi sempre un padre devoto nei confronti di Dino, ebbe diverse relazioni durante il suo matrimonio, molti anni prima che la legge sul divorzio in Italia venisse ufficializzata. Secondo il Guardian, iniziò a frequentare Lina Lardi (interpretata da Shailene Woodley nel film) negli anni Venti e i due mantennero una relazione per decenni. Nel 1945 ebbero un figlio di nome Piero. A causa della natura scandalosa della loro relazione, Piero non fu riconosciuto pubblicamente come figlio di Ferrari fino alla morte di Laura nel 1978.
La perdita del figlio
Il mondo di Ferrari andò in frantumi nel giugno del 1956 con la morte del figlio di soli ventiquattro anni, con il quale, secondo Baime, aveva un legame fortissimo. All’inizio dell’adolescenza, Dino aveva iniziato a soffrire di strani disturbi. Alla fine i medici gli diagnosticarono una distrofia muscolare, come la maggior parte degli storici concorda, anche se alcuni sostengono che potesse essere affetto da leucemia o addirittura da sifilide trasmessa dalla madre alla nascita. Nel 1955, Dino era costretto a letto nella casa di famiglia a Modena; Enzo prendeva appunti meticolosi sulle condizioni del figlio, realizzando tabelle e grafici che tenevano conto dell’apporto calorico e della diuresi.
Tuttavia, questo non aveva impedito a Ferrari di preparare Dino come apprendista costruttore di automobili. Dino si diplomò in ingegneria, imparò a parlare inglese e aveva un ufficio tutto suo accanto a quello del padre. Anche nelle sue condizioni peggiori, amava parlare con i piloti e gli ingegneri della scuderia Ferrari. Si dice che abbia aiutato il padre e l’ingegnere Vittorio Jano a progettare il rivoluzionario motore da corsa da 1,5 litri sul letto di morte. Dopo la morte di Dino, avvenuta il 30 giugno, Enzo scrisse le ultime quattro parole sul suo taccuino: “La partita è persa“.
Nel suo ufficio in fabbrica, montò un ritratto del figlio sopra una lampada a muro, come se stesse costruendo un santuario. In questo periodo divenne anche piuttosto solitario e si allontanò da Laura, secondo quanto riportato dalla rivista GQ. Affranto, Ferrari dichiarò che le corse non avevano più senso e che le avrebbe abbandonate completamente. Un pensiero che, però, rimase valido solo per sei mesi: nel dicembre del 1956, Enzo Ferrari formò infatti una squadra di sette piloti da Gran Premio con stelle del mondo delle corse, puntando alla Mille Miglia.
La tragedia delle Mille Miglia
Fu proprio un’auto Ferrari a vincere l’insidiosa corsa su strada, ma a un costo terribile. Il 12 maggio 1957, il pilota Alfonso de Portago, un aristocratico spagnolo molto amato e campione di bob che guidava per la Ferrari, ebbe un guasto a un pneumatico nel villaggio rurale di Guidizzolo. La sua auto colpì un palo del telefono e sbandò contro una folla di spettatori prima di finire in un fosso. Secondo Baime, l’impatto uccise istantaneamente de Portago. Morirono anche il copilota Edmund Nelson e nove spettatori, tra cui cinque bambini. Il giorno seguente i giornali pubblicarono titoli che chiedevano l’abolizione della corsa, che era stata un punto fermo dell’Italia per tre decenni. Enzo fu accusato di omicidio colposo e di “aver causato gravi danni fisici per negligenza“, scrive Baime.
I documenti sostengono che abbia usato pneumatici da corsa non attrezzati per gestire la velocità delle sue auto. Anche se fu dichiarato innocente, l’incidente avrebbe continuato a perseguitare Ferrari e la sua squadra per anni, con la morte di altri piloti, tra cui Luigi Musso e Peter Collins (interpretato nel film da Jack O’Connell) nel 1958 e Wolfgang von Trips nel 1961. All’epoca quasi tutte le auto da corsa erano poco sicure, in quanto sempre più leggere – e l’idea di indossare una cintura di sicurezza, ha detto Baime, era considerata poco virile – ma Ferrari era visto come il più insensibile dei capi squadra.
“Quando guidi per la Ferrari, sei diretto in una sola direzione: verso quella piccola scatola sotto terra“, disse il pilota rivale Harry Schell nel 1959. In modo inquietante, Schell morì solo un anno dopo mentre si allenava per una gara sul circuito britannico di Silverstone. Sebbene il film si concentri su uno degli anni più duri della vita di Ferrari, la sua storia era tutt’altro che finita. Sentendosi come se il suo Paese lo avesse tradito bollandolo come assassino, minacciò nuovamente di abbandonare le corse. Ma, ancora una volta, il fascino della vittoria impedì a Ferrari di portare avanti questo pensiero.
Ferrari dopo gli anni ’50
Nel 1961, il programma di corse della Ferrari aveva conquistato il dominio, vincendo i Campionati piloti e costruttori di Formula 1 e il Campionato del Mondo per vetture sportive. Tuttavia, il malcontento veniva ora dall’interno della fabbrica di Maranello. A quanto si dice, frustrato dal coinvolgimento di Laura negli affari dell’azienda e dalla cattiva pubblicità che accompagnava la morte di ogni pilota, il direttore commerciale di lunga data Girolamo Gardini minacciò di andarsene. Un Enzo indignato licenziò Gardini, così come l’ingegnere capo Carlo Chiti, il responsabile dello sviluppo di auto sportive sperimentali Giotto Bizzarrini e una manciata di altre persone, secondo la Pittsburgh Vintage Grand Prix Association. All’epoca si pensava che la “Rivolta di Palazzo” fosse un potenziale colpo mortale, ma si rivelò una benedizione sotto mentite spoglie.
Il nuovo ingegnere Mauro Forghieri e il designer della carrozzeria Sergio Scaglietti completarono il lavoro sulla nuova 250 GTO, che diventò una delle auto sportive più famose della storia. Il successo in pista continuò e la fusione del 1969 con la Fiat, che acquistò il 50% delle azioni, contribuì a stabilizzare l’azienda dal punto di vista finanziario. Enzo si dimise dalla carica di presidente nel 1977 e morì 11 anni dopo, mentre Piero assunse il controllo della quota rimanente del padre. Oggi è vicepresidente e proprietario del 10% dell’azienda. La Ferrari è uno dei marchi più riconoscibili del mondo automobilistico e, secondo i dati dell’azienda, l’anno scorso ha venduto più di 13.000 auto di lusso anche se, come ci racconta questa storia, non sono mancate le difficoltà lungo il percorso.