Ferrari: recensione del film di Michael Mann #Venezia80

Michael Mann presenta a Venezia il suo nuovo lungometraggio, un dramma cupo sulla corsa alla vita di Enzo Ferrari.

Ferrari Adam Driver

È il 1975 e lo sguardo del “gran ingegnere” non primeggia più sui perimetri di gara, nel settore metalmeccanico e sulle pagine dei giornali. In un mondo in cui le attrici bionde fanno più notizia delle macchine, Enzo Ferrari scruta il suo orizzonte professionale e famigliare dietro un paio di occhiali da sole, paparazzo della sua stessa esistenza. Ferrari di Michael Mann, presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2023, inizia mostrandoci l’uomo nella macchina, nel primo e unico vero contatto col mezzo che avrà. Il resto del film, vedrà il personaggio di Adam Driver assistere al deterioramento della sua creatura e a destreggiarsi in un presente di inconsapevolezze e lutti.

 

Ferrari: una corsa deragliata

È l’estate del 1957. Dietro lo spettacolo della Formula 1, l’ex pilota Enzo Ferrari (Adam Driver) è in crisi. Il fallimento minaccia la fabbrica che lui e sua moglie Laura (Penelope Cruz) hanno costruito dal nulla dieci anni prima. Il loro matrimonio instabile è stato scosso dalla perdita del figlio Dino, avvenuta solo un anno prima. Ferrari fatica a riconoscere il figlio Piero con Lina Lardi (Shailene Woodley). Nel frattempo, la passione dei suoi piloti per la vittoria li spinge al limite quando si lanciano nell’insidiosa corsa di 1.000 miglia attraverso l’Italia, la Mille Miglia.

Forse il modo migliore per inquadrare l’ultima fatica di Michael Mann è considerare in prima istanza la collaborazione con NEON, casa di produzione indipendente che ne ha acquisito i diritti di distribuzione. Il marchio NEON ha scelto più volte di rappresentare film di genere thriller e horror, drammi ad alta tensione e oscuri. Non a caso, si è occupato della distribuzione delle Palme d’Oro del Festival di Cannes degli ultimi anni: Parasite (2019), Titane (2021), Triangle of Sadness (2022), Anatomia di una caduta (2023). Il film di Michael Mann, per stile registico e taglio narrativo, si inserisce perfettamente nel filone tematico di cui parliamo, a partire dall’intenzione stessa: analizzare una fase calante della vita dell’ingegnere e imprenditore, marchiata da un grave lutto personale, dalla perdita dell’egemonia della Scuderia Ferrari a fronte di nuovi piloti e case automobilistiche, della ricerca di una continuità mancante.

Ferrari Gabriel Leone

Una vita come tante…

Al comando della vita di Enzo Ferrari sembrano esserci tutti tranne lui: una moglie più attenta ai soldi che il marito, una compagna da cui ha avuto un figlio, una madre che ne ha perso uno e che considera quello rimasto “il figlio sbagliato“. Enzo è figlio, marito, amante, è stato padre e lo è ancora. Tutto il film di Mann analizza in maniera parallela il suo rapporto con l’essenza di queste due figure, che il personaggio di Adam Driver sembra non riuscire mai ad afferrare completamente: si sente ancora padre di un figlio che non c’è, noi lo percepiamo più come padre di un figlio che vorrebbe il suo cognome. Accanto ad Enzo, ci sono due donne inquadrate in maniera diversa da Mann: da un lato, la moglie Laura, che indossa il nero di un lutto impossibile da lasciare andare, mette l’emotività al primo posto ma, contemporaneamente, dimostra la sua maggiore pragmaticità e il suo senso dell’industria anche nei momenti in cui vorrebbe solo allontanarsi dal marito. Vi è poi Lina, compagna incontrata in periodo di guerra, che vive in una villa a Castelvetro ed è piena di luce, la sua fetta di vita è contraddistinta da colori caldi, qualcosa di anomalo rispetto all’impianto fotografico che il film adotta e che dice molto sull’influenza di questo personaggio nella vita dell’imprenditore. Entrambe, hanno condiviso tutta la vita con una donna che non conoscono: per l’una è marito, per l’altra è padre del figlio.

Ferrari non è un film che va di corsa: è la storia della cupezza di un animo che vorrebbe funzionare come un motore, ma che risulta inadempiente quando chiamato al dovere. Un racconto fatto di spazi neri e sfiducia, esemplificato dalle stesse problematiche che le Ferrari dell’epoca iniziavano a manifestare: prima di una gara, tra gli avversari si sussurrava addirittura: “State tranquilli, le Ferrari si romperanno lungo il tragitto“. In questa analisi dell’anomalia, del difetto strutturale e delle crepe emotive, Michael Mann cerca di consegnare al pubblico un film molto più silenzioso delle Ferrari, scelta che forse non tutti apprezzeranno e non esente da qualche drammaticizzazione di troppo, ma che ha un’intenzione ben chiara: far parlare i suoi protagonisti, lasciarli alla guida della macchina del loro tempo e della loro storia, non quello delle corse in velocità per arrivare al traguardo, bensì l’incedere dell’esistenza.

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