Con il suo debutto su Netflix, Il Nibbio ha subito catalizzato l’attenzione del pubblico grazie alla potente interpretazione di Claudio Santamaria e a un racconto denso di tensione, dolore e ricerca di giustizia. Ambientato negli ultimi 28 giorni della vita di Nicola Calipari, il film — diretto da Alessandro Tonda — esplora gli angoli più intimi della sua figura, tra ombre personali e impegno professionale.
Questa intensità emotiva e la messa in scena asciutta hanno fatto sorgere una domanda: Il Nibbio è ispirato a una storia vera? In questo approfondimento analizzeremo le fonti storiche, gli interventi della famiglia Calipari e le scelte sceneggiative che hanno trasformato una vicenda reale in una spy‑story italiana avvincente e rispettosa dei fatti.
Cosa accade in Il Nibbio
Il film Il Nibbio segue gli ultimi 28 giorni di vita di Nicola Calipari, funzionario del SISMI, il servizio segreto militare italiano. La narrazione si concentra sul periodo immediatamente precedente alla sua tragica morte avvenuta a Baghdad nel 2005, durante un’operazione delicata per il recupero dell’ostaggio Giuliana Sgrena, giornalista del Manifesto rapita in Iraq.
Attraverso un ritmo teso e misurato, il film ci introduce nella vita quotidiana di Calipari: non solo un agente esperto, ma anche un uomo diviso tra il dovere verso lo Stato e le responsabilità familiari. La pellicola non indulge in eroismi forzati, ma costruisce il personaggio attraverso le sue esitazioni, le sue relazioni e le sue scelte etiche, mostrando il lato più umano di chi agisce in contesti ad altissima pressione.
Il racconto si muove tra Italia e Medio Oriente, alternando momenti di strategia politica e operazioni militari a scene intime e riflessive. L’atmosfera è sempre carica di tensione, ma anche di grande dignità. Il Nibbio non è un classico film d’azione: è un dramma civile, una ricostruzione che cerca di rendere giustizia a una figura chiave della storia recente italiana, troppo spesso dimenticata.
Il Nibbio è ispirato alla storia vera di Nicola Calipari: i fatti reali
Il Nibbio si basa su una storia reale e profondamente drammatica: quella di Nicola Calipari, dirigente del SISMI, ucciso il 4 marzo 2005 a Baghdad da soldati americani durante un’operazione segreta per liberare la giornalista Giuliana Sgrena, rapita in Iraq da un gruppo jihadista. Calipari, 51 anni, era uno degli uomini più riservati e stimati dell’intelligence italiana, ed è morto da eroe: si è infatti gettato con il corpo sulla giornalista per proteggerla dai colpi d’arma da fuoco. Il caso suscitò un’ondata di emozione e polemiche, sia in Italia che negli Stati Uniti, con forti interrogativi sull’operato dei militari americani e sul coordinamento tra i servizi di sicurezza dei due Paesi [fonte: La Repubblica, 2005].
Quella notte, Calipari aveva appena ottenuto la liberazione di Sgrena e stava viaggiando con lei e un collega su un’auto diretta all’aeroporto. Secondo la ricostruzione italiana, il convoglio non era stato avvisato di alcun posto di blocco e l’auto fu colpita improvvisamente da una raffica di mitra da parte di un check-point statunitense. I soldati USA sostennero di aver sparato per autodifesa, temendo un attentato suicida. Tuttavia, le versioni discordanti e l’assenza di piena trasparenza da parte del governo americano alimentarono la tensione diplomatica. Un’indagine interna degli Stati Uniti scagionò i militari coinvolti, ma le autorità italiane contestarono apertamente le conclusioni, generando una frattura nei rapporti istituzionali.
La figura di Nicola Calipari divenne simbolo di servizio e sacrificio silenzioso. Nel corso degli anni, il suo nome è stato spesso dimenticato dal dibattito pubblico, se non in occasioni commemorative. Il Nibbio, scegliendo di raccontare la sua storia con rispetto e profondità, riaccende l’attenzione su un episodio cruciale della nostra storia recente, sollevando riflessioni sul ruolo dell’Italia nei conflitti internazionali, sul lavoro spesso invisibile dell’intelligence e sul valore della memoria in una società che tende a rimuovere piuttosto che elaborare.
Il cinema come strumento di memoria
Il Nibbio non è solo un film ispirato a una storia vera: è un atto di restituzione, un tentativo di riaccendere i riflettori su una figura che ha agito lontano dalla ribalta, ma che ha pagato con la vita il prezzo della sua missione. In un’epoca in cui l’informazione tende a consumare rapidamente anche le tragedie più gravi, il cinema assume un ruolo fondamentale nel preservare la memoria collettiva. Il film di Alessandro Tonda, evitando sensazionalismi o retorica, offre uno sguardo umano e rispettoso su una pagina dolorosa della nostra recente storia nazionale.
Raccontare Nicola Calipari oggi significa interrogarsi anche sul rapporto tra Stato e cittadini, sulla trasparenza delle istituzioni e sull’etica della sicurezza. Il Nibbio ci ricorda che dietro ogni nome c’è una vita, una famiglia, una scelta. E che il dovere di ricordare non è solo un fatto privato, ma un atto civile. Un film come questo, grazie anche alla sua diffusione su Netflix, può raggiungere un pubblico ampio e trasversale, contribuendo a restituire dignità a una vicenda troppo a lungo rimasta ai margini della memoria pubblica.