Il sesto giorno: la spiegazione del finale e del titolo del film

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Nel corso della sua carriera Arnold Schwarzenegger ha recitato in diversi film fantascientifici particolarmente celebri, da Atto di forza al capolavoro Terminator 2 – Il giorno del giudizio. Un altro celebre titolo di questo genere, divenuto un cult negli anni, è Il sesto giorno. Questo film del 2000, diretto da Roger Spottiswoode, si inserisce nel filone della fantascienza distopica di fine millennio, affrontando temi complessi come il bioetico confine tra l’uomo e la tecnologia. Ambientato in un futuro prossimo dove la clonazione è diventata una pratica diffusa – almeno per animali domestici – il film sfrutta i codici dell’action fantascientifico per interrogarsi su identità, controllo e potere.

Al centro del racconto troviamo dunque Schwarzenegger nel doppio ruolo di Adam Gibson e della sua copia clonata. L’attore, già icona indiscussa del cinema action e fantascientifico, presta qui il suo corpo e la sua voce a una narrazione che alterna momenti di tensione, inseguimenti e sparatorie a riflessioni più profonde sull’individualità e sul libero arbitrio. Schwarzenegger si confronta con il proprio doppio in un conflitto che non è solo fisico, ma anche filosofico, rendendo il film un esperimento interessante, a metà tra blockbuster e thriller concettuale.

Nel corso dell’articolo approfondiremo il significato del finale del film e il senso profondo del titolo Il sesto giorno, con particolare attenzione al modo in cui la storia gioca con la possibilità che l’identità umana possa essere replicata, sostituita o manipolata. Il film propone infatti una distopia che, pur essendo ancorata alle paure tecnologiche del suo tempo, mantiene una sorprendente attualità. Il viaggio di Adam Gibson è quello di un uomo comune gettato in una realtà in cui è diventato improvvisamente “superfluo”, e nella quale la ricerca della verità coincide con il bisogno di affermare la propria esistenza.

Il sesto giorno cast

La trama di Il sesto giorno

In un futuro prossimo non precisato, la clonazione di animali e organi umani è diventata routine. La clonazione di interi umani, tuttavia, è vietata dalle cosiddette leggi del “Sesto giorno”. In questo contesto, i piloti di voli charter Adam Gibson e Hank Morgan vengono assunti da Michael Drucker, multimiliardario proprietario della società di clonazione Replacement Technologies, per accompagnarlo in una vacanza sciistica. L’importanza del passeggero che accompagneranno impone che i due prima si sottopongano a esami del sangue e degli occhi, per verificare che siano all’altezza del compito. Il giorno della partenza, però, Adam è impossibilitato a partire a causa della morte improvvisa del suo cane.

L’uomo decide allora di portare l’animale in uno dei negozi della catena RePet per farlo clonare. Strada facendo, però, Adam comprende di non poter clonare anche l’affetto che li legava e preferisce così rinunciare. Quando torna a casa, Adam fa però alcune scoperte inquietanti. Non solo il cane è già stato clonato, ma un doppione di se stesso si trova con la sua famiglia. Proprio mentre cerca di capire cosa stia succedendo, Adam viene raggiunto da tre agenti addetti alla sicurezza della Replacement Technologies che cercano di ucciderlo. Per Adam ha inizio una corsa contro il tempo per cercare di scoprire cosa stia accadendo e cosa significhi la presenza di quei cloni umani non autorizzati.

La spiegazione del finale e del titolo del film

Nel finale de Il sesto giorno, Adam Gibson riesce finalmente a penetrare nella sede della società di clonazione illegale, la Replacement Technologies, con l’aiuto del proprio clone. L’obiettivo è fermare Drucker, l’imprenditore senza scrupoli che ha usato la tecnologia della clonazione per mantenere il controllo sui suoi collaboratori e su se stesso, replicandosi ogni volta che moriva. Adam e il suo clone si trovano di fronte a una delle rivelazioni più inquietanti: Drucker è già morto più volte e l’uomo che li sta affrontando è a sua volta una copia, con i ricordi del precedente Drucker impiantati. Il confronto finale sfocia in uno scontro armato in cui il clone di Adam riesce a salvare l’originale, mentre Drucker viene definitivamente eliminato e la sua nuova copia viene distrutta prima di poter essere attivata.

Arnold Schwarzenegger in Il sesto giorno

 

Successivamente, Adam e il suo clone si trovano davanti a una decisione esistenziale. Il clone, consapevole di essere una replica, non vuole interferire nella vita dell’originale e della sua famiglia. I due si separano in modo pacifico: il clone parte per costruirsi una nuova identità e una nuova vita altrove, mentre Adam torna dalla moglie e dalla figlia, riprendendo il proprio posto nel mondo. In una delle ultime scene, il protagonista osserva la sua famiglia da lontano, riflettendo su quanto accaduto e sulla possibilità che, nonostante tutto, un clone possa sviluppare una propria coscienza e individualità. La pellicola si chiude con un tono sorprendentemente sereno e filosofico, lasciando lo spettatore con una domanda implicita: cosa ci rende davvero unici?

La conclusione del film, pur offrendo un’esplosione d’azione coerente con il genere, si chiude con un sottotesto più profondo e meditativo. Il confronto tra Adam e la sua copia mette in discussione l’idea che l’identità sia legata esclusivamente al patrimonio genetico o alla memoria. Il clone di Adam è, di fatto, indistinguibile dall’originale, ma la sua volontà di allontanarsi dimostra che le esperienze vissute e le scelte individuali definiscono la persona. La tecnologia può replicare un corpo, ma non può clonare il percorso umano che ognuno sceglie di intraprendere. Questo porta alla riflessione su cosa voglia dire essere umani in un mondo in cui la scienza sfida i limiti della natura.

Il titolo Il sesto giorno richiama dunque esplicitamente il giorno della creazione dell’uomo secondo la Bibbia, ma anche la presunzione dell’uomo moderno di sostituirsi a Dio nella creazione della vita. Drucker rappresenta proprio questa hybris contemporanea: la pretesa di controllare la morte e la vita, senza considerare le implicazioni morali. Il film invita allora a riflettere sul rischio di un futuro in cui la tecnologia, invece di servire l’uomo, lo sostituisce, e sulla necessità di mantenere intatti valori come la responsabilità, l’etica e la coscienza individuale. Nel permettere al clone di esistere come individuo autonomo, Adam riconosce implicitamente che la vera unicità non è nei dati genetici, ma nella libertà di scegliere chi essere.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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