Uscito nel 1989, Indiana Jones e l’ultima crociata rappresenta il terzo capitolo della leggendaria saga ideata da George Lucas e diretta da Steven Spielberg, dopo I predatori dell’arca perduta (1981) e Indiana Jones e il tempio maledetto (1984). In un momento in cui la coppia Lucas–Spielberg era ormai sinonimo di intrattenimento di altissimo livello, il film arrivò come un ritorno alle atmosfere più avventurose e “classiche” del primo episodio, abbandonando in parte i toni cupi e talvolta inquietanti del secondo. Spielberg stesso ha più volte dichiarato di considerare Il tempio maledetto il capitolo più distante dalle sue corde, e con L’ultima crociata ritrovò un equilibrio perfetto tra azione, humour e un tocco di introspezione.
La novità più evidente fu l’introduzione del personaggio di Henry Jones Sr., interpretato da Sean Connery, padre del celebre archeologo. Questa scelta aggiunse una dimensione familiare e ironica alla saga, esplorando il rapporto conflittuale e affettuoso tra i due protagonisti. Il film si distingue anche per un maggiore respiro narrativo, che alterna sequenze spettacolari – come l’inseguimento in motoscafo a Venezia o la fuga dal dirigibile – a momenti più intimi, in cui emerge il lato umano e vulnerabile di Indiana. Tematicamente, l’avventura si lega alla ricerca del Santo Graal, un oggetto mitico che introduce riflessioni sulla fede, l’immortalità e il senso della vita, andando oltre la semplice caccia al tesoro.
Il successo fu immediato: Indiana Jones e l’ultima crociata incassò oltre 470 milioni di dollari in tutto il mondo, consolidando il mito dell’archeologo con il cappello e la frusta. La critica accolse con entusiasmo la combinazione di azione, umorismo e cuore, lodando in particolare la chimica irresistibile tra Harrison Ford e Sean Connery. Nel resto di questo articolo analizzeremo più nel dettaglio il significato e la costruzione del finale del film, svelando come Spielberg abbia saputo concludere (almeno all’epoca) la saga con una nota di grande intensità emotiva.
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La trama di Indiana Jones e l’ultima crociata
Ambientato nel 1938, in un mondo ormai prossimo allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il terzo film della saga vede Indiana Jones incaricato di recuperare, insieme al suo amico Marcus Brody, il Santo Graal. Questo, qualora finisse nelle mani dei nazisti, potrebbe rivelarsi una pericolosissima arma a loro vantaggio nella conquista del mondo. Tuttavia, Jones rifiuta la missione, non credendo nell’esistenza dell’oggetto. Cambia però idea nel momento in cui scopre che l’incarico era stato inizialmente offerto a suo padre, Henry Jones Sr., ora scomparso nel nulla.
Indiana si reca così a Venezia, per riprendere le ricerche lì dove quelle di suo padre si sono interrotte. Ad aiutarlo, vi è la dottoressa Elsa Schneider, la quale si rivelerà però essere alleata dei nazisti. L’archeologo comprende così che suo padre è stato catturato da loro, con lo scopo di richiamarlo all’azione e aiutarli nel ritrovamento del Graal. Pur di salvare il padre, Jones accetterà malvolentieri l’incarico, cercando però di escogitare un piano per uscire da quella situazione e impedire ai nazisti di impossessarsi dell’oggetto.
La spiegazione del finale del film
Nel terzo atto di Indiana Jones e l’ultima crociata, l’avventura raggiunge il suo apice quando Indiana, suo padre Henry, Marcus e Sallah giungono al tempio che custodisce il Santo Graal. Qui assistono al fallimentare tentativo dei nazisti di superare le micidiali trappole che proteggono la reliquia. Per costringere Indiana a collaborare, Donovan spara a Henry, sapendo che solo l’acqua del Graal potrà salvarlo. Con l’aiuto del diario paterno, Indy riesce a decifrare gli enigmi e a superare ogni ostacolo, fino a raggiungere la sala finale, dove un antico cavaliere vigila sui numerosi calici disposti davanti a lui.
A quel punto, Donovan e Elsa li raggiungono. Fingendo di aiutarlo, Elsa offre a Donovan un calice sbagliato, portandolo a bere e condannandolo a una morte istantanea. Indiana, invece, riconosce il vero Graal – semplice e privo di ornamenti – e lo utilizza per guarire il padre, salvandogli la vita. Ma l’avidità di Elsa provoca il disastro: nel tentativo di portare via il calice, fa crollare il tempio. Trascinata nel vuoto, muore davanti agli occhi di Indiana, che a sua volta rischia di cadere nell’abisso. Solo l’intervento del padre, che lo invita a “lasciar andare” il Graal, lo salva. La reliquia scompare per sempre tra le macerie, mentre i protagonisti fuggono verso la libertà, cavalcando nel tramonto.
Perché Elsa prende il calice sbagliato?
Il perché la dottoressa Elsa Schneider abbia scelto intenzionalmente il calice sbagliato in Indiana Jones e l’ultima crociata è un argomento molto dibattuto all’interno della celebre saga d’avventura. L’indizio più importante del suo tradimento arriva poco dopo aver consegnato il calice a Donovan. Sebbene resti sullo sfondo, Elsa getta un’occhiata a Indy mentre Donovan solleva il calice in aria. In quell’istante, accenna un brevissimo e leggero movimento della testa, come a confermare a Indy che il suo piano è uccidere Donovan con il calice sbagliato. Da quel momento fino a quando Donovan beve, l’espressione di Elsa tradisce a fatica l’impazienza di vedere il sabotaggio compiere il suo effetto.
Appare comunque strano che Elsa desideri eliminare Donovan. Dopotutto, si era unita di sua volontà ai nazisti e aveva tradito i Jones. Il suo legame con Donovan e con i nazisti sembrava evidente, essendo rimasta al loro fianco dall’Italia all’Austria, dalla Germania fino a Hatay. Il comportamento di Elsa in Indiana Jones e l’ultima crociata la descrive dunque come una donna scaltra e manipolatrice, ma il tempo trascorso con Indy e suo padre sembra averla toccata in un modo in cui l’ideologia nazista non era riuscita. Come dice a Indy durante il raduno nazista a Berlino: «Io credo nel Graal, non nella svastica».
Indy respinge giustamente questa affermazione, data la sua disponibilità a schierarsi con il nemico. Quello è l’ultimo scambio tra i due fino all’incontro con il Graal e alla morte di Donovan. Questo significa che Elsa ha avuto tempo per riflettere sulle proprie azioni. Aver visto la spietatezza di Donovan in più occasioni probabilmente ha contribuito a farle cambiare allineamento e, quando si presenta l’opportunità di liberarsene, Elsa la coglie. Il cenno che rivolge a Indy lo conferma, anche se, alla fine, il suo irrefrenabile desiderio di possedere il Graal — indipendentemente dal fatto di volerlo condividere o meno con i Jones — ha contribuito alla sua stessa fine.
Cosa ci lascia il finale di Indiana Jones e l’ultima crociata
Il finale assume dunque un significato profondo se letto alla luce dei temi centrali del film. Il vero cuore della storia non è la conquista del Graal, ma la riconciliazione tra padre e figlio. L’intero viaggio diventa un percorso di riavvicinamento, in cui Indiana impara a guardare oltre la sua ossessione per le reliquie, mentre Henry comprende l’importanza di essere presente nella vita del figlio. Il momento in cui Henry gli dice “lascia andare” non riguarda solo il calice, ma anche il peso delle incomprensioni e delle distanze accumulate negli anni.
Il Graal, oggetto mitico e simbolo di immortalità, si rivela un’illusione pericolosa quando diventa fine a sé stessa. Spielberg ne fa il fulcro di una parabola sulla scelta tra l’avidità e il valore della vita. Elsa e Donovan, accecati dal desiderio di possederlo, trovano la morte; Indiana e Henry, invece, lo abbandonano per salvare ciò che conta davvero: le persone. L’immagine conclusiva dei protagonisti che cavalcano verso il tramonto suggella questa lezione, dando al film una chiusura epica ma anche profondamente umana.