Dopo la presentazione al Festival di Cannes 2024, Parthenope (la nostra recensione) di Paolo Sorrentino è finalmente nelle sale italiane dal 24 ottobre, distribuito da PiperFilm. Accolto con grande interesse e aspettativa, come ogni titolo del regista partenopeo conosciuto in tutto il mondo, il film ha destato qualche protesta e molte incertezze, principalmente a causa del suo andamento metaforico che ne costituisce sia la difficoltà che il fascino. Ma di cosa parla il film di Sorrentino?
Di cosa parla Parthenope?
Sorrentino racconta la storia di Parthenope (interpretata da Celeste Dalla Porta prima e da Stefania Sandrelli poi), giovane figlia dell’alto borghesia napoletana, nata a seguito di un parto in acqua, nella baia di Napoli, ai piedi del Vesuvio. Il primo dono che riceve è una carrozza borbonica, che utilizzerà come letto. La leggenda della sirena Parthenope è uno dei più famosi miti fondativi della città di Napoli, ed ecco che già all’inizio della sua storia, nel giorno della sua nascita, nel 1950, la sorte della ragazza si lega a quella della città.
Dalla sua nascita, per tutta la giovinezza e l’età adulta, fino alla vecchiaia, Parthenope intraprende il suo viaggio di scoperta del mondo, dell’amore, della conoscenza, sempre guidata dalla passione per la vita. Gli studi, l’estate a Capri (dove tutto cambia), i libri, le idee, i vicoli della città, ma anche l’Università, gli incontri, il sottosuolo napoletano, l’arte, il miracolo di San Gennaro, l’estate del 2023 con i festeggiamenti per lo scudetto: il tempo trascorre inesorabile, ma Parthenope è sempre presente, misteriosa e bellissima, inconoscibile eppure riconosciuta da tutti.
Qual è il significato di Parthenope?
Paolo Sorrentino non è nuovo all’utilizzo della metafora e del simbolismo. Con E’ stata la mano di Dio aveva già percorso le strade di Napoli, che però erano principalmente scenario alla vicenda personale di Fabietto, il protagonista, e poi si è scoperto alter ego del regista stesso. Con Parthenope, Sorrentino rimane a Napoli ma fa della città un personaggio nel corpo e nel viso splendido di Celeste Della Porta. La prima parte del film è più legata al classico viaggio di formazione, che si esaurisce e conclude (forse) di fronte al primo grande dolore di questa giovane donna. Da quel momento in poi che non specifichiamo ma che sarà chiaro a chiunque vedrà il film, Parthenope prende una strada accidentata, quella appunto metaforica e simbolica in cui la fanciulla si fa città e, man mano che procede nella sua ricerca di senso della vita, entra in contatto con ogni aspetto di Napoli stessa.
Parthenope entra in contatto con l’ambiente dell’arte, e si avvicina alla recitazione, arrivando a ricevere consigli da una grande attrice, una diva di origini napoletane che nel look e nei modi ricorda vagamente Sofia Loren. Si avvicina all’occultismo e alla magia della fede folkloristica tipica della città: il Miracolo e il Tesoro di San Gennaro, il Vescovo intermediario tra la città e il popolo, che vuole “fottere” la città per il suo tornaconto. Entra addirittura in contatto con le viscere mafiose del capoluogo campano, quando assiste a un “matrimonio” tra famiglie di camorra. Si immerge nell’ambito accademico, aspetto forse meno noto di Napoli, ma importante e significativo a livello internazionale, dopotutto è a Napoli l’Università più antica d’Europa, la Federico II. E’ lì che Parthenope “si ferma” e mette radici. Il riprendere canonico del racconto monografico di questa non più giovane donna la ritrova docente in via di pensionamento, mentre dice addio alla sua cattedra di Antropologia.
La spiegazione del finale di Parthenope
Alla fine del suo racconto, Parthenope donna fa pace con Parthenope città. La vediamo guardare un carosello che festeggia lo scudetto del 2023 con il sorriso sorpreso di chi vede qualcosa che riconosce e che in qualche modo le appartiene. In questa scena, il volto di Stefania Sandrelli concilia la protagonista con il luogo che aveva voluto lasciare, e quindi anche la città con se stessa.
Una lettura più azzardata del film potrebbe indicare che con Parthenope, Sorrentino ha voluto mettere a nudo la vera essenza della napoletanità in una delle caratteristiche più evidenti e insistite della protagonista: la ragazza parla per frasi fatte, preferisce “la frase ad effetto alla verità”, perché è sempre meglio risultare memorabili che veritieri. Forse questa è l’essenza del film che racconta proprio il modo di essere dei napoletani, quasi tutti grandi uomini di spettacolo, anche nella vita di tutti i giorni. Uomini (e donne, ovviamente) che preferiscono un saluto colorito, una frase fatta e musicale al racconto della verità. Perché la verità, si sa, non è mai bella come tutte le parole che vogliamo sentirci dire per rassicurarci.
Parthenope è un canto d’amore alla città di Napoli, da parte di Paolo Sorrentino, è la città stessa che si spoglia, si svela, si mostra nella sua bellezza inafferrabile. Che piaccia o meno, sicuramente il film merita più di una visione, per poter essere goduto appieno e capito a fondo, per leggerne tutte le sue stratificazioni di senso e per poter capire davvero qual è il sua significato.