Alice Rohrwacher al BFF42: “La fiaba è il passo indietro sul reale”

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Nella prima giornata del 42° Bellaria Film Festival si è tenuta la masterclass “Vedere l’invisibile”, tenuta dalla regista Alice Rohrwacher, riconosciuta poi anche con il premio Filmidee per il suo film La chimera (qui la recensione), presentato alla scorsa edizione del Festival di Cannes e reduce dalle 13 nomination ai David di Donatello. Successivamente alla masterclass, la regista si è fermata a parlare con la stampa, approfondendo alcuni aspetti della sua poetica e del ruolo della fiaba nel suo cinema, ma anche di giovani, di pubblico e di ciò che occorre per fare un buon film.

“Spesso quando pensiamo alla parola fiaba, – esordisce Rohrwacher – abbiamo una specie di pregiudizio, come si parlasse di un altrove. Invece ogni fiaba nasce da un’attenta osservazione del reale. La fiaba è il passo indietro sul reale, ovvero la capacità di guardare il racconto di un personaggio che non è solo un individuo, ma è l’eroe della fiaba. Permette dunque di non farti acchiappare soltanto dalle vicissitudini del singolo ma di vedere in esse il destino di una collettività”.

“Se io metto nei miei film delle tematiche, come l’ambiente, lo faccio come cittadina, non come regista. Lo faccio perché ho gli occhi aperti e vedo quello che accade intorno a me e non posso far finta di niente. Non posso mettermi a raccontare una storia senza coinvolgere il mondo che mi sta attorno dentro quella storia. Ecco, secondo me la cosa più bella che può succedere è quando fai un film e dici non l’ho fatto io, nel senso che è oltre me.

La guerra degli autori

La regista approfondisce poi il discorso affermando che: “Credo che per troppo tempo si sia cercato di soffiare sul fuoco dell’autorialità, per separare i registi, per fargli pensare che è una guerra uno contro uno. Questa roba ha proprio stufato, penso che possiamo andare oltre e spegnere questo incendio. È chiaro che ho bisogno di fare dei film col mio nome perché magari riesco a mettere insieme un’economia grazie al fatto che sono un’autrice, però poi mi interessa quello che c’è dopo il film”.

“Io trovo che oggi che ci sia molta più vicinanza tra gli autori. Pietro Marcello ha scritto il soggetto de La Chimera con me, Jonas Carpignano è la prima persona a cui mando tutto quello che scrivo per sapere che cosa ne pensa. Con Francesco Munzi ci sentiamo spessissimo. C’è una generazione che mi sembra vada oltre la guerra degli autori. Ma che importa, dico io? Stiamo parlando del destino di uno o del destino di molti? Stiamo parlando di qualcosa che ha un impatto sulla società o è solo un modo per non pagare lo psicologo e raccontare il proprio dramma interiore attraverso un film? No, stiamo parlando di qualcosa che va oltre”.

Per quanto riguarda me, – conclude la Rohrwacher – con i miei film faccio film che vanno contro le etichette. Ad esempio sono curiosa di sapere quando La chimera verrà proposto su una piattaforma come lo collocheranno, perché è un po’ un dramma, un po’ una commedia, un po’ un’avventura, un po’ per famiglie, un po’ per adulti… questo per far capire che la vita è un’esperienza molto più complessa, che non si può classificare. Io penso ci siano film morti e film vivi, forse è questa l’unica classificazione che si può fare”.

La Chimera film 2023
Josh O’Connor e Alice Rohrwacher sul set di La chimera. © 01 Distribution.

Sul futuro dei giovani e il ruolo del pubblico

La masterclass tenuta dalla Rohrwacher ha visto una forte prevalenza di giovani tra il pubblico e proprio pensando a loro la regista afferma che: “Siamo alla fine di qualcosa, di un’epoca, di una civiltà. Ci sono così tante cose che hanno perso significato. I giovani, ad esempio, sono in pericolo perché prede di un sistema economico che li vuole colonizzare. Sono terre su cui tutti hanno messo gli occhi. Ma nonostante la loro fragilità sono anche più liberi di quello che si crede e quindi io sono proprio curiosa di vedere cosa faranno”.

“Certo, durante la pandemia hanno visto ridursi i loro scambi. Ma ora vedo in loro un’apertura diversa, una necessità diversa! Un po’ come quando mangi un cibo che ti fa male e ad un certo punto lo guardi e non lo vuoi più, ne sei esausto. La cosa bella è che le cose brutte dopo un po’ si esauriscono, lo spirito di sopravvivenza è più forte. Io cerco di dare un messaggio di speranza ma come dice Gramsci: “il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà”. Parlo con la mia volontà, che è positiva. La ragione però è pessimista perché penso a chi in questo momento tiene le redini dei desideri e dei bisogni della società”.

Proprio parlando di società, la Rohrwacher rivolge un pensiero anche al pubblico cinematografico, dichiarando che: “Io soffro dell’idea che si rimprovera sempre il pubblico se i cinema sono vuoti, si rimproverà il cittadino se c’è la crisi ecologica, si rimproverà il contadino se le campagne sono abbandonate. Ma quelli che comandano non si rimproverano mai? Non hanno nessuna responsabilità? Non si va al cinema perché il cinema non è stato considerato importante all’interno di una società e con questa idea ci si cresce”.

“Ci vuole innanzitutto la necessità di riconsiderare l’intelligenza del pubblico e di considerare tutti come pubblico. Da qui si sviluppa anchel a pochezza immaginativa della distribuzione, – afferma la regista – che si basa su una idea di pubblico vecchia. La Chimera, ad esempio, è stato considerato over 65 nella strategia e non era neanche stato inserito tra i film candidabili per il David Giovani, appunto perché giudicato come ‘un film da vecchi’”.

In conclusione, rispondendo alla domanda su cosa occorra per fare un buon film, Alice Rohrwacher non ha dubbi: “Per fare un buon film bisogna nutrirsi bene. Il film fa parte, secondo me, della categoria nutrimenti, per l’occhio e per l’anima e va di pari passo ad un buon nutrimento del corpo. Una società che mangia male, nel senso che perde il contatto con la materia prima, che non sa da dove viene, inevitabilmente vivrà male”.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.

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