Manifesti a grandezza naturale di Blade Runner 2049 tempestano i corridoi del cinema The Space in Piazza della Repubblica a Roma. Uno, alto circa quattro metri, è usato come sfondo dell’imminente photocall degli ospiti della giornata, il regista Denis Villeneuve e l’attrice Sylvia Hoeks, giunti quest’oggi nella capitale per intervenire nel panel dedicato al film, dopo la proiezione di alcune scene in anteprima (niente spoiler e bocche cucite fino all’uscita in sala, non preoccupatevi).
Terminati i venti minuti abbondanti di footage, Villeneuve – sguardo gentile e tono di voce quasi impercettibile – apre il dialogo spiegando quali analogie e differenze troveremo con il primo Blade Runner, capolavoro firmato da Ridley Scott nel lontano 1982: “Sarà un mondo diverso rispetto a ciò che conoscete. All’epoca la visione del futuro era un misto di speranza e incubo, oggi invece sembra che le cose non siano andate per il verso giusto. Il cambiamento climatico ha provocato solo distruzione e chi sopravvive lo fa in condizioni terrificanti. Ci si protegge dall’oceano costruendo grosse dighe e lo stesso discorso vale per la tecnologia. Bisogna proteggersi dagli effetti negativi che essa produce.”
“Questo ha rappresentato sicuramente una sfida per noi sceneggiatori, dovevamo cercare un espediente nuovo che ci permettesse di far interagire la tecnologia con la storia: ecco perché ci siamo inventati il black out, una distruzione di tutti i dati, con l’analogico che torna a dominare sul digitale. Qualcosa insomma che ci portasse a riflettere sulla nostra memoria e sull’importanza di proteggerla.”
Protagonista del film è Ryan Gosling, risposta moderna al cacciatore di taglie interpretato da Harrison Ford, fortemente voluto da Villeneuve che racconta così la scelta: “Si, Ryan e io siamo entrambi canadesi ma non ci ho mai fatto troppo caso. Stavano scrivendo la sceneggiatura quando Ridley Scott mi propose lui per il ruolo. Poi leggendo lo script ho pensato che fosse perfetto per Ryan e che nessuno altro avrebbe potuto interpretare l’Agente K…fortunatamente non ho avuto difficoltà a convincerlo”.
E non mancano nemmeno gli elogi all’attore, che “come Clint Eastwood o Harrison Ford, porta presenza e senso senza neanche muoversi, con un carisma tale da esprimere diverse sfumature emotive. È semplicemente un artista straordinario di grande talento, capace di reggere il film sulle sue spalle”.
Le immagini mostrate già nei trailer avevano rivelato l’incredibile lavoro sulla fotografia che Villeneuve ha effettuato insieme a Roger Deakins, storico collaboratore dei fratelli Coen ma anche braccio destro del regista franco canadese nei suoi ultimi progetti (Prisoners e Sicario). “Visivamente ed esteticamente il primo film è stato epocale, e ha lasciato un segno indimenticabile nella storia del cinema. Con Roger abbiamo cercato di ricreare qualche analogia con l’originale rendendo il look di Los Angeles simile, ma peggiorato. La differenza più evidente la si nota nei colori freddi, c’è molta neve e fa più freddo e la palette dominante vira su tonalità argento e bianche tramite cui si possono rintracciare indizi e trame narrative. Inoltre abbiamo dato molto spazio al giallo, un colore che mi ricollega all’infanzia”.
Un certo gusto per l’estetica è stato poi applicato anche alla ricostruzione fisica dei set, “alla vecchia maniera del cinema di una volta” sottolinea Villeneuve, scelta che esclude l’uso della cgi. “Niente green screen, tutti i set sono stati creati in funzione delle scene. Credo sia più facile per gli attori concentrarsi sulle proprie emozioni senza pensare a ciò che hanno alle spalle, e io amo lavorare con qualcuno che riesca a formulare idee e a dare nuovi spunti in totale libertà. Purtroppo il green screen non aiuta in questo”.
Arrival, ed ora Blade Runner 2049. Due film legati dallo stesso genere, la fantascienza. “Mi hanno sempre attratto film e libri che parlavano di temi sci-fi. La scienza per me era una frontiera, una finestra sull’ignoto, cosa che spesso sfociava nell’esistenzialismo. Amavo leggere Verne ed Asimov, al cinema guardavo con ammirazione Kubrick e Tarkovskij, mentre oggi nutro una profonda stima per Christopher Nolan. Dovremmo tutti ringraziarlo per averci regalato grandi film di fantascienza”.
E Blade Runner invece, che ruolo ha svolto nella formazione del giovane Denis? “È stato fondamentale, da lì nasce il mio amore per il cinema. Inoltre l’impatto visivo allora fu incredibile: ero un appassionato di fantascienza in cerca di una visione matura del futuro e Blade Runner rispose perfettamente a quella richiesta.”