Festa di Roma 2016: Matt Dillon tra regia, film e il mestiere di giurato

Mentre la Festa di Roma da due anni a oggi ha perso la sua conformazione di Festival, con premi e giuria, Alice nella Città, la sezione autonoma e parallela di cinema per ragazzi, ha mantenuto questa tradizione, e quest’anno a presiedere la giuria del concorso è stato chiamato l’attore e regista Matt Dillon, visto di recente in Wayward Pine.

 

In merito al suo ruolo di giudice del lavoro altrui, Matt Dillon ha dichiarato: “Reputo di essere stato molto fortunato a fare l’attore perché significa essere un creativo e non ritrovarmi schiavizzato da un lavoro senza via d’uscita. Per questo bisogna sempre ricordarsi da dove si è venuti e allo stesso tempo non bisogna mai fare i paragoni o i confronti con gli altri, tra me e altri attori. Evitare i confronti mi porta anche a riflettere sul ruolo che ho adesso. È veramente difficile fare un confronto tra diversi artisti e purtroppo in quanto presidente di una giuria devo fare questo insieme agli altri giurati. So, forse meglio di chiunque altro, che è difficile ragionare in termine di concorso, ovvero scegliere che un lavoro è migliore dell’altro, anche se alla fine bisognerà fare proprio questo, scegliere. Questo però diventa importante nel momento in cui il riconoscimento aiuterà ad andare avanti per un progetto futuro. Su questo, come attore e regista, mi trovo perfettamente d’accordo, perché so quanto è difficile fare un film. Nei film cerco l’autenticità e i film in concorso parlano di giovani e di tematiche che i giovani si trovano ad affrontare.”

Il suo lavoro però non sembra pesargli molto, dal momento che la qualità dei film della selezione di Alice nella città sembra essere molto alta: “Il livello dei film in concorso è davvero straordinario. Quando mi hanno proposto non solo di far parte della giuria, ma di esserne il presidente, ho accettato perché non ero mai stato presidente e mi hanno detto che si dovevano giudicare solo 8 film. Mi sembrava ragionevole, anche perché non volevo stare tutto il giorno rinchiuso in una sala cinematografica. Una volta ero in una giuria di un festival in Brasile, in Amazzonia, e non volevo rimanere chiuso dentro, quando ero in mezzo all’Amazzonia, era l’ultima cosa che volevo fare. Poi mi è stato detto che i film erano 12, e mi sono detto ‘speriamo che abbiano una durata ragionevole’. Scherzo ovviamente, ma i film sono davvero belli e mi sento di ringraziare il comitato di selezione.”

Matt Dillon, noto prevalentemente per i suoi film degli anni ’90, ha esordito anche come regista nel 2002, con City of Ghosts, ma al momento è impegnato nella sua seconda regia, questa volta per un documentario sul lavoro e la vita del musicista afro-cubano Francisco Fellove: “Mi interessa esplorare argomenti che trovo appassionanti e per questo adesso sto lavorando al documentario musicale che per ora ha un titolo che mi piace moltissimo: il Grande Fellove. Si tratta di un musicista afro-cubano che è stato il primo cantante cubano di scat, qualcosa di nuovissimo. Ho girato molto materiale ma senza utilizzarlo, ma tre anni fa, poiché il mio interesse per la musica non si è mai affievolito, ho ripreso in mano il progetto e cerco di esplorare il personaggio in maniera adeguata. Sto imparando che fare documentari è una cosa difficilissima. Noi siamo quello che siamo perché dipendiamo dalle circostanze della vita. Per questo io amo il documentario che pur non trattando di me è comunque molto personale perché parla di una figura che per me è interessante. Lui nasce povero, nero in un periodo in cui vivere a Cuba era difficile e non riusciva a tirarsi fuori dalle difficoltà nonostante il grande talento. Ha affrontato molte avversità e per questo gli hanno dato il nome del grande Fellove. Non è un nome che si è dato da solo perché era una persona molto modesta, ma quando cominciava a cantare veniva fuori la sua grandezza.”

“Mi è piaciuto molto fare il regista, e non sono tornato subito a fare un film da regista non perché non mi sia piaciuto, tutt’altro – ha poi raccontato Matt Dillon, parlando del tempo trascorso tra un progetto e l’altro dietro la macchina da presa – Ho trovato l’esperienza entusiasmante, mi è piaciuto moltissimo lavorare con gli attori. Forse però il fatto che sia io un attore ha impedito che avessi la necessità di rimettermi subito a lavoro come regista. La gente ti considera come attore e quindi continui con questa professione.”

- Pubblicità -