I 400 Giorni – Funamboli e Maestri, intervista ai registi, Emanuele Napolitano e Emanuele Sana, e alla sceneggiatrice Vittoria Spaccapietra

i 400 giorni

Si intitola I 400 Giorni – Funamboli e Maestri il documentario presentato al 41° Festival di Torino e diretto da Emanuele Napolitano e Emanuele Sana, in collaborazione con Daniele Orazi, il talent manager che con questo progetto ha voluto raccontare il dietro le quinte della sua giovane “scuderia”. Nuovi volti, talenti giovanissimi, aspiranti attori seguiti nel corso di 400 giorni della loro vita, tra provini, speranze, delusioni, intimità. Un ritratto insolito e differente del ruolo dell’attore.

 

In occasione della presentazione al TFF 41°, abbiamo raggiunto telefonicamente i registi e alla sceneggiatrice Vittoria Spaccapietra. Ecco cosa ci hanno raccontato.

-Come entrate in contatto con Daniele Orazi e come nasce questa collaborazione?

Emanuele Napolitano: Io nasco come artista visivo e pittore. Ho realizzato in passato anche documentari su opere di videoarte, e avevo già girato dei documentari dedicati ad artisti che provenivano da zone percepite come difficili, tipo Israele o Albania. Sono entrato in contatto con Daniele attraverso una serie di amicizie comuni e gli abbiamo presentato questa serie di documentari che gli era piaciuta molto. Dopo questo incontro, si è creata l’opportunità di lavorare a questo progetto soprattutto perché Daniele lavora come talent manager da tanti anni. L’idea di partenza era quella di approcciare questo materiale con un tono sperimentale, non patinato.

Emanuele Sana: Io e Daniele ci conosciamo da parecchi anni. Abbiamo sempre condiviso un approccio carico di ironia alla vita e abbiamo nel tempo parlato di cinema con grande libertà e onestà. C’è sempre stata una grande stima reciproca e quando lui ha chiuso la grande esperienza di Officina Artistiche e intrapreso la nuova sfida di DO Agency, abbiamo deciso di scommettere lui sulle mie idee e il mio stile registico, io sulla sua conoscenza profonda del mercato e soprattutto sui consigli che è in grado di dare ai suoi artisti. E quando è nato progetto sono stato molto felice di costruirlo insieme a lui.

Vittoria Spaccapietra: Dopo gli studi di sceneggiatura ho iniziato a cercare lavoro a Roma. Ho incontrato Daniele a Milano per un colloquio per lavorare come script reader nella sua agenzia. Ero completamente disorientata, ma poche settimane dopo sono entrata nella DO Cinema. Crescere lì mi ha permesso di conoscere l’industria in ogni sua forma e entità dandomi degli strumenti che ho capito essere fondamentali solo quando ho provato poi camminare con le mie gambe. Questo inizio di percorso mi ha fatto capire che non esiste una strada programmata, che tutto è in costante evoluzione, che la determinazione è ugualmente importante al lasciare che le cose accadono. L’appoggio di Daniele per me ha fatto e sta facendo la differenza.

Emanuele Napolitano

-Il titolo cita i 400 giorni in cui avete accompagnato il gruppo di attori protagonisti, ma rievoca anche un capolavoro del cinema che ha per protagonista un giovanissimo pieno di belle speranze e deciso a conquistarsi il suo posto nella vita. È un’assonanza a cui avevate pensato?

Emanuele Napolitano: L’assonanza è in parte casuale e in parte voluta. Abbiamo effettivamente passato 400 giorni in compagnia di questi ragazzi, ma il film è idealmente un romanzo di formazione, quindi concettualmente si associa alla storia di Antoine Doinel, protagonista de I 400 colpi. Certo la storia non è la stessa, ma idealmente c’è un’assonanza.

Emanuele Sana: Devo confessare che sono stati tantissimi i titoli ai quali abbiamo pensato nei mesi delle lavorazioni tanto che a un certo punto era diventato un gioco. Eppure quando Daniele ha proposto “I 400 giorni”, abbiamo capito che era arrivato il titolo perfetto. Un’assonanza chiaramente ma se pensiamo al finale de “I 400 colpi”, uno dei più importanti e forti sguardi in macchina del cinema, e al tema del giovane che affronta il suo futuro, è facile creare il parallelo con le interviste che compongono il nostro film e che muovono proprio dalla stessa inquadratura.

-I documentario è estremamente ricco di punti di interesse e di voci. C’è l’on the road, c’è il talent show, c’è la componente personale legata all’intimità dei protagonisti. Come si costruisce una storia con così tante anime e con così tanti protagonisti?

Emanuele Napolitano: E’ stata una storia che si è formata da sé perché pur essendoci una sceneggiatura, era impossibile controllare delle cose che si svolgevano nel divenire. Pur avendo una pianificazione, alcuni momenti erano difficili da prevedere. Ad esempio eravamo sui set in occasione dei provini per raccogliere le impressioni a caldo. Ecco, la difficoltà è stata esserci sempre in questi momenti per tutti questi giorni. Abbiamo cercato di registrare un momento sospeso che mette in relazione questi ragazzi con i grandi maestri del passato.

Emanuele Sana: Ricordo che qualche settimana fa, quando ho salvato il progetto de “I 400 giorni” con il nome final cut mi sono commosso. A parte gli scherzi: il materiale di partenza era composto da centinaia di ore di girato alle quali si sommava il materiale dell’Archvio Luce da scovare e visionare. La selezione è stata quindi l’operazione fondamentale e la più complessa: volevo creare un flusso di coscienza che legasse attori e artisti appartenenti a quattro generazioni diverse e per fare questo ho isolato alcuni grandi temi per poi scegliere di volta in volta le frasi più forti o quelle che insieme formassero un dialogo piacevole da ascoltare e carico di emozioni.

Vittoria Spaccapietra: Trovando un filo conduttore narrativo che sia universale e applicandolo poi alla specificità di ogni storia personale. Che questa sarebbe stata la sfida più grande per lo sviluppo della storia ci è stato chiaro fin da subito. Ma il motore dell’impresa resta il talento e le sue declinazioni ed è lì che siamo tornati per costruire tutto. Le storie si aggrappano a questo perno centrale, che accomuna ogni voce non solo nel film, ma anche nella vita di chiunque si approcci a questo percorso. A quel punto si tratta di cucire tutte le voci intorno a questa struttura guida tematica.

-Il film si impreziosisce anche di interventi di attori famosi, già affermati, come sono stati scelti e da regista, è più semplice avere materiale umano inesperto e malleabile oppure avere a che fare con degli attori consumati, quindi magari più capaci ma anche con le loro regole e il loro metodo già strutturato?

Emanuele Napolitano: L’attore consumato sa anche come ridiventare ingenuo! Ma in realtà non ho preferenza, però è logico che ci sia una maggiore curiosità verso ciò che è spontaneo. Quindi l’attore che si deve formare ancora è più malleabile, più spontaneo, appunto. Il film poi è stato girato con mezzi di fortuna quasi, magari a volte con il cellulare perché ti trovi a testimoniare un momento che vale la pena catturare.

Emanuele Sana

Emanuele Sana: Daniele è un grande scopritore di talenti e gli attori che ha chiamato per questo documentario non solo hanno accettato di partecipare ma si sono aperti con una tale sincerità e professionalità che ho avuto molto spesso l’impressione di avere di fronte insieme all’attore navigato anche quello di anni fa in cerca del suo futuro. Come regista devo dire che amo dirigere sia attori alle prime armi che attori consumati ma non è questione di malleabilità o di struttura, credo fermamente sia sempre questione di intelligenza artistica, cioè quella grande capacità di comprendere il progetto e sapere che il film vince sempre sull’individualità.

-Come si lavora a uno script quando ci sono così tanti personaggi coinvolti e una buona dose di “realtà” all’interno del film?

Vittoria Spaccapietra: La bellezza e la difficoltà di lavorare a una storia unscripted è sicuramente l’imprevedibilità e l’evoluzione della scrittura. Devi bilanciarti tra il guidare il contenuto per far si che il prodotto resti in linea con l’idea principale e l’accogliere ciò che accade nella realtà, che è imprevedibile. Circa a metà di questi quattrocento giorni abbiamo iniziato a plasmare una struttura più precisa, alla quale però non devi aggrapparti con totale devozione perché il reale è sempre lì pronto a farti deviare, e allora si continua a scrivere affidandoci a ciò che accade.

-Com’è stato il lavoro con Daniele Orazi?

Emanuele Napolitano: E’ stata un’esperienza molto bella, principalmente perché Daniele ha delle intuizioni davvero brillanti. Ha avuto molte idee che sono state sviluppate e girate. Come una sceneggiatura estemporanea, ha offerto diverse soluzioni che poi sono state realizzate. Pur non essendoci una sceneggiatura strutturata, il suo lavoro è stato anche quello e abbiamo creato delle situazioni proprio per vedere poi cosa succedeva.

Emanuele Sana: Daniele ha avuto una visione precisa, l’ha inseguita e ha fatto quello che sa fare meglio: lavorare con le persone per il bene del progetto. È stato un produttore preciso, molto attento nel valorizzare il materiale umano che compone il documentario perché lui ama profondamente gli attori e loro sono sempre stati la sua prima preoccupazione. Abbiamo litigato? Non direi, discusso spesso certo, ma anche perché siamo entrambi testardi. Ma è anche per questo che “I 400 giorni” è il film che potete vedere.

Vittoria Spaccapietra: Lavorare creativamente con Daniele è molto simile al processo di cui parlavamo di “ascolto” della realtà: ogni momento del suo lavoro da produttore e da agente si trasforma per lui in stimolo creativo che sottopone ai suoi collaboratori in scrittura. La parte più stimolante è vedere trasformare i momenti dell’ordinaria quotidianità lavorativa (che ordinaria veramente poi non è mai) diventare straordinari punti di partenza per nuove idee da sviluppare in scrittura. Del resto è così che è nato i 400 giorni.

-Qual è nelle vostre intenzioni il fine ultimo di un film pensato e realizzato così, che racconta queste storie in particolare?

Emanuele Napolitano: L’intenzione può essere quella di far capire cosa prova un attore. Ci sono tanti film sul cinema, ma meno sulla figura dell’attore, in cui non lavora, non recita, è questo genera delle paure. Questo aspetto non sempre è messo in luce e mi interessava capire cosa prova l’attore sia all’inizio della carriera, sia di livello avanza quando gli si pongono davanti dei problemi, e raccontarlo al pubblico che è più abituato all’aspetto patinato della vita dell’attore.

Emanuele Sana: “I 400 giorni” è un documentario ma ancora di più un documento. Ritrarre il momento è un privilegio e penso che questo film invecchierà bene come un buon vino: fra qualche anno rivedere le interviste dei ragazzi sarà emozionante e restituirà il senso di un’operazione di scoperta come quella che Daniele realizza con il casting. Un ultimo pensiero: credo che aver avvicinato quattro generazioni di attori sia servito a capire che possono passare gli anni, possono avvicendarsi diverse ere cinematografiche ma i sogni, i desideri, i dispiaceri e i sorrisi di chi vuole vivere di cinema sono sempre identici.

Vittoria Spaccapietra: Da sempre le filmografie sono ricche di biografie di grandi artisti. Ha perfettamente senso considerato che se c’è qualcuno al quale vogliamo ispirarci sono coloro che hanno avuto successo. Nelle storie che mostriamo però c’è la verità del primo salto, la voce di chi ancora prova le sensazioni che racconta. È come chiedere a un bambino cosa si provi a essere un bambino. Un adulto si ricorda, può farlo, ma è inevitabilmente filtrato dalla sua esperienza e dal tempo. Lo stesso accade con le voci che sentiamo ne I 400 giorni: i ragazzi stanno vivendo in questo momento ciò che ci raccontano e questa è una risorsa preziosa da mettere a disposizione per chi vuole affrontare questo mestiere. Sarebbe bello se il film diventasse una piccola guida tecnica ed emotiva per chi si approccia a questo mondo, una sorta di mappa per farsi guidare attraverso le voci dei maestri per trafugare i segreti della loro esperienza, ma rispecchiandosi nell’autenticità dei sentimenti e delle paure che invece si provano quando camminiamo ancora sospesi su un filo.

Presentato il 27 novembre al 41° Torino Film Festival nella sezione fuori concorso Ritratti e paesaggi I 400 Giorni – Funamboli e maestri, il documentario prodotto dalla DO Cinema del talent manager Daniele Orazi con il patrocinio di Roma Lazio Film Commission ed il sostegno del Ministero della Cultura.

I 400 Giorni – Funamboli e maestri è un racconto corale dedicato al mestiere dell’attore, diretto da Emanuele Napolitano e Emanuele Sana e scritto da Vittoria Spaccapietra e Daniele Orazi.

Di seguito, ecco le illustrazioni inedite realizzate da Druid (Emanuele Napolitano) per i protagonisti del film:

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