Nella splendida cornice di Villa Borghese a Roma, in una perfetta giornata di inizio primavera, Pietro Reggiani, già accolto più che positivamente dalla critica per il suo “L’Estate di mio fratello”, presenta il suo ultimo lavoro. La dolce arte di esistere, a caldo, trova reazioni divertite e piacevolmente sorprese tra i critici presenti in sala.
Come è arrivato alla scelta
della voce fuori campo presente per tutta la durata del
film?
Pietro Reggiani (regista): In realtà l’idea
nasce da subito, la voce fuori campo è presente dalla
sceneggiatura. Quando ho scritto il film, ero così dentro ai
personaggi che per far arrivare quele sfumatue chsentivo, la voce
fuori campo mi è sembrata naturale e necessaria.
Come ti sei rapportata al
personaggio?
Francesca Golia (interprete di Roberta): In
effetti avevo pochi strumenti per riuscire a restituire bene quel
qualcosa di reale e, allo stesso tempo, surreale che il personaggio
ha. Per fortuna Pietro è meticolosissimo, sia nella scrittura che
nella direzione degli attori. Quindi ho letto e studiato moltissimo
la sceneggiatura e mi sono lasciata guidare da lui. Recitare quasi
totalmente senza dialoghi è dura, per cui il lavoro è stato fatto
per la maggior parte sulla sceneggiatura, era molto importante non
diventare una macchietta.
Come sei entrato nella
psicologia dei personaggi?
PR: C’è da dire che in questi casi vengono in
soccorso anche problemi personali. Mi sentivo molto dentro ai
personaggi, li sentivo a livello viscerale, sentivo che tutto ciò
che giravamo mi tornava.
Quanto è durata la scrittura e
la realizzazione del film?
PR: ho iniziato a scrivere la sceneggiatura
nel 2007, portandola a termine circa un anno e mezzo dopo. Mentre
le riprese sono durate ben nove settimane, girate durante l’estate
del 2012. Avevamo più di 70 locations, e questo richiedeva per
forza un tempo lungo.
Come avete gestito il
budget?
PR: essendo la sceneggiatura molto lunga, il
fatto di essere anche produttore mi permetteva di controllare il
tutto di più. Per come sono fatto io, farei più fatica ad
appoggiarmi ad una produzione esterna, perchè saprei che c’è sempre
un’altra persona, che non sono io, ad avere l’ultima
parola.