La lotta per il calcio – Il caso Super League, intervista al regista Jeff Zimbalist: “Il calcio è lo specchio della società”

La lotta per il calcio - Il caso Super League

In occasione dell’uscita, il 13 gennaio su Apple TV+, della docu-serie in quattro puntate La lotta per il calcio – Il caso Super League, abbiamo raggiunto il regista del progetto, il vincitore dell’Emmy Jeff Zimbalist, che ci ha raccontato la sua esperienza nella realizzazione di quello che può definirsi un film inchiesta su uno dei casi che ha scosso il mondo del calcio, lo sport più amato (e più redditizio) del mondo: il caso della Super League.

 

Come ti sei approcciato a questo progetto? “Con lo stesso atteggiamento che ha avuto una grande porzione del mondo. La notizia, nell’aprile 2021, ha catturato la mia attenzione. La portata e il potenziale impatto di una Super League era scioccante, era un vero e proprio tentativo di destabilizzare i vertici dell’industria del più grande sport del mondo, e coinvolgeva 12 dei più grandi club esistenti 12 dei più grandi brand del mondo che volevano mettere in piedi un campionato che avrebbe sostituito la più grande competizione del pianeta: la Champions League.

Mi interessava che questo evento avrebbe avuto una risonanza che andava molto oltre lo sport in sé. Le 48 ore successive al trapelare della notizia hanno visto una risposta travolgente da parte dei tifosi, ma anche delle dirigenze, tutto il mondo ha espresso la sua opinione, dall’Europa all’Asia, passando per il Medio Oriente, sono intervenuti persino i Reali e i Capi di Stato. Ci sono state persino proteste violente in strada in alcune città.”

Il documentario si apre con l’affermazione che il calcio è la cosa più importante del mondo tra le cose di nessuna importanza. Alla luce di questa affermazione, come ti sei approcciato a questo film?

“Ho assunto l’atteggiamento di persona che segue il calcio da fan ma anche da professionista che racconta le storie in cui il calcio è un microcosmo, mi trovo spesso a pensare che il calcio rispecchia i valori della società nel momento storico che vive. Così avevo molte domande in merito a quella notizia, soprattutto per chi prende le decisioni. E così con i miei co-produttori su zoom abbiamo cominciato a mettere insieme i pezzi costruendo una indagine accurata ed equilibrata di ciò che stava accadendo. Abbiamo immaginato che la serie non avesse cattivi o buoni, né risposte facili, ma fosse un’opportunità per guardare da vicino un’industria che fattura 4 miliardi l’anno.”

Il punto di partenza dell’indagine è stata la necessità di rispondere a una domanda precisa: “Una delle domande centrali della serie è quale ruolo ha la voce dei fan nel raccontare la storia dello sport e nello scrivere la storia futura del calcio. Abbiamo evidenziatodue correnti in questo momento storico che secondo me è di crisi di identità per questo sport. Da una parte c’è il desiderio delle persone di proteggere il gioco, le sue radici da working class e la meritocrazia di questo sport nella piramide europea, i valori di speranza che vengono con quella tradizione, un elemento centrale per la definizione dello sport. Ma c’è anche un altro aspetto, ovvero quello legato al business di intrattenimento. C’è una guerra tra capitalismo e democrazia sociale, è la battaglia centrale per l’anima del calcio.”

Apple TV+La lotta per il calcio – Il caso Super League, l’intervista al regista

Qual è stato il processo di costruzione della storia, della scelta degli intervistati, del montaggio?

“Era importante per noi che estendessimo il report oltre la superficie dei tweet e che quindi andassi oltre gli articoli e tutto ciò che era già uscito all’inizio della questione. Avevamo accesso a coloro che ai più alti livelli di questo caso prendevano le decisioni, da entrambi i lati, di questa saga chiamata Ward for football. Avevamo la possibilità di far tifare i fan per una parte o per un’altra a seconda di ciò che proponevamo, e poi fare l’esatto contrario. E mentre si va avanti, nel corso dei 4 episodi in cui è divisa la docu-serie, raggiungiamo diversi livelli di complessità. Alla fine non ci sono risposte facili, ma ci sono grandi domande sul ruolo dello sport, della morale e della cultura in particolar modo in merito a quello che è diventato uno dei maggiori business del mondo.”

In passato hai già lavorato a film sul calcio, in particolare nel 2014 hai diretto un documentario sulla giovinezza di Pelè. Cosa ti affascina così tanto di questo sport?

“È il più grande sport del mondo, muove soldi e mercato e raccoglie tante persone, ognuna di esse con un’opinione precisa. Credo che il calcio rispecchi la società e i suoi drammi e la morale della comunità globale. La sua diffusione è mondiale e la diversità degli interessi che confluiscono nel calcio è quello che amo raccontare.”

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