Dopo cinque anni di silenzio,
Davide Ferrario torna al cinema con una nuova
pellicola, La Luna Su Torino, spiegando in
una conferenza stampa- moderata dal regista stesso e con la
presenza degli attori Walter Leonardi, Eugenio
Franceschini, Manuela Parodi, Daria Pascal Attolini e il
delegato di produzione della Torino Film Commission – ha iniziato
la conferenza spiegando come oggi sia decisamente difficile
realizzare un film indipendente, con un cast non ancora affermato e
a basso budget. Iniziato nel 2012 e distribuito solo oggi in sala,
il film ruota intorno al tema della leggerezza: uno spirito lieve
serve a raccontare una situazione come quella di oggi incline alla
pesantezza; le situazioni quotidiane ci spingono ad avvertire la
costante pesantezza dell’essere, mentre invece tutti avremmo
diritto alla felicità, sempre in bilico sul filo come un
equilibrista.
La prima domanda ruota intorno al tema del 45° parallelo, citato più volte all’interno della pellicola, definita come un’opera “coraggiosa” che racconta una condizione difficile odierna con levità.
Ferrrario risponde che
è oggettivamente vero che oggi siamo afflitti dal dolore e dalla
sofferenza che la vita ci infligge, ma tutto ciò che ci circonda ed
è intorno a noi serve a farci “restare a galla” senza sprofondare
nell’angoscia. La metafora del 45° parallelo è utile a spiegare la
condizione del regista stesso, nato a Casalmaggiore e che oggi vive
a Torino: entrambe sono poste sull’ennesimo parallelo, a “metà tra
il polo nord e l’equatore”, un “territorio di confine” posto a metà
strada tra un luogo ed un altro, sospeso tra la condizione di
unicità di un posto e lo sforzo della fantasia di trovare un posto
“ideale” in cui vivere.
Un’altra domanda ruota intorno all’idea di luogo geografico ben presente nel film, ma in realtà si raccontano delle dinamiche esistenziali comuni a tutti. Per il regista la storia non poteva non svolgersi a Torino, città che conosce bene, una città definita “trasparente” perché non ha bisogno di una popolazione antropologica ben definita, degli abitanti che la caratterizzano: i personaggi che si muovono nel tessuto cittadino vivono piccoli drammi quotidiani comuni a tutti, non specifici o legati alla città. La chiave per la comprensione del film è la “fedeltà” ad un luogo, necessaria per una maggiore comprensione.
Gli attori sono interpellati per sapere com’è stata l’esperienza sul set: per Walter Leonardi è stata una bella esperienza, un ritorno al vero modo di fare cinema; Ferrario fa di tutto per tirare fuori dagli attori ciò che vuole, come conferma Daria Pascal Attolini (alla sua prima esperienza cinematografica). Eugenio Franceschini, con sincerità, ammette che rispetto agli altri lavori che aveva fatto al cinema qui sul set si è ricreata una dinamica teatrale, degna di una compagnia, portando quindi umanamente ad un rapporto diverso incline a dinamiche come il piacere di svolgere il mestiere d’attore, trovando quindi un equilibrio notevole tra amicizia, divertimento ed armonia. Anche per Manuela Parodi il clima leggero, fresco e disteso ha aiutato a realizzare il film in sole quattro settimane, senza mai perdersi in momenti di tensione all’interno della crew. Ferrario ammette di preferire sempre attori non protagonisti, con i quali è più facile lavorare e ricadere in un clima di leggerezza producente e creativo.
Il budget del film è al di sotto del milione di euro, quindi molto contenuto, considerando che è stato prodotto dal regista stesso: c’è stata una grande attenzione alle nuove tecnologie (come per esempio l’uso di nuove macchine da presa della Canon) e sfruttando tecnologie wi-fi che hanno ridotto i costi. Tramite la legge del Tax-Credit, i privati possono investire nel cinema non gravando sul pubblico; anche l’utilizzo del Product-Placement è importante (tipo il parco zoologico “Zoom” a circa 30 km da Torino). I posti immortalati nel film sono presenti nella città ma c’è bisogno di un occhio “estraneo” in grado di immortalarli; per Ferrario Torino è ancora una città in grado di provocare visioni, costantemente.
Il produttore Milani
conferma che l’opera di Ferrario- in quanto regista-ha reso
possibile una svolta estetica per Torino, diffondendo l’immagine
della città.
Nel film c’è una citazione, un rimando costante a Giacomo Leopardi, leitmotiv del film: Leopardi viene definito da Ferrario come uno spirito comico del suo tempo, un personaggio unico in grado di abbattere certi pensieri convenzionali con le armi della satira, che comunicava attraverso i suoi scritti. La condizione esistenziale nella quale è nato e cresciuto il suo spirito poetico è la stessa che viviamo noi oggi: una solitudine esistenziale che ci spinge a chiuderci e nasconderci dietro allo schermo di un pc, isolandoci nella nostra fortezza della solitudine.
La frase di lancio del film, “tutti possono essere felici”, incarna proprio lo spirito della pellicola: che tutti siamo alla ricerca della felicità, e che anche se la vita spinge le persone a dividersi e a “perdersi”, in realtà tutti inseguono il loro percorso esistenziale per ritrovarsi.
I personaggi hanno, in parte, cambiato i personaggi: spesso ci si abbandona alla pesantezza trascurando l’aspetto leggero della vita; inoltre i piani di realtà e finzione si sono mescolati, confondendosi, e spingendo gli attori a stringere dei legami forti anche fuori dal set.