Miele : la conferenza stampa del film di Valeria Golino

miele valeria golinoQuesta mattina è stato presentato l’esordio alla regia di Valeria Golino con il film Miele. Il film andrà a Cannes,e sarà presentato nella sezione Un Certain Regard. In sala erano presenti la regista,Valeria Golino, i produttori Riccardo Scamarcio e Viola Prestieri, per Rai Cinema Paolo Del Brocco, il distributore Valerio de Paolis, le sceneggiatrici Francesca Marciano, Valia Santella, gli attori Vinicio Marchioni e Jasmine Trinca.

 

Da dove nasce il desiderio di girare un film tratto dal libro A nome tuo di Mauro Covacich?

Valeria Golino: Ho letto questo libro circa tre anni fa, mi è sembrato un libro fulminante, molto contemporaneo nel miglior senso della parola, doloroso e provocatorio con un personaggio femminile piuttosto inedito, sia in letteratura e sicuramente nel cinema italiano. Non avevo né l’urgenza né la necessità, mi interessava mentre lo scrivevamo, le cose che venivano dette, la storia di questa donna, il personaggio maschile principale e anche gli altri due. Erano tutti personaggi che mi interessava parlarne, scriverne e immaginare di vederli. L’argomento è un tabù più per la politica e le istituzioni che per per le persone, come sempre credo che gli italiani sono pronti a riflettere su argomenti delicati e difficili, che in noi stessi creiamo dei divari che vanno a colpire i nostri stessi pregiudizi. Non ho voluto fare un film né provocatorio né contro ma con gli altri, non prendendo una posizione definitiva. Quindi ho subito cercato con Riccardo e Viola di ottenere i diritti del libro. Inizialmente abbiamo avuto paura, ci è piaciuto a tutti ma non eravamo sicuri di volerlo fare e affidarlo a me perché era anche il primo film, io ero preoccupata all’idea di fare un film così difficile, però continuavo a pensarci.

Come siete intervenute sulla sceneggiatura?

V.G.: Moltissimo, abbiamo spremuto il libro di Mauro Covacich di tutte le cose belle ne abbiamo lasciate altrettante belle sulla pagine, cose che mi erano piaciuto tantissimo, cose che non ho voluto o potuto usare, l’abbiamo filtrato con una percezione e un etica nostra. Abbiamo cambiato anche in alcuni tratti i contenuti del libro, abbiamo cambiato anche il finale, di fatti il film è liberamente tratto dal suo libro.

Perché né lei né Scamarcio avete fatto i protagonisti del film?

V.G.: Per quanto mi riguarda, volevo che il personaggio femminile fosse una ragazza di 28-30 anni e quindi non c’è stato mai il pensiero, se ne è parlato superficialmente all’inizio ma mi sono subito svincolata. Primo perché credo fermamente che il personaggio doveva avere quell’età e non sia una donna matura, con un bagaglio diverso. E poi anche perché non avevo voglia di fare il mio primo film con me stessa come protagonista, ero più curiosa di filmare qualcun altro piuttosto che me. Se mai farò altri film, può anche succedere, ma il mio primo istinto è stato pensare ad altro. Per quanto riguarda Riccardo, avrebbe potuto interpretare due dei ruoli maschili, ma non ci è sembrato che fosse il caso.

Come è stato fare il produttore?

miele posterRiccardo Scamarcio: In questa mia nuova veste ho scoperto la quantità e la mole di lavoro che bisogna affrontare nel momento in cui si decide di produrre un film e questo ha condizionato. Siamo stati assorbiti per due anni e mezzo, eravamo molto angosciatati di fare un film così, non è stato molto semplice, ma questa è stata la prova che in Italia si possono fare dei film difficili e coraggiosi che possano anche venire bene, come in questo caso.

Valeria cosa significa essere a Cannes in una sezione così importante?

V.G.: Di Cannes sono molto contenta, perché ho sempre pensato intimamente di voler andare a Cannes, ho sempre pensato a un Certain Regard per questo film. Mi mette allegria l’idea di andare lì tutti ben vestiti! L’ho fatto altre volte, ti diverti sempre molto meno di quello che credi, però ti da un senso di appartenenza ad una cinematografia mondiale di grandissimi registi. Quindi mi inorgoglisce!

Jasmine Trinca che donna è Irene?

J.T.: La risposta è difficile, perché come nella maggior parte del film abbiamo fatto delle cose senza che io me ne rendessi conto, queste erano portate dall’incontro che abbiamo avuto con Valeria. Per esempio, la scena del pub, io non l’avevo capita, poi quando ho visto mi sono detta “hai capito la Golino che cosa mi fa vedere?” c’è stato un affidamento totale e sapevo che il film che avrebbe fatto Valeria era un film sul quale non c’era neanche da porsi la domanda dell’opportunità, “come” racconterà il fine vita, perché la persona che lei è non poteva porre dubbi su questo e quindi tutto quello che abbiamo fatto è stato un gran piacere ed è stato anche piuttosto sofferto e se non fosse stato così non sarebbe stata la stessa cosa, perché non dovevamo rappresentare qualcosa, non ci doveva essere finzione, nessuno attingeva alle proprie storie personali, ma dovevamo essere autentici, ed in questo senso dal primo momento sono stata nelle sue mani e non ho fatto male.

Vinico Marchionni, come è stato partecipare al film?

V.M: Sono contentissimo emozionatissimo di presentare questo film qui, perché quando si vede qualcosa che ci colpisce si dice “non sembra un film italiano” e invece è italiano, è italianissimo! Sono orgoglioso di aver fatto questa piccola partecipazione in un film così, perché non do mai le cose per scontato, e se ti chiama un attrice straordinaria come Valeria gli devi dire solo di si, qualsiasi cosa ti offra. E anche perché in una situazione come questa così l’idea che una giovanissima produzione si metta a fare un film come questo, in una situazione così è un atto di coraggio enorme ed è anche la dimostrazione che in questo paese le cose si fanno meravigliosamente quando ci sono le persone e le idee.

Qual’è stato il tuo metodo per questo lavoro?

V.G.: Metodo poco, caos come sempre, qualche volta foto, qualche volta niente, qualche volta piccoli appunti che poi perdo, mi piacerebbe avere un mio metodo, ho fatto tante fotografie, però non storyboard. Questo film volevo che fosse libero e formale allo stesso tempo, che le inquadrature avessero una serietà, senza fronzoli. Volevo anche degli “incidenti” di luce e di spostamenti, avevo paura di tante trappole sia nel contenuto del film come racconto sia nella forma del film. Molte delle cose più belle, esteticamente belle del film, le ho dovute lasciare fuori, perché era come se il film sopportasse fino a un certo punto e l’altro non volesse di più, il ghirigoro o la mia tendenza all’estetizzazione che tengo sotto controllo, da una parte tendo ad andare verso quella cosa lì ma allo stesso tempo ho cercato di essere il più rigorosa possibile. Il tema del film ti impedisce l’inutile, tutte le volte che mi sono portata o con inquadrature o con la luce troppo in là, sono tornata indietro. Durante la preparazione, chiaramente, avevo un idea sull’architettura che volevo, sul tipo di Roma che volevo far vedere, come inquadrare gli attori, quando avvinarmi a loro. L’imprevisto era la cosa più benvenuta, sia nell’interpretazione degli attori ma molto in quello che sta succedendo in quel momento e quindi tu ti assesti, a volte, le cose più belle del film sono successe senza averle preparate.

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