Sono simpatici, buffi e appassionati, sono “i primi della lista’”. Il regista pisano Roan Johnson ci ha presentato la sua opera prima e il suo cast (Francesco Turbanti, Paolo Cioni e Claudio Santamaria) presso la casa del Cinema. La pellicola, a metà tra la commedia e il grottesco, porta in scena una storia vera, avvenuta tra Pisa e il confine austriaco il 1 giugno 1970.

 

La moderatrice dell’evento, Caterina D’Amico, è anche produttrice del film per Rai Cinema e comincia l’incontro chiedendo al regista che tipo di cambiamenti ha effettuato rispetto alla storia originale raccontatagli dal vero Renzo Lulli. Johnson ha detto che: “Nonostante ci siano dei passaggi abbastanza assurdi, me ne rendo conto, quello che vedete sullo schermo è esattamente ciò che è successo con un cambiamento neanche troppo sostanziale. In realtà l’incontro con i militari avviene sull’autostrada, perchè loro andavano in su e i militari incolonnati andavano in giù. Noi per motivi di budget abbiamo trovato una soluzione drammaturgicamente migliore scegliendo di girare la scena del fatidico incontro in un bar dell’autogrill. Ovviamente i personaggi sono un pochino più romanzati, abbiamo cambiato qualcosa nelle dinamiche relazionali per rendere meglio il carattere dei protagonisti”.

Il regista ha deciso di raccontare questa storia perché: “E’ la storia che ha scelto me non io che ho scelto la storia. Quattro anni fa mi hanno mandato un racconto di venti pagine scritto da Renzo Lulli, oggi sessantenne, e mi è piaciuto subito moltissimo perché già ne avevo sentito molto parlare, visto che la storia di questi tre ragazzi a Pisa è una sorta di leggenda metropolitana. E’ una storia vera, una storia esemplare a mio avviso, perché dentro di sé porta il DNA di quei tempi, gli anni ’70 sono stati un punto nevralgico della storia italiana, anni cruciali per la creatività e la gioia che si respirava, ma proprio nell’anno in cui avviene questa vicenda il clima di avventura e di ribellione del ’68 si mescola con la paura, con la tensione, come se ci si aspettasse che da un momento all’altro potesse succedere il peggio. Come poi effettivamente è avvenuto”.

Claudio Santamaria, unico vero volto noto della pellicola tra tanti bravi attori esordienti, ha accettato di partecipare al progetto perché: “Roan Johnson mi ha mandato una e-mail con questa proposta, io in quel momento non ero molto nel mood da commedia, ma mi ha proposto di vederci vis-a-vis e io ho accettato. Abbiamo fatto questo mega incontro all’hollywoodiana con i nostri rispettivi agenti e siamo giunti ad un compromesso, mi ha detto “facciamo una giornata di prove, ci vediamo noi quattro e lavoriamo sul testo e su qualche scena, poi vediamo quel che esce fuori, se riusciamo a lavorare bene insieme e poi decidiamo”. Quella fu una giornata molto bella per me, creativa e divertente, ci siamo intesi dall’inizio e quindi ho deciso di fare il film”.

I primi della lista, nonostante l’ambientazione negli anni 70, appare molto contemporaneo perché parla di giovani delusi dalla società e ne emerge un’interessante confronto tra due generazioni diverse. Santamaria ha affermato che: “All’epoca c’era un nemico reale, adesso non si sa bene cosa c’è e chi c’è dietro quel che stiamo vivendo in Italia, assai rappresentativa di quella generazione è la canzone finale di De Andrè intitolata “Quello che non ho”, pur essendo postuma rappresenta bene lo stato d’animo dei giovani degli anni ’70”. Francesco Turbanti, che interpreta il giovane Lulli, ha continuato: “Essendo il più giovane dei tre mi sento tirato in causa da questo argomento. I tre protagonisti di questa storia fuggono ad un certo punto, ma almeno loro fanno qualcosa. La fuga spesso viene interpretata come una viltà, ma è un errore che non dobbiamo fare perché quella é comunque un’azione. Al giorno d’oggi non c’è risposta a cosa fare, manca l’azione”. Un film che, seppur con qualche differenza, fotografa appieno l’atmosfera e gli umori dell’Italia di oggi.

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