“Mi venderei per un buon dialogo”: Russell Crowe incontra il pubblico di Alice nella Città

Il premio Oscar Russell Crowe incontra il pubblico in occasione della masterclass a lui dedicata. Le foto presenti sono tratte dal profilo Instagram di Alice nella Città.

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“Gli organizzatori di questo evento hanno un’idea ben precisa di come dovrebbe svolgersi la cosa. Dovremmo starcene qui a guardare spezzoni dei miei film per poi commentarli. Niente di tutto ciò accadrà”. È un Russell Crowe euforico quello che si presenta all’annunciata masterclass a lui dedicata e organizzata da Alice nella Città, sezione parallela e autonoma della Festa del Cinema di Roma. L’attore, accolto da una calorosa ovazione, racconta di essere venuto nella capitale italiana non solo per presentare il suo nuovo film da regista, Poker Face, ma anche per incontrare e parlare con gli studenti di cinema, ed è letteralmente questo che intende fare nel corso dell’evento.

 

Microfono alla mano, Crowe scende dunque dal palco e dà vita ad un incontro che infrange ogni possibile scaletta e prevedibilità, passeggiando amabilmente tra i tanti spettatori presenti nell’Auditorium della Conciliazione, raccontando episodi significativi della propria vita con la sua solita voce calda, profonda e ben modulata e poi passando personalmente il microfono ai presenti quando qualcuno di questi (ma solo se effettivamente studenti di cinema, chiede lui) vuole porgli una domanda. “Voglio parlare di cinema, parlare di narrazione, dello stare davanti o dietro la macchina da presa. – chiarisce Crowe – Non voglio ricevere domande del tipo cosa ho mangiato a colazione”.

Russell Crowe, dai primi ruoli ai film da protagonista

“Ho cominciato a recitare che avevo solo sei anni. – inizia dunque a raccontare l’attore – Era il 1970. Mia mamma si occupava del catering sui set cinematografici. Un giorno vado a trovarla sul lavoro e stavano girando una scena per cui non c’erano bambini a sufficienza. Così mia madre mi fece recitare e da lì è iniziato un percorso di vita che porto avanti ancora oggi. Non ho mai frequentato una scuola di recitazione, tutto quello che so l’ho imparato sul lavoro, recitando per la televisione e il teatro ma mantenendomi lavorando come DJ, barman e cameriere”.

“Ero ossessionato dalla performance. – continua l’attore – Passavo dal palco del teatro alla console da deejay di un pub all’altro. Dunque, questo sono io. Questa è la realtà. Non sono venuto fuori da nessuna fottuta Hollywood o roba del genere. Quando avevo 25 anni, infine, è arrivato il mio primo ingaggio per un lungometraggio. Diventare un attore protagonista però non mi ha fermato dal seguire anche la passione per il teatro e la musica. Le persone tendono a dire che bisogna concentrarsi su una cosa sola… non ascoltate queste stronzate. Accettate ciò chi siete davvero. Chi sa di avere una passione, non deve lasciarla andare.”

Da Il gladiatore a Noah, i ruoli più iconici di Russell Crowe

Crowe inizia poi a rispondere alle domande del pubblico, le prime delle quali sono dedicate ai segreti del mestiere dell’attore. “Il lavoro dell’attore non è semplice. – racconta Crowe – Personalmente vivo delusioni su base quotidiana. Ogni volta che recito una scena, poi torno a casa, ci ripenso e se mi viene in mente un modo migliore in cui avrei potuto interpretare quella scena, ecco che sono deluso da me stesso. Accade ogni volta e posso solo conviverci. Ma l’importante è compiacere il regista, la sua visione, e se ti chiede una cosa tu devi dargli precisamente quella cosa.”

“Io sono stato fortunato nel saper dare a Ridley Scott ciò che egli voleva sul set di Il gladiatore. Allo stesso tempo non si può essere totalmente senza controllo. L’attore è il burattinaio di sé stesso, deve sapere come controllarsi per raggiungere un determinato obiettivo. Ad esempio, proprio sul set di Il gladiatore Scott mi chiese di tirar fuori una serie di emozioni particolarmente forti nel momento in cui Massimo Decimo Meridio vede il corpo di sua moglie morta. Per riuscirci ho dovuto far affidamento a tutto il mio autocontrollo, un’esperienza estremamente difficile e dolorosa. A ripresa ultimata ero stremato e Scott estremamente soddisfatto, solo che poi mi ha chiesto di ripetere il tutto ancora una volta”.

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Foto tratta dal profilo Instagram di Alice nella Città.

“Per quanto riguarda il ruolo più complesso che abbia mai dovuto affrontare, – continua poi l’attore – questo è sicuramente quello di John Nash in A Beautiful Mind. Dovevamo mostrare i numerosi tic che il personaggio sviluppa al peggiorare della sua malattia e così sono arrivato al punto in cui mentre recitavo dovevo ricordarmi di mostrare tutti e 16 i suoi tic. Da un punto di vista fisico, invece, certamente Noah è stato un film molto complesso. Abbiamo girato per 70 giorni e la metà di questi eravamo sotto la pioggia artificiale, con un freddo estremo e in più dovevi recitare le tue battute”.

“Prima parlavamo di delusioni, – conclude poi Crowe – Les Miserables è ad esempio un film di cui sono deluso. Chiariamoci, l’esperienza è stata straordinaria, recitare in quel cast magnifico e potersi mettere alla prova con il canto. Il film in sé mi piace molto, ciò che non mi piace è il modo in cui è stato trattato il mio personaggio. Al montaggio hanno tagliato molte cose ed è venuto fuori qualcosa che non riconoscevo più come mio. All’anteprima di New York ho lasciato la sala per questo motivo, ero troppo deluso”.

Russell Crowe: un attore devoto ai dialoghi

In conclusione dell’incontro, a Crowe viene chiesto cos’è che lo motiva nello scegliere un ruolo piuttosto che un altro e l’attore non ha dubbi: i dialoghi. “Io amo i dialoghi. Mi innamoro delle battute che devo recitare. Non importa se questo comporta doversi alzare alle quattro del mattino a patto che io poi possa avere la possibilità di dire le battute di cui mi sono innamorato. Ciò non vuol dire che il mio personaggio debba essere necessariamente il protagonista. Posso avere anche solo due battute in tutto il film, ma quelle battute devono essere oro. Naturalmente mi interessa anche che la storia sia buona, ma fondamentalmente sono uno che per un buon dialogo si venderebbe”.

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