L’ultimo film di Soldini, Cosa
voglio di più, è stato presentato ieri alla stampa italiana.
Presente il cast artistico (quasi) al completo, il regista e i
produttori.
Il film, presentato allo scorso Festival di Berlino, è secondo
Silvio Soldini un proseguimento del “discorso cominciato con Giorni
e Nuvole. Mi sembrava di rispondere alla gente che l’aveva visto,
una sorta di amore ai tempi della crisi. Un’amica mi ha raccontato
la sua storia ed io ho pensato di tirarci fuori un soggetto”. “E’
stato interessante – continua Favino – rappresentare senza retorica
un mondo che in genere è visto in maniera pietistica. Non è un film
sul tradimento ma sulla qualità dell’amore.”
-Per i protagonisti è stato
molto difficile girare le numerose scene di nudo?
Favino: “Da parte mia non c’è stato imbarazzo, in
parte per la grande maestria di Silvio, in parte per la fiducia che
si è instaurata tra di noi (indica Alba)”.
Rorhrwacher: “sono d’accordo, c’è stata molta
fiducia nella delicatezza di Silvio. Sul set i nostri corpi sono
stati rispettati e non siamo mai stati giudicati, in questo modo ci
siamo messi totalmente a disposizione del nostro ruolo”
-Per quanto riguarda gli
attori che restano vestiti?
Saponangelo: “La passione si può esprimere anche
con i vestiti addosso, e il ruolo della moglie tradita mi ha dato
la possibilità di toccare delle pieghe interne del mio modo di
lavorare, e questo è stato molto bello”.
Battiston: “Nella sceneggiatura c’è una
grandissima attenzione per i personaggi secondari, sono quelli che
supportano lo sfondo e non sono solo delle spalle. In realtà è
molto più difficile perché il personaggio secondario non ha
un’evoluzione”.
-Il finale del film è
l’unico possibile?
Leondeff: “Ho visto Breve Incontro, e il film mi
ha lasciato molto la suggestione del treno come luogo deputato,
oltre agli incontri fortuiti, agli appuntamenti settimanali. Il
finale non è l’unico possibile forse, ma sicuramente è un finale
aperto, lei lascia questo amore ma non per forza si dirige verso il
vecchio amore o verso uno nuovo”.
Carbone: “Il futuro del personaggio richiede uno
sforzo di immaginazione. Lei alla fine del film si riprende la
possibilità di immaginare un nuovo futuro”.
Soldini: “Credo che un finale così, aperto, lasci
qualcosa dopo l’uscita dalla sala. E a me piacciono questi film che
ti permettono di riflettere anche qualche giorno dopo averli visti.
Lei non ha voglia di tornare indietro, ma non sa nemmeno cosa
succederà”.
Rorhrwacher: “per me è un finale in divenire, non
credo che la protagonista ritorni indietro”.
Favino: “E’ vero che intimamente nel film si fa un
percorso, ma è anche vero che spesso la vita reale, come nel caso
del film per il mio personaggio, non offre un’alternativa”.
-E’ stato difficile
ritornare nei propri panni dopo l’interpretazione di questi
personaggi?
Rorhrwacher: “Prima di tutto il mio è un lavoro.
Esistono delle tecniche, e quindi anche se mi sono sentita molto
vicina al personaggio, sono sempre rimasta io, Alba. Se non fosse
così dopo dieci film io non esisterei più!”.
-Quanto è complicato, oggi,
produrre un film con queste ambizioni?
Cerri: “In realtà non è stato molto complicato, si
tratto di un autore affermato, e di due interpreti di richiamo, per
cui non è stato difficile trovare i soldi. In più c’è la fortuna
che il film è distribuito dalla Warner Bros, e questo è stato
possibile perché il film racconta una Milano lontana dagli
stereotipi cinematografici relegati a questa città, per cui la
storia può essere internazionalizzata”.
-Il titolo del film da dove
viene?
Leondeff: “In realtà era un titolo provvisorio, mi
è venuto in mente pensando alla canzone di Battisti Anna, che è il
nome della nostra protagonista, poi è piaciuto ai produttori e
l’abbiamo tenuto”.
Il film esce in Italia il 30 aprile distribuito dalla WB.